Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18726 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18726 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME nato a COGNOME il 24/06/1978
avverso l’ordinanza del 23/12/2024 del GIP TRIBUNALE di Napoli udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha concluso per l ‘annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con l ‘ ordinanza indicata nel preambolo il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la
richiesta, avanzata da NOME COGNOME di applicazione della disciplina della continuazione tra i delitti oggetto di due sentenze emesse:
1) dalla Corte di assise di appello di Napoli in data 28/01/2020 (condanna per i reati di associazione mafiosa, commesso dal 10 Febbraio 2001 a fino al giugno 2016, e di omicidio e violazione disciplina delle armi, commessi il 2 giugno 2016);
2) dalla Corte di appello di Napoli in data 30 novembre 2020 (condanna per il delitto di associazione dedita al narcotraffico accertato fino al dicembre 2017).
A ragione della decisione osserva che le condotte associative sono state commesse in epoche distanziate nel tempo.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia avvocato NOME COGNOME articolando un unico motivo per violazione di legge e vizio di motivazione.
Sostiene il ricorrente che il percorso motivazionale seguito dall’ordinanza impugnata è illogico: sono state valorizzate formule di stile anziché procedere alla puntuale verifica del complessivo sistema criminale in cui sono state commesse le condotte giudicate dalle due sentenze.
Il RAGIONE_SOCIALE ha omesso di considerare alcuni dati emersi pacificamente in sede di cognizione:
i reati di cui all ‘ art. 575 cod. pen. e di associazione mafiosa di cui all’art. 416-bis cod. pen. sono stati unificati dalla sentenza sub 1) ai sensi dell’ art. 81, secondo comma, cod. pen. sul presupposto che il sodalizio mafioso svolgesse in prevalenza attività illecita di narcotraffico, nel cui ambito era maturata la decisione di uccidere la vittima del reato di omicidio;
il reato di associazione mafiosa di cui alla sentenza sub 1) è stato unificato con altro reato dello stesso tipo, giudicato separatamente, commesso fino al 2001;
la sentenza sub 2) non ha indicato il dies a quo dell’associazione di cui all’articolo 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
In tale contesto il momento ideativo di entrambe le condotte non può che essere unico e risalente nel tempo. Lo stesso provvedimento impugnato riconosce che il condannato ha potuto commettere il reati oggetto della sentenza sub 2) solo sfruttando la caratura criminale acquisita grazie alla sua partecipazione al clan mafioso di cui alla sentenza sub 1).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Osserva il Collegio che il ricorso è manifestamente infondato sicché deve essere dichiarato inammissibile.
Secondo l’ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel tempo 2 violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità (cfr. Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615).
La prova di questa particolare previsione – ritenuta meritevole di un trattamento sanzionatorio più mite per la minore capacità a delinquere · dimostrata da chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anziché di spinte criminose indipendenti e reiterate – impone «una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074). Detto accertamento, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti.
Quanto al tema, assai rilevante nel presente giudizio, dell’unificazione ex art. 81, comma secondo, cod. pen. di più reati associativi si è consolidato principio giurisprudenziale alla stregua del quale, qualora sia riconosciuta l’appartenenza di un soggetto a diversi sodalizi criminosi, è possibile ravvisare il vincolo della continuazione solo a seguito di una specifica indagine sulla natura di ogni societas sceleris, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, avuto riguardo ai profili della contiguità temporale, dei programmi operativi perseguiti e del tipo di compagine che concorre alla loro formazione; detta indagine è fondamentale, tra l’altro, per «accertare l’unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralità di organizzazioni ovvero ad una medesima organizzazione» (ex plurimis, Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 271569).
Il giudice dell’esecuzione si è uniformato agli esposti principi senza incappare nei vizi motivazionali denunziati dal ricorrente.
Pur dando per accertato, alla luce dell ‘ accertamento delle sentenze in esecuzione, che COGNOME aveva fatto contemporaneamente parte, sia pure per un periodo di tempo limitato, di entrambe le associazioni, il clan COGNOME e l ‘ associazione di cui all ‘ art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, e che lo stesso si era occupato anche del settore degli stupefacenti anche quando militava nel clan camorristico, tanto da poter sfruttare la caratura acquista quale sodale dell’associazione mafiosa per consentire all’associazione dedita al narcotraffico di esercitare l’attività illecita in regime di monopolio, ha giustificatamente considerato non unitarie le risoluzioni criminose sottese ai due reati associativi sul presupposto, nemmeno contestato dal ricorrente, che l ‘ adesione di COGNOME al clan COGNOME era avvenuta nel febbraio 2001 ed era proseguita ininterrottamente fino al giugno 2016 e che, invece, la decisione di entrare a far parte dell ‘ associazione dedita al narcotraffico era maturata ben quindici anni dopo, in concomitanza con gli ultimi anni di partecipazione al clan camorristico.
Siffatto lasso temporale è stato ritenuto, con apprezzamento non censurabile in questa sede perché non manifestamente illogico, talmente ampio da lasciare plausibilmente ritenere che la deliberazione criminosa sottesa al reato di cui alla sentenza sub 2) sia stata del tutto autonoma e correlata alle scelte di vita del ricorrente ispirate alla sistematica consumazione di illeciti.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, per i profili di colpa correlati alla irritualità dell’impugnazione, di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
Così deciso, in Roma 9 aprile 2025.