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Continuazione tra reati: no se è scelta di vita

La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto di un’istanza per il riconoscimento della continuazione tra reati per una serie di illeciti legati agli stupefacenti. La Corte ha stabilito che la ripetizione di condotte omogenee in un arco temporale ristretto non dimostra automaticamente un unico disegno criminoso, ma può invece essere indice di una scelta di vita dedita all’illegalità, escludendo così l’applicazione del beneficio.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: Quando la serialità diventa una scelta di vita

La continuazione tra reati è un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale, ma la sua applicazione non è automatica. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31808/2025, chiarisce un punto cruciale: la semplice ripetizione di reati omogenei in un breve arco temporale non basta a dimostrare un unico disegno criminoso, potendo invece rivelare una scelta di vita dedita all’illegalità. Analizziamo questa importante pronuncia.

I fatti del caso

Un soggetto, condannato per reiterate violazioni della legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990), presentava istanza al Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i vari reati. Secondo la difesa, le condotte, avvenute in un arco temporale di otto mesi, erano unite da un unico disegno criminoso, data la loro omogeneità e contiguità temporale. L’obiettivo era ottenere un trattamento sanzionatorio più mite, unificando le pene sotto un’unica cornice.

La decisione del Giudice dell’Esecuzione

Il Tribunale ha respinto l’istanza. Pur riconoscendo l’omogeneità delle condotte, il giudice ha osservato che la lettura delle sentenze di merito non evidenziava elementi specifici a sostegno di un’unitaria e anticipata ideazione criminosa. Al contrario, l’intervallo cronologico e la natura dei reati sono stati interpretati come l’espressione di una scelta di vita e di un programma abituale di attività delittuosa, piuttosto che di un singolo piano preordinato. In sostanza, non si trattava di più azioni per un unico fine, ma di una costante attività illegale.

L’analisi della Cassazione sulla continuazione tra reati

La Corte di Cassazione, investita del ricorso, ha confermato la decisione del Tribunale, respingendo le censure del ricorrente. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di continuazione tra reati.

L’unicità del disegno criminoso, richiesta dall’art. 81, comma 2, c.p., non può essere confusa con una generica tendenza a delinquere o con una “scelta di vita” che implica la reiterazione di determinate condotte. È necessaria una programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di reati, anche solo nelle loro linee generali, in vista di un unico fine. Elementi come l’omogeneità delle violazioni, la similarità delle modalità esecutive e la vicinanza spazio-temporale sono solo indici rivelatori, ma non costituiscono prova di per sé.

le motivazioni

La Corte ha ritenuto la motivazione del giudice dell’esecuzione non illogica. Quest’ultimo ha correttamente evidenziato l’assenza di elementi concreti che potessero far risalire i vari episodi criminosi a un’unica e anticipata deliberazione. Il Tribunale ha implicitamente richiamato il concetto di “estemporaneità” delle singole deliberazioni, contrapposto a quello di un piano unitario. La Suprema Corte ha inoltre specificato che il disagio economico, pur potendo essere un movente, non può essere considerato l’elemento unificatore di un disegno criminoso, poiché rischierebbe di trasformare una generica spinta a delinquere in un presupposto per il beneficio.

La reiterazione dello spaccio per trarne sostentamento è, infatti, espressione di un programma di vita improntato al crimine, che viene sanzionato da altri istituti come la recidiva, l’abitualità e la professionalità nel reato, i quali operano in direzione opposta al favor rei che caratterizza la continuazione. Infine, la Cassazione ha dichiarato inammissibile la richiesta subordinata di valutare la continuazione solo tra alcuni reati commessi a distanza di un mese, poiché tale specificazione non era stata avanzata nell’istanza originaria al giudice dell’esecuzione.

le conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione riafferma un principio cardine: per la continuazione tra reati è indispensabile provare una programmazione iniziale e unitaria. La mera serialità criminale, anche se omogenea e concentrata nel tempo, non è sufficiente e, anzi, può essere interpretata come l’espressione di una scelta di vita criminale, incompatibile con il beneficio richiesto. La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, che distingue nettamente tra chi delinque sulla base di un piano specifico e chi fa del crimine la propria abituale occupazione.

La semplice ripetizione di reati simili in un breve periodo di tempo è sufficiente per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati?
No, non è sufficiente. La Cassazione chiarisce che l’omogeneità delle condotte e la vicinanza temporale sono solo indizi, che da soli non bastano a provare l’esistenza di un’unica e anticipata deliberazione criminosa.

Cosa distingue un ‘unico disegno criminoso’ da una ‘scelta di vita’ criminale?
L’unico disegno criminoso richiede una programmazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un fine specifico, concepita prima del primo reato. Una scelta di vita, invece, è una generica e abituale tendenza a commettere reati, ad esempio per trarne sostentamento, ed è valutata negativamente dall’ordinamento attraverso istituti come la recidiva e l’abitualità.

È possibile chiedere in Cassazione di valutare la continuazione solo per un gruppo ristretto di reati se non lo si è chiesto in primo grado?
No. La Corte ha ritenuto inammissibile tale richiesta perché non era stata specificamente formulata nell’istanza originaria presentata al giudice dell’esecuzione, ma sollevata per la prima volta, e quindi irritualmente, con il ricorso per cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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