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Continuazione tra reati: no se c’è solo recidiva

Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta di applicazione della continuazione tra reati per due episodi di spaccio commessi a distanza di oltre un anno. La Corte ha stabilito che un lungo intervallo temporale, interrotto da un periodo di detenzione, e le diverse modalità esecutive dimostrano una mera inclinazione a delinquere e non un unico disegno criminoso, presupposto essenziale per il riconoscimento del beneficio.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: Quando la Ripetizione non Implica un Unico Piano

L’istituto della continuazione tra reati è un concetto fondamentale del nostro diritto penale, che consente di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini tra un piano criminoso unitario e una semplice inclinazione a delinquere, sottolineando come la distanza temporale e la detenzione possano essere elementi decisivi per escludere il beneficio.

I Fatti del Caso

Il ricorrente si era visto respingere dal Tribunale la richiesta di applicare l’istituto della continuazione tra due reati legati alla detenzione di sostanze stupefacenti. Il primo fatto risaliva al febbraio 2017, mentre il secondo era stato commesso nell’aprile 2018. Secondo la difesa, i due episodi erano legati da un’unica programmazione, evidenziata dall’omogeneità dei reati, dalla continuità dell’azione e dalle modalità esecutive simili (in entrambi i casi la droga era stata occultata negli indumenti intimi). La difesa sosteneva che l’intervallo di tempo tra i due reati fosse giustificato unicamente dallo stato di detenzione del soggetto, il quale, non appena passato agli arresti domiciliari, aveva ripreso l’attività illecita.

La Decisione sulla Continuazione tra Reati

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando la decisione del Tribunale. I giudici di legittimità hanno ritenuto che non sussistessero gli indici necessari a dimostrare un medesimo disegno criminoso. Al contrario, gli elementi a disposizione delineavano un quadro di mera inclinazione a reiterare condotte illecite, che è cosa ben diversa dalla programmazione unitaria richiesta per la continuazione tra reati.

Differenza tra Continuazione e Semplice Recidiva

Il punto centrale della decisione è la netta distinzione tra la continuazione, che presuppone un piano originario e unitario, e la semplice tendenza di un individuo a commettere reati dello stesso tipo. La Corte ha osservato che la notevole distanza temporale (oltre un anno) tra i due fatti, per di più interrotta da un periodo di carcerazione, rendeva “incredibile” l’ipotesi che l’imputato avesse programmato il secondo reato già al momento della commissione del primo. La detenzione, infatti, rappresenta un’interruzione non programmata che spezza la presunta unicità del disegno.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha ritenuto l’ordinanza impugnata completa, logica e priva di contraddizioni. Le motivazioni si fondano su diversi pilastri:

1. Distanza Temporale: La lontananza nel tempo tra i due episodi è stata considerata un elemento fattuale forte a sostegno dell’insussistenza di un’unica programmazione criminosa.
2. Interruzione Dovuta alla Detenzione: Lo stato detentivo non è stato visto come una semplice parentesi, ma come un evento interruttivo che rende implausibile un piano unitario concepito a priori.
3. Diverse Modalità Esecutive: Nonostante la difesa sostenesse il contrario, la Corte ha rilevato delle differenze sostanziali. Il primo reato riguardava diverse tipologie di stupefacenti, mentre il secondo solo la cocaina. Inoltre, i contesti spaziali delle condotte erano differenti.

Questi elementi, valutati nel loro complesso, hanno portato la Corte a concludere che non vi fosse una programmazione iniziale, ma piuttosto una decisione di tornare a delinquere maturata solo dopo la scarcerazione, configurando così una mera inclinazione a commettere reati.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale in materia di continuazione tra reati: la somiglianza delle condotte o la loro ripetizione nel tempo non sono, di per sé, sufficienti a integrare il beneficio. È onere dell’imputato fornire elementi specifici e concreti che dimostrino l’esistenza di un piano unitario, concepito prima della commissione del primo reato. In assenza di tale prova, e in presenza di elementi contrari come una significativa distanza temporale e un’interruzione forzata quale la detenzione, i giudici tenderanno a qualificare il comportamento come una semplice reiterazione di condotte illecite, escludendo l’applicazione di un trattamento sanzionatorio più favorevole.

Cosa si intende per continuazione tra reati?
È un istituto giuridico che permette di considerare più reati, commessi in esecuzione di un unico piano criminoso, come un’unica violazione ai fini della determinazione della pena, applicando una sanzione più mite rispetto alla somma delle pene per ogni singolo reato.

Una lunga distanza di tempo tra due reati esclude sempre la continuazione?
Non la esclude automaticamente, ma secondo questa ordinanza, una notevole distanza temporale, specialmente se interrotta da un periodo di detenzione in carcere, è un forte indizio che indebolisce la tesi di un disegno criminoso unitario, rendendola “incredibile”.

La somiglianza nel modo di commettere i reati è sufficiente per ottenere il riconoscimento della continuazione?
No, non è sufficiente. Come chiarito dalla Corte, anche se i reati sono omogenei e le modalità esecutive simili, questi elementi da soli non bastano a provare l’esistenza di un’unica programmazione iniziale. È necessario dimostrare che il secondo reato era già stato pianificato, almeno nelle sue linee essenziali, prima della commissione del primo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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