LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Continuazione tra reati: no con grande distanza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per il riconoscimento della continuazione tra reati di spaccio. Il notevole lasso di tempo tra i delitti, anche di oltre sei anni, è stato ritenuto incompatibile con un unico disegno criminoso, configurando piuttosto un’abitualità a delinquere.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: La Distanza Temporale Eccessiva Esclude l’Unico Disegno Criminoso

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, permettendo di unificare sotto un unico disegno criminoso diverse violazioni della legge penale. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione da parte del giudice. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito che un’eccessiva distanza temporale tra i delitti può essere un elemento decisivo per escludere tale beneficio, configurando piuttosto un’abitualità nel commettere reati.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Continuazione per Reati di Droga

Il caso esaminato trae origine dal ricorso di un individuo condannato con tre distinte sentenze per reati legati agli stupefacenti, commessi in un arco temporale molto ampio: nel 2016-2017, nel 2018 e, infine, nel 2023. L’interessato, tramite il suo legale, si era rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo di riconoscere la continuazione tra reati, sostenendo che tutti gli episodi delittuosi fossero riconducibili a un medesimo disegno criminoso.

Il Tribunale, in prima istanza, aveva respinto la richiesta. La motivazione del rigetto si fondava principalmente sulla notevole distanza temporale tra i fatti e sulla loro natura, ritenuta espressione non di un piano unitario, ma di una scelta di vita e di un’abitualità criminale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la decisione del giudice dell’esecuzione. Secondo gli Ermellini, il ricorso era manifestamente infondato e generico, non riuscendo a fornire elementi concreti a sostegno della tesi dell’unico disegno criminoso, al di là della semplice somiglianza dei reati commessi.

Le Motivazioni: Perché la Continuazione tra Reati è Stata Negata?

L’ordinanza offre spunti di riflessione cruciali sui criteri per l’applicazione di questo istituto. Le motivazioni della Corte si articolano su tre punti principali.

Il Criterio della Distanza Temporale

La Corte ha sottolineato come la programmazione originaria di reati da commettere a 14 mesi e, successivamente, a oltre sei anni di distanza, non sia plausibile. Un lasso di tempo così ampio rende difficile, se non impossibile, sostenere che tutte le condotte fossero state pianificate sin dall’inizio. Questo fattore temporale, pur non essendo l’unico criterio, assume un peso determinante nell’analisi del giudice.

Abitualità Criminosa vs. Unico Disegno Criminoso

Il punto centrale della decisione è la distinzione tra un singolo progetto criminale e una propensione a delinquere. La ripetizione dello stesso tipo di reato (in questo caso, legato agli stupefacenti) a grande distanza di tempo non dimostra un piano unitario, ma piuttosto una “scelta di vita” o una “abitualità criminosa”. Questi concetti sono incompatibili con l’istituto della continuazione tra reati, che presuppone una deliberazione iniziale che abbracci tutti gli episodi futuri.

Genericità del Ricorso e Limiti del Giudice dell’Esecuzione

Infine, il ricorso è stato giudicato inammissibile anche per la sua genericità. Il ricorrente si era limitato a ipotizzare, in modo del tutto congetturale, che la continuità dell’azione criminale sarebbe emersa se le indagini non si fossero interrotte. La Cassazione ha ricordato che il giudice dell’esecuzione non può rivalutare fatti coperti da giudicato, come la durata di una condotta criminale già accertata in una sentenza definitiva. Per ottenere la continuazione, è necessario fornire elementi concreti che dimostrino l’esistenza del disegno criminoso fin dal primo reato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Chi intende chiedere il riconoscimento della continuazione tra reati in fase esecutiva deve essere in grado di superare lo scoglio della distanza temporale, fornendo prove concrete di una programmazione unitaria e iniziale. La sola omogeneità dei reati commessi non è sufficiente; anzi, se diluita in un lungo periodo, può diventare un’arma a doppio taglio, trasformandosi in un indicatore di abitualità criminale, che preclude l’accesso al beneficio.

Una grande distanza di tempo tra più reati può escludere la continuazione?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, un notevole lasso temporale tra i delitti (nel caso di specie, fino a oltre sei anni) rende implausibile l’esistenza di un’unica programmazione originaria e costituisce un elemento fondamentale per negare il riconoscimento della continuazione.

La semplice somiglianza tra i reati commessi è sufficiente per ottenere la continuazione?
No, la mera omogeneità dei reati non basta. La Corte ha chiarito che la ripetizione di crimini simili a grande distanza di tempo è piuttosto indice di un’abitualità criminosa o di una scelta di vita, condizioni che sono incompatibili con l’istituto della continuazione, il quale richiede un unico disegno criminoso.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione è considerato ‘generico’?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile. In questo caso, è stato ritenuto generico perché non indicava elementi concreti a dimostrazione del piano unitario, ma si basava su ipotesi congetturali e pretendeva una rivalutazione di fatti già coperti da una sentenza definitiva, un’operazione non consentita al giudice dell’esecuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati