Continuazione tra Reati: La Distanza Temporale Eccessiva Esclude l’Unico Disegno Criminoso
L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, permettendo di unificare sotto un unico disegno criminoso diverse violazioni della legge penale. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione da parte del giudice. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito che un’eccessiva distanza temporale tra i delitti può essere un elemento decisivo per escludere tale beneficio, configurando piuttosto un’abitualità nel commettere reati.
I Fatti del Caso: La Richiesta di Continuazione per Reati di Droga
Il caso esaminato trae origine dal ricorso di un individuo condannato con tre distinte sentenze per reati legati agli stupefacenti, commessi in un arco temporale molto ampio: nel 2016-2017, nel 2018 e, infine, nel 2023. L’interessato, tramite il suo legale, si era rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo di riconoscere la continuazione tra reati, sostenendo che tutti gli episodi delittuosi fossero riconducibili a un medesimo disegno criminoso.
Il Tribunale, in prima istanza, aveva respinto la richiesta. La motivazione del rigetto si fondava principalmente sulla notevole distanza temporale tra i fatti e sulla loro natura, ritenuta espressione non di un piano unitario, ma di una scelta di vita e di un’abitualità criminale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la decisione del giudice dell’esecuzione. Secondo gli Ermellini, il ricorso era manifestamente infondato e generico, non riuscendo a fornire elementi concreti a sostegno della tesi dell’unico disegno criminoso, al di là della semplice somiglianza dei reati commessi.
Le Motivazioni: Perché la Continuazione tra Reati è Stata Negata?
L’ordinanza offre spunti di riflessione cruciali sui criteri per l’applicazione di questo istituto. Le motivazioni della Corte si articolano su tre punti principali.
Il Criterio della Distanza Temporale
La Corte ha sottolineato come la programmazione originaria di reati da commettere a 14 mesi e, successivamente, a oltre sei anni di distanza, non sia plausibile. Un lasso di tempo così ampio rende difficile, se non impossibile, sostenere che tutte le condotte fossero state pianificate sin dall’inizio. Questo fattore temporale, pur non essendo l’unico criterio, assume un peso determinante nell’analisi del giudice.
Abitualità Criminosa vs. Unico Disegno Criminoso
Il punto centrale della decisione è la distinzione tra un singolo progetto criminale e una propensione a delinquere. La ripetizione dello stesso tipo di reato (in questo caso, legato agli stupefacenti) a grande distanza di tempo non dimostra un piano unitario, ma piuttosto una “scelta di vita” o una “abitualità criminosa”. Questi concetti sono incompatibili con l’istituto della continuazione tra reati, che presuppone una deliberazione iniziale che abbracci tutti gli episodi futuri.
Genericità del Ricorso e Limiti del Giudice dell’Esecuzione
Infine, il ricorso è stato giudicato inammissibile anche per la sua genericità. Il ricorrente si era limitato a ipotizzare, in modo del tutto congetturale, che la continuità dell’azione criminale sarebbe emersa se le indagini non si fossero interrotte. La Cassazione ha ricordato che il giudice dell’esecuzione non può rivalutare fatti coperti da giudicato, come la durata di una condotta criminale già accertata in una sentenza definitiva. Per ottenere la continuazione, è necessario fornire elementi concreti che dimostrino l’esistenza del disegno criminoso fin dal primo reato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Chi intende chiedere il riconoscimento della continuazione tra reati in fase esecutiva deve essere in grado di superare lo scoglio della distanza temporale, fornendo prove concrete di una programmazione unitaria e iniziale. La sola omogeneità dei reati commessi non è sufficiente; anzi, se diluita in un lungo periodo, può diventare un’arma a doppio taglio, trasformandosi in un indicatore di abitualità criminale, che preclude l’accesso al beneficio.
Una grande distanza di tempo tra più reati può escludere la continuazione?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, un notevole lasso temporale tra i delitti (nel caso di specie, fino a oltre sei anni) rende implausibile l’esistenza di un’unica programmazione originaria e costituisce un elemento fondamentale per negare il riconoscimento della continuazione.
La semplice somiglianza tra i reati commessi è sufficiente per ottenere la continuazione?
No, la mera omogeneità dei reati non basta. La Corte ha chiarito che la ripetizione di crimini simili a grande distanza di tempo è piuttosto indice di un’abitualità criminosa o di una scelta di vita, condizioni che sono incompatibili con l’istituto della continuazione, il quale richiede un unico disegno criminoso.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione è considerato ‘generico’?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile. In questo caso, è stato ritenuto generico perché non indicava elementi concreti a dimostrazione del piano unitario, ma si basava su ipotesi congetturali e pretendeva una rivalutazione di fatti già coperti da una sentenza definitiva, un’operazione non consentita al giudice dell’esecuzione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36605 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36605 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/05/2025 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
rv’,
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro l’ordinanza emessa in data 20 maggio 2025 con cui il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto la sua richiesta di concessione dell’istituto della continuazione tra i reati giudicati con tre sentenze emesse dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, con le quali egli è stato condannato per due violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 commesse la prima nel 2018 e, unitamente ad altri reati, nel 2023, e per violazioni degli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309/1990 commesse nel 2016 e fino al gennaio 2017, ritenendo insussistente l’unicità di disegno criminoso, per la forte distanza temporale dei vari delitti, ed essendo la mera omogeneità dei titoli di reato espressione di un’abitualità criminosa e di una scelta di vita;
rilevato che il ricorrente deduce il vizio di motivazione per avere l’ordinanza motivato il rigetto dell’istanza solo sulla base della distanza dei reati nel tempo, criterio che, secondo la giurisprudenza di legittimità, è insufficiente per il diniego, e senza valutare che il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/1990 è stato ritenuto cessato al gennaio 2017 non per l’arresto del ricorrente ma per l’interruzione delle intercettazioni, per cui non può escludersi che, se le indagini fossero proseguite, sarebbe emersa la continuità quanto meno con il reato commesso nel 2018;
ritenuto che il ricorso sia manifestamente infondato, in quanto l’ordinanza impugnata ha applicato correttamente i principi stabiliti dalla sentenza Sez. U, 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074, valutando non provata e non plausibile la programmazione originaria, all’epoca di commissione del primo reato, di detenzione di sostanze stupefacenti al fine di farne commercio, della condotta di detenzione e cessione di analoghe sostanze tenuta nel primo caso a 14 mesi di distanza e nel secondo caso ad oltre sei anni di distanza, e ritenendo la nuova commissione di un reato analogo una mera espressione di una propensione a commettere quel tipo di delitto, ovvero di una scelta di vi espressioni entrambe non compatibili con l’istituto della continuazione;
ritenuto, inoltre, che il ricorso sia inammissibile perché generico, in quanto non indica alcun elemento, diverso dall’omogeneità dei titoli di reato, che dimostri la programmazione unitaria di tutti i reati sin dalla commissione del primo di essi, e pretende di superare il forte iato temporale con una ipotesi del tutto congetturale, di prosecuzione della condotta criminosa giudicata con la prima sentenza oltre il termine accertato dal giudice del merito, così chiedendo al
giudice dell’esecuzione una inammissibile rivalutazione di un fatto coperto dal giudicato in tutti i suoi elementi, compresa la sua durata nel tempo;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 ottobre 2025
Il Consigliere estensore
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Il esidente