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Continuazione tra reati: no a nuove istanze parziali

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati. La Corte ha stabilito che, una volta rigettata un’istanza di continuazione in fase esecutiva, non è possibile riproporla, neanche se limitata solo ad alcuni dei reati precedentemente esaminati, confermando così la preclusione processuale.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: L’Impossibilità di Ripresentare l’Istanza dopo un Rigetto

L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento fondamentale per garantire un trattamento sanzionatorio equo quando più reati sono legati da un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione in fase esecutiva è soggetta a rigide regole procedurali. Con l’ordinanza n. 26989 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale: una volta che l’istanza di continuazione è stata rigettata, non può essere riproposta, neppure in forma parziale. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Due Sentenze e una Richiesta Respinta

Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto condannato con due distinte sentenze per una serie di reati, tra cui tentata rapina e tentato omicidio. In entrambe le sentenze figurava anche la violazione dell’art. 4 della legge 110/1975 (porto d’armi od oggetti atti ad offendere).

In fase esecutiva, il condannato aveva già presentato un’istanza al Giudice dell’Esecuzione (G.E.) per ottenere il riconoscimento della continuazione tra tutti i reati giudicati nelle due sentenze. Tale istanza era stata respinta con un’ordinanza del 03/03/2023.

Nonostante il rigetto, il ricorrente ha presentato una nuova istanza, questa volta chiedendo il riconoscimento della continuazione limitatamente ai soli reati di cui all’art. 4 della legge 110/1975. Anche questa seconda richiesta è stata respinta dal Tribunale di Caltanissetta, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione e la Regola sulla Continuazione tra Reati

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del giudice di merito. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi: la genericità dei motivi del ricorso e, soprattutto, l’applicazione del principio di preclusione processuale.

La Genericità dei Motivi

In primo luogo, la Corte ha osservato che il ricorso era inammissibile perché i motivi presentati erano non specifici, generici e riproduttivi di censure già esaminate e respinte in precedenza. Il ricorrente, infatti, non ha mosso una critica puntuale e argomentata contro la decisione impugnata, ma si è limitato a riproporre le medesime questioni senza confrontarsi con le ragioni del rigetto.

Il Principio della Preclusione

Il punto centrale della decisione riguarda l’applicazione del principio di preclusione. La Cassazione ha richiamato il suo consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il rigetto di una richiesta di applicazione della continuazione da parte del giudice dell’esecuzione impedisce la sua riproposizione. Questo principio vale anche se la nuova istanza riguarda solo alcuni dei delitti per i quali il riconoscimento del vincolo era stato precedentemente escluso.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha spiegato che la circostanza, non contestata e anzi ammessa dallo stesso ricorrente, che una prima istanza di continuazione in executivis fosse già stata presentata e respinta per tutti i reati oggetto delle due sentenze, creava una barriera processuale insormontabile. Questa preclusione impediva la proposizione di un’istanza analoga, anche se limitata a un singolo titolo di reato (in questo caso, l’art. 4 della legge 110/1975) comune a entrambe le pronunce.

In sostanza, una volta che il giudice dell’esecuzione ha valutato e negato l’esistenza di un medesimo disegno criminoso tra un insieme di reati, la questione non può essere riaperta. Permettere il contrario significherebbe consentire una frammentazione del giudizio esecutivo e una potenziale elusione di decisioni già passate in giudicato. Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso ha comportato anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame consolida un importante principio di stabilità delle decisioni in fase esecutiva. Le implicazioni pratiche sono chiare:

1. Onere di Completezza: Chi intende chiedere il riconoscimento della continuazione deve formulare l’istanza in modo completo e onnicomprensivo fin da subito, poiché un rigetto preclude ulteriori tentativi.
2. Divieto di Frazionamento: Non è possibile ‘riprovare’ a ottenere la continuazione presentando istanze parziali o limitate a singoli reati dopo un primo diniego.
3. Specificità dei Ricorsi: I ricorsi in Cassazione devono contenere critiche specifiche e pertinenti alla decisione impugnata, evitando la mera riproposizione di argomenti già respinti.

È possibile presentare una nuova richiesta di applicazione della continuazione tra reati se una precedente istanza, riguardante gli stessi fatti, è già stata respinta?
No, l’ordinanza stabilisce che il rigetto di una richiesta di applicazione della continuazione da parte del giudice dell’esecuzione ne preclude la riproposizione.

La preclusione a ripresentare l’istanza di continuazione vale anche se la nuova richiesta è limitata solo ad alcuni dei reati oggetto della precedente?
Sì, la Corte di Cassazione chiarisce che la preclusione opera anche se la nuova istanza è limitata a un solo titolo di reato tra quelli già esaminati e per i quali il vincolo della continuazione era stato escluso.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando il suo ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, ritenuta equa, a favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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