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Continuazione tra reati: no se c’è distanza temporale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva di unificare tre sentenze distinte sotto l’istituto della continuazione tra reati. La richiesta è stata respinta a causa della disomogeneità dei crimini (associazione mafiosa e spaccio) e, soprattutto, per l’enorme distanza temporale tra i fatti, elemento che esclude l’esistenza di un unico disegno criminoso.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: la Cassazione chiarisce i limiti

L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale, permette di unificare sotto un’unica pena più condanne, qualora si dimostri che i diversi reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Questa ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la significativa distanza temporale tra i fatti può essere un ostacolo insormontabile per il riconoscimento di tale vincolo.

I Fatti del Caso

Il ricorrente aveva chiesto al Giudice dell’Esecuzione di applicare la disciplina della continuazione a tre distinte sentenze definitive. La prima riguardava reati gravissimi, tra cui associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.), violazione della legge sulle armi e tentate estorsioni, commessi tra il 2011 e il 2012. La seconda sentenza era relativa a violazioni della legge sugli stupefacenti, commesse nel 2013. Infine, la terza condanna si riferiva a ulteriori reati di spaccio di droga, avvenuti quasi un decennio dopo, nel luglio 2022.

Il Giudice dell’Esecuzione aveva respinto l’istanza, evidenziando non solo la diversità dei reati, ma soprattutto l’enorme lasso di tempo intercorso tra i fatti del 2013 e quelli del 2022. Inoltre, aveva notato come i reati di droga non fossero aggravati dalla finalità di agevolare il clan mafioso, né risultavano commessi in concorso con altri sodali.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla continuazione tra reati

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del giudice di merito. Secondo gli Ermellini, i motivi presentati dal ricorrente erano manifestamente infondati e in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nell’analisi del concetto di “medesimo disegno criminoso”. La Corte ha ribadito che il criterio temporale è uno degli indici principali per valutare l’esistenza di una programmazione unitaria dei delitti. Un intervallo di tempo così vasto tra la seconda e la terza serie di reati rende implausibile l’ipotesi che essi fossero parte di un unico piano concepito sin dall’inizio.

La difesa del ricorrente sosteneva che i reati di spaccio rientrassero comunque nell’ambito delle attività del sodalizio mafioso. Tuttavia, la Cassazione ha qualificato questa argomentazione come un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. Il compito della Corte, infatti, non è riesaminare il merito della vicenda, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione della decisione impugnata.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma un principio di diritto cruciale: per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati, non è sufficiente affermare un generico collegamento tra i crimini. È necessario dimostrare, con elementi concreti, l’esistenza di un’unica volizione che ha pianificato e dato origine a tutte le condotte illecite. La distanza temporale, quando è particolarmente significativa, diventa un elemento oggettivo forte che depone in senso contrario. La decisione, pertanto, consolida l’orientamento secondo cui il fattore tempo è un indicatore essenziale e difficilmente superabile nella valutazione del disegno criminoso unitario.

Quando si può applicare la continuazione tra reati?
L’istituto si applica quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando sono stati programmati unitariamente fin dall’inizio per conseguire un unico scopo.

La distanza temporale tra i reati è un ostacolo alla continuazione?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il criterio temporale è un indice fondamentale. Una notevole distanza temporale tra la commissione dei reati è un forte elemento contrario al riconoscimento di un disegno criminoso unitario.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi erano manifestamente infondati, in contrasto con la giurisprudenza consolidata e perché miravano a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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