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Continuazione tra reati: no se commessi in clan diversi

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che negava l’applicazione della continuazione tra reati a un soggetto condannato per aver partecipato a due distinte associazioni criminali finalizzate al traffico di droga. Secondo la Corte, l’appartenenza a sodalizi diversi, con capi e organigrammi distinti, impedisce di riconoscere un medesimo disegno criminoso, a meno che non si fornisca una prova specifica di un’unica programmazione a monte. Una generica “abitudine al crimine” non è sufficiente a tal fine.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: Quando l’Appartenenza a Clan Diversi Esclude l’Unico Disegno Criminoso

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, volto a mitigare il trattamento penale per chi commette più violazioni della legge in esecuzione di un unico piano. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione da parte del giudice. Con la sentenza n. 20256 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui confini di questo istituto, chiarendo che l’appartenenza a due diverse associazioni criminali, anche se operanti nello stesso settore, di regola esclude la possibilità di unificare le pene sotto il vincolo della continuazione.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato trae origine dal ricorso di un condannato che chiedeva al giudice dell’esecuzione di applicare la disciplina della continuazione a tre diverse sentenze definitive. Le condanne riguardavano reati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (art. 74 d.p.r. 309/90) e plurimi episodi di spaccio (art. 73 d.p.r. 309/90).

In particolare, il ricorrente era stato condannato per:
1. Aver fatto parte di un’associazione criminale (clan Di Cosola) tra il 2011 e il 2012.
2. Aver partecipato a una seconda e distinta associazione (clan Palermiti) tra il 2006 e il 2012.
3. Aver commesso diversi reati di spaccio tra il 2012 e il 2016.

La Corte d’Appello di Bari aveva respinto la richiesta, sottolineando come le due associazioni fossero entità criminali diverse per correi, capi e struttura, e che gli episodi di spaccio successivi non apparivano collegati a una programmazione unitaria. Il condannato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l’attività criminosa fosse stata continuativa e deliberata a monte, frutto di un unico impulso delinquenziale.

La Decisione della Corte sulla continuazione tra reati associativi

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della pronuncia risiede nella distinzione tra una scelta di vita dedicata al crimine e l’esistenza di un “medesimo disegno criminoso”, requisito essenziale per la continuazione tra reati.

Secondo gli Ermellini, quando un soggetto aderisce a diversi e distinti sodalizi criminali, non è possibile presumere l’unicità del piano. Al contrario, è necessario condurre un’indagine specifica sulla natura dei vari gruppi, sulla loro operatività, sulla contiguità temporale e sui programmi perseguiti. La semplice omogeneità dei reati commessi (in questo caso, il traffico di droga) non è sufficiente a dimostrare che tutto derivi da un’unica deliberazione iniziale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha articolato il suo ragionamento su tre pilastri fondamentali.

L’insussistenza del “Medesimo Disegno Criminoso”

I giudici hanno ribadito che la totale diversità tra i due gruppi organizzati, facenti capo a clan differenti, impedisce di riconoscere un unico progetto. L’adesione a una nuova associazione, dopo aver fatto parte di un’altra, rappresenta di norma l’esito di un nuovo pactum sceleris, ovvero un nuovo patto criminale, e non la mera prosecuzione del piano originario.

La Differenza tra Abitudine al Crimine e Progetto Unitario

La difesa del ricorrente insisteva su una presunta “programmazione unitaria” desumibile dalla continuità dell’attività criminosa. La Cassazione ha smontato questa tesi, chiarendo che una condotta di vita ispirata alla sistematica consumazione di illeciti è un concetto diverso dall’unicità di ideazione criminosa. L’abitualità nel delinquere non prova, di per sé, che tutti i reati siano stati programmati in un unico momento deliberativo.

L’Irrilevanza della mera Contiguità Temporale

Il ricorrente aveva tentato di dimostrare una sovrapposizione temporale nella partecipazione alle due associazioni. La Corte ha ritenuto tale argomento infondato e smentito dagli atti processuali. Infatti, una delle condanne includeva reati-fine commessi nel 2010, in un periodo ben antecedente alla presunta sovrapposizione, dimostrando una persistenza nel tempo dell’attività illecita che non poteva essere ricondotta a un unico momento programmatico legato alla partecipazione a entrambi i gruppi.

Conclusioni

La sentenza in commento offre un importante principio di diritto in materia di continuazione tra reati, specialmente nel contesto della criminalità organizzata. Per ottenere l’unificazione delle pene, non basta dimostrare di aver commesso reati dello stesso tipo in un arco temporale contiguo. È indispensabile provare l’esistenza di un’unica deliberazione iniziale che abbracci tutti gli episodi criminosi. Quando si tratta di adesione a sodalizi criminali distinti e autonomi, tale prova diventa estremamente ardua, poiché ogni nuova affiliazione è generalmente considerata come una scelta autonoma e non come la prosecuzione di un piano preesistente. La decisione riafferma la necessità di un’analisi rigorosa e fattuale, respingendo automatismi basati sulla sola tipologia di reato o sulla carriera criminale del soggetto.

È possibile ottenere la continuazione tra reati se si è fatto parte di due diverse associazioni a delinquere?
Di norma no. Secondo la Corte, l’appartenenza a sodalizi criminali diversi e distinti esclude la continuazione, a meno che non si dimostri, attraverso una specifica indagine, che tale appartenenza rientrava in un’unica e originaria programmazione criminosa, cosa che richiede una prova rigorosa.

Cosa si intende per ‘medesimo disegno criminoso’?
È l’ideazione e programmazione unitaria di una serie di reati, decisa in un unico momento prima della commissione del primo reato. Non va confuso con una generica tendenza a delinquere o con uno stile di vita criminale, che rappresentano concetti diversi e non sufficienti per l’applicazione della continuazione.

Una sovrapposizione temporale nella commissione dei reati è sufficiente per riconoscere la continuazione?
No, la sola contiguità o sovrapposizione temporale non è di per sé sufficiente. È necessario accertare l’unicità del momento deliberativo. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che l’adesione a due clan diversi, anche se parzialmente nello stesso periodo, non dimostrasse un unico piano, ma piuttosto due distinti patti criminali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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