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Continuazione tra reati: no se c’è propensione al crimine

La Cassazione ha respinto il ricorso di un imprenditore che chiedeva la continuazione tra reati di truffa, bancarotta e riciclaggio. I giudici hanno escluso un unico disegno criminoso, ravvisando piuttosto una generica propensione al crimine, incompatibile con l’istituto della continuazione tra reati.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: la Cassazione nega il beneficio se manca un piano unitario

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un importante strumento di mitigazione della pena, ma la sua applicazione è subordinata a requisiti stringenti. Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: non basta che più crimini siano commessi dalla stessa persona in un medesimo contesto, come quello imprenditoriale, per configurare un unico disegno criminoso. È necessaria una programmazione unitaria e preordinata, la cui assenza sposta la valutazione verso una generica propensione al crimine, trattata diversamente dal nostro ordinamento.

I Fatti del Caso: Reati Diversi e un’Unica Attività Imprenditoriale

Il caso riguarda un imprenditore condannato con sentenze irrevocabili per una serie di reati contro il patrimonio, tra cui truffa, bancarotta documentale e riciclaggio. In sede di esecuzione, l’imprenditore ha chiesto il riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati, sostenendo che tutte le condotte illecite fossero collegate all’attività della sua impresa, dichiarata fallita. A suo avviso, i diversi crimini non erano altro che tappe di un’unica strategia volta a fronteggiare le difficoltà economiche dell’azienda.

La Corte di Appello di Firenze, tuttavia, aveva respinto l’istanza, evidenziando l’eterogeneità dei comportamenti criminosi. Secondo i giudici di merito, la diversità dei reati commessi e la mancanza di un filo conduttore specifico impedivano di ricondurre il tutto a un’unica ideazione criminosa, deliberata a monte.

La Decisione della Corte: la distinzione tra piano criminoso e tendenza a delinquere

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte territoriale, rigettando il ricorso dell’imprenditore. I giudici di legittimità hanno sottolineato che, per applicare la disciplina della continuazione tra reati, le violazioni devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso, deliberato per conseguire un determinato fine e progettato sin dall’origine nelle sue linee essenziali.

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la pluralità e la diversità dei reati (truffa, bancarotta, riciclaggio) non fossero indicative di un piano unitario, ma piuttosto di una ‘spiccata propensione alla commissione di reati’. In altre parole, non si trattava di un progetto criminale specifico, ma di una scelta di vita improntata all’illegalità per trarne sostentamento. Questa condizione, chiarisce la Corte, non rientra nell’ambito del ‘favor rei’ della continuazione, ma viene sanzionata da altri istituti come la recidiva, l’abitualità e la professionalità nel reato.

Le Motivazioni: quando la continuazione tra reati non si applica

Il cuore della motivazione risiede nella netta distinzione tra ‘unicità del disegno criminoso’ e ‘programma di vita criminale’. La Corte ha specificato che il primo richiede una deliberazione iniziale che abbracci una serie ben individuata di reati, mentre il secondo è una generica tendenza a delinquere che si manifesta in modo estemporaneo.

La Corte ha affermato che la semplice riconducibilità dei reati all’attività imprenditoriale del condannato è un dato insufficiente. L’eterogeneità delle condotte e l’assenza di una pianificazione preventiva e determinata sono elementi che ‘impongono di escludere, anche in via di mera ipotesi, la riconducibilità delle relative condotte ad una medesima ideazione criminosa’. La mera identità del bene giuridico protetto (il patrimonio) è un dato troppo astratto e parziale per fondare il riconoscimento della continuazione.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza offre un importante chiarimento sui limiti applicativi della continuazione tra reati. Le conclusioni che possiamo trarre sono le seguenti:
1. Non c’è automatismo: Il collegamento dei reati a un medesimo contesto (lavorativo, familiare, ecc.) non è di per sé sufficiente a dimostrare l’esistenza di un unico disegno criminoso.
2. È necessaria una prova rigorosa: L’onere di dimostrare la preordinazione unitaria delle condotte illecite spetta a chi invoca il beneficio. Tale prova non può basarsi su mere congetture o presunzioni.
3. Distinzione cruciale: I giudici devono attentamente distinguere tra un piano criminale specifico e una generica tendenza a commettere reati, poiché le conseguenze giuridiche sono opposte. Mentre la continuazione porta a una pena più mite, la propensione al crimine può portare a un suo inasprimento attraverso istituti come la recidiva.

Quando si può chiedere il beneficio della continuazione tra reati?
Si può chiedere quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando fanno parte di un unico programma deliberato in anticipo per conseguire un determinato fine.

Perché in questo caso è stata negata la continuazione nonostante i reati fossero legati alla stessa attività imprenditoriale?
È stata negata perché i reati commessi (truffa, bancarotta documentale, riciclaggio) sono stati ritenuti troppo diversi (eterogenei) tra loro e privi di una pianificazione unitaria e preventiva. La Corte ha ravvisato una generica propensione al crimine piuttosto che un singolo e preordinato piano.

Cosa distingue un ‘disegno criminoso’ da un ‘programma di vita improntato al crimine’?
Il ‘disegno criminoso’, necessario per la continuazione, è la progettazione originaria di una serie specifica di reati. Un ‘programma di vita improntato al crimine’ è invece una scelta esistenziale di trarre sostentamento da attività illecite, sanzionata da istituti diversi e più severi come la recidiva, l’abitualità o la professionalità nel reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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