Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26997 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26997 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/02/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro l’ordinanza con cui la Corte di appello di Roma, in data 27 febbraio 2024, ha respinto la sua richiesta di applicare l’istituto della continuazione tra i reati di cui all’art. 7:3 e 74 d.P.R. n. 309/1990, giudica con due diverse sentenze, commessi il reato associativo tra il dicembre 2016 e il gennaio 2018, e l’altro reato oltre due anni dopo, ritenendoli non omogenei, commessi con modalità diverse e a notevole distanza di tempo, elementi che contrastano con l’ipotesi di una ideazione unitaria originaria, e fanno ritenere che le varie condotte siano frutto di una scelta di vita delinquenziale;
rilevato che il ricorrente deduce la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione, per non avere il giudice dell’esecuzione tenuto conto della omogeneità dei delitti, della presenza della medesima complice, della identità delle modalità esecutive, della unicità spazio-temporale tra le varie condotte, e per avere indebitamente ritenuto il reato associativo commesso sino al gennaio 2018, epoca di termine delle indagini, dal momento che il capo di imputazione lo contesta come ancora in corso nel 2021, che le violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 sono, in realtà, reati satellite rispetto al delitto associativo, e che comunque, l’intervallo temporale è dovuto a periodi di carcerazione;
ritenuto che il ricorso sia manifestamente infondato, in quanto l’ordinanza impugnata ha applicato correttamente i principi stabiliti dalla sentenza Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074, valutando non provata e non plausibile la programmazione originaria, all’epoca di commissione del primo reato, anche del delitto ulteriore, in quanto commesso a distanza di ben due anni e in un contesto ambientale e soggettivo del tutto diverso, anche se all’interno del medesimo territorio;
ritenuto, in particolare, che la motivazione dell’ordinanza impugnata sia completa, logica, non apparente né contraddittoria, atteso che la forte distanza temporale è, con ragionamento logico, ritenuta dimostrativa della insussistenza di una unicità di disegno criminoso, essendo ravvisabile, piuttosto, una mera inclinazione a commettere un certo tipo di reati o una scelta di vita delinquenziale; la diversità dei titoli di reato, inoltre, è logicamente valorizzat non essendo stata accertata, nella seconda sentenza, l’adesione ad un’associazione criminosa dedita al traffico di droga bensì singoli episodi di cessione di sostanze stupefacenti, nei quali non risultano coinvolti né il vertice
del reato associativo contestato nella prima sentenza, né i medesimi coimputati, ad eccezione solo della moglie del ricorrente, episodi che non risultano, quindi, collegati con la precedente condotta associativa e sono stati ritenuti, in base ad un corretto iter argomentativo, frutto di una nuova determinazione ed organizzazione;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile anche nella parte in cui contesta l’epoca di consumazione del reato associativo, che il giudice dell’esecuzione ha indicato in quella accertata dal giudice di merito, e lamenta l’omessa verifica di una sua protrazione nel tempo, dal momento che il ricorrente chiede una non consentita modifica del giudicato mediante una diversa valutazione degli elementi di prova esaminati e valutati dal giudice della cognizione con pronuncia definitiva;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen., al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06 giugno 2024
Il Consigliere estensore
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