LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Continuazione tra reati: no con 8 anni di distanza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva l’applicazione della continuazione tra reati commessi a otto anni di distanza. Secondo la Corte, un così lungo lasso di tempo è incompatibile con un medesimo disegno criminoso, rivelando piuttosto una generica tendenza a delinquere che si manifesta occasionalmente.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: quando il tempo spezza il disegno criminoso

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta una figura chiave del nostro ordinamento penale, volta a mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più illeciti in esecuzione di un unico piano. Ma cosa succede quando tra un reato e l’altro intercorre un lungo, lunghissimo periodo di tempo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti decisivi, stabilendo che una distanza temporale di otto anni è un ostacolo insormontabile al riconoscimento di un medesimo disegno criminoso.

I fatti del caso

Un soggetto condannato con due diverse sentenze per reati di ricettazione e detenzione di armi, commessi rispettivamente nel 2011 e nel 2019, presentava un’istanza al Tribunale per ottenere l’applicazione dell’istituto della continuazione. A suo avviso, l’omogeneità dei reati e le modalità esecutive dimostravano una programmazione unitaria. Il Tribunale, tuttavia, rigettava la richiesta, ritenendo che la notevole distanza temporale tra i fatti, pari a circa otto anni, escludesse la sussistenza di un unico disegno criminoso, configurando piuttosto una mera tendenza a delinquere.

La decisione sulla continuazione tra reati della Corte

Il condannato proponeva quindi ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno confermato pienamente la logica del provvedimento impugnato, ribadendo un principio fondamentale: la continuazione presuppone una programmazione unitaria e originaria, almeno nelle sue linee essenziali. Non può essere confusa con la semplice inclinazione a commettere reati analoghi nel tempo.

Le motivazioni: distanza temporale e propensione alla devianza

Il cuore della motivazione della Corte risiede nella valorizzazione dell’elemento temporale. Un intervallo di otto anni tra la commissione dei primi reati e quelli successivi è stato ritenuto talmente ampio da rendere “incredibile” che il ricorrente avesse programmato fin dall’inizio anche le condotte future. Secondo i giudici, una tale lontananza nel tempo non è compatibile con l’unicità del disegno criminoso.

Questo elemento, lungi dall’essere una mera circostanza contingente, diventa una prova logica dell’insussistenza del piano unitario. Esso è, piuttosto, “sintomatico” di una propensione dell’individuo alla devianza, una tendenza che si concretizza di volta in volta, a seconda delle occasioni e delle opportunità che si presentano, e non in attuazione di un piano deliberato a monte.

Conclusioni: le implicazioni pratiche

Questa pronuncia consolida l’orientamento secondo cui la valutazione sulla continuazione tra reati non può prescindere da un’analisi rigorosa del fattore tempo. Sebbene non esista una soglia temporale predefinita per legge, un lasso di tempo considerevole costituisce un indice forte, e spesso decisivo, per escludere l’unicità del disegno criminoso. La decisione sottolinea la necessità di distinguere tra chi agisce secondo un preciso e preordinato programma criminale e chi, invece, manifesta una più generica e occasionale tendenza a delinquere. Per i legali e gli imputati, ciò significa che l’onere di dimostrare l’esistenza di un piano unitario diventa tanto più gravoso quanto più tempo è trascorso tra i reati.

A distanza di molti anni tra due reati si può ottenere la continuazione?
No, secondo la Corte un notevole lasso di tempo, come otto anni nel caso di specie, rende incredibile l’esistenza di un programma criminoso unitario e originario, ed è un elemento che dimostra l’insussistenza della continuazione.

Cosa distingue la continuazione tra reati da una semplice tendenza a delinquere?
La continuazione richiede un’unica programmazione originaria dei vari reati, deliberata prima dell’inizio dell’esecuzione del primo. La tendenza a delinquere, invece, è una mera inclinazione a reiterare condotte di reato analoghe nel tempo, che si concretizza in base a occasioni e opportunità esistenziali, senza un piano preordinato.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché l’ordinanza del tribunale era completa, logica e non contraddittoria nel ritenere che la grande distanza temporale tra i reati fosse un elemento sufficiente a dimostrare l’assenza di un unico disegno criminoso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati