Continuazione tra reati: la Cassazione chiarisce i limiti
L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale, permette di unificare sotto un’unica pena più condanne, qualora si dimostri che i diversi reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Questa ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la significativa distanza temporale tra i fatti può essere un ostacolo insormontabile per il riconoscimento di tale vincolo.
I Fatti del Caso
Il ricorrente aveva chiesto al Giudice dell’Esecuzione di applicare la disciplina della continuazione a tre distinte sentenze definitive. La prima riguardava reati gravissimi, tra cui associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.), violazione della legge sulle armi e tentate estorsioni, commessi tra il 2011 e il 2012. La seconda sentenza era relativa a violazioni della legge sugli stupefacenti, commesse nel 2013. Infine, la terza condanna si riferiva a ulteriori reati di spaccio di droga, avvenuti quasi un decennio dopo, nel luglio 2022.
Il Giudice dell’Esecuzione aveva respinto l’istanza, evidenziando non solo la diversità dei reati, ma soprattutto l’enorme lasso di tempo intercorso tra i fatti del 2013 e quelli del 2022. Inoltre, aveva notato come i reati di droga non fossero aggravati dalla finalità di agevolare il clan mafioso, né risultavano commessi in concorso con altri sodali.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla continuazione tra reati
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del giudice di merito. Secondo gli Ermellini, i motivi presentati dal ricorrente erano manifestamente infondati e in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità.
Le Motivazioni
Il cuore della motivazione risiede nell’analisi del concetto di “medesimo disegno criminoso”. La Corte ha ribadito che il criterio temporale è uno degli indici principali per valutare l’esistenza di una programmazione unitaria dei delitti. Un intervallo di tempo così vasto tra la seconda e la terza serie di reati rende implausibile l’ipotesi che essi fossero parte di un unico piano concepito sin dall’inizio.
La difesa del ricorrente sosteneva che i reati di spaccio rientrassero comunque nell’ambito delle attività del sodalizio mafioso. Tuttavia, la Cassazione ha qualificato questa argomentazione come un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. Il compito della Corte, infatti, non è riesaminare il merito della vicenda, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione della decisione impugnata.
Le Conclusioni
L’ordinanza riafferma un principio di diritto cruciale: per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati, non è sufficiente affermare un generico collegamento tra i crimini. È necessario dimostrare, con elementi concreti, l’esistenza di un’unica volizione che ha pianificato e dato origine a tutte le condotte illecite. La distanza temporale, quando è particolarmente significativa, diventa un elemento oggettivo forte che depone in senso contrario. La decisione, pertanto, consolida l’orientamento secondo cui il fattore tempo è un indicatore essenziale e difficilmente superabile nella valutazione del disegno criminoso unitario.
Quando si può applicare la continuazione tra reati?
L’istituto si applica quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando sono stati programmati unitariamente fin dall’inizio per conseguire un unico scopo.
La distanza temporale tra i reati è un ostacolo alla continuazione?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il criterio temporale è un indice fondamentale. Una notevole distanza temporale tra la commissione dei reati è un forte elemento contrario al riconoscimento di un disegno criminoso unitario.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi erano manifestamente infondati, in contrasto con la giurisprudenza consolidata e perché miravano a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5328 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5328 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il 20/08/1986
avverso l’ordinanza del 20/06/2024 del GIP TRIBUNALE di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Vista l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stata rigettata l’istanza di applica della continuazione proposta ex art. 671 cod. proc. pen. nell’interesse di NOME COGNOME per la ritenuta carenza di elementi indicativi dell’invocata identità del disegno criminoso tra i reati g con le tre sentenze in istanza indicate;
considerato che in particolare il G.E. ha osservato innanzitutto la disomogeneità tra i f giudicati con le prime due sentenze (rispettivamente, la prima, di condanna per i reati di cui al 416 bis cod. pen, nonché per violazione legge armi, danneggiamenti, tentate estorsioni, commessi in Bari nel 2011-2012, e la seconda per violazioni alla legge stupefacenti commesse a Bari provincia da gennaio a settembre 2013); ha quindi sottolineato l’enorme distanza temporale intercorrente tra i fatti di cui alla sentenza sub 2, con la terza pronuncia, anch’essa attin violazioni della legge stupefacenti, commesse nel luglio 2022; ha infine sottolineato come i di cui alle sentenze sub 2 e 3 non risultassero aggravate dalla finalità di agevolazione del mafioso e che i reati non risultassero commessi da COGNOME in concorso con sodali di quel clan;
letto il ricorso, con cui si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione, censurando il provvedimento impugnato laddove non avrebbe correttamente valorizzato che nell’ambito del sodalizio di stampo mafioso di cui alla sentenza sub. 1, vi fossero anche, tra i reati f detenzione e lo smercio di sostanze stupefacenti e che i fatti commessi giudicati con la sentenz sub 2., ricadessero nel segmento temporale di operatività del sodalizio mafioso di cui alla senten sub 1. (da giugno 2012 al 13 aprile 2018);
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso sono manifestamente infondati, in quanto in contras con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità in punto di individuazione dei crit cui si può desumere l’esistenza di una volizione unitaria ( Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074), atteso che il criterio temporal è uno degli indici di valutazione della esistenza o meno di una volizione unitaria e che le ult censure mosse attengono tutte al merito e invocano, sostanzialmente, una nuova valutazione in fatto, non consentita in sede di legittimità;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2024