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Continuazione tra reati: no a disegno criminoso unico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati diversi (tentato omicidio, lesioni e tentato furto). La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, escludendo l’esistenza di un medesimo disegno criminoso a causa della distanza temporale e geografica dei fatti, della diversità dei beni giuridici lesi e, soprattutto, delle differenti motivazioni che hanno originato i singoli delitti, uno scaturito da ritorsione e l’altro da una reazione occasionale.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: Quando un Unico Disegno Criminoso Non Sussiste

L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta un concetto fondamentale nel diritto penale esecutivo. Esso consente di unificare, ai fini della pena, più reati commessi dalla stessa persona, a condizione che siano stati eseguiti in attuazione di un “medesimo disegno criminoso”. Ma quali sono i criteri per stabilire l’esistenza di questo disegno unitario? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 24668/2024) offre chiarimenti preziosi, negando il beneficio in un caso caratterizzato da reati eterogenei e motivazioni distinte.

I Fatti del Caso

Un soggetto condannato con tre sentenze definitive per reati distinti, tra cui un tentato omicidio, lesioni e un tentato furto in abitazione, commessi in un arco temporale di diversi anni e in luoghi differenti (Genova e provincia di Bergamo), aveva richiesto alla Corte d’Appello di Brescia, in qualità di giudice dell’esecuzione, di riconoscere il vincolo della continuazione. L’obiettivo era ottenere una rideterminazione della pena complessiva in senso più favorevole.

La Corte d’Appello aveva respinto l’istanza, sottolineando come la distanza geografica, la diversità dei soggetti concorrenti, la natura differente dei beni giuridici lesi (vita e incolumità da un lato, patrimonio dall’altro) e l’origine diversa dei reati contro la persona non permettessero di individuare una trama ideativa comune. Contro questa decisione, l’interessato proponeva ricorso in Cassazione, lamentando una carenza di motivazione.

La Decisione della Corte e la nozione di continuazione tra reati

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, la motivazione della Corte d’Appello, seppur sintetica, non era né carente né lacunosa. Al contrario, essa esponeva in modo chiaro e logico le ragioni del rigetto, identificando gli elementi ostativi al riconoscimento della continuazione tra reati.

Il punto centrale della pronuncia risiede nella valutazione del cosiddetto “medesimo disegno criminoso”. Questo non può essere presunto dalla semplice successione di reati commessi da una stessa persona, ma deve essere provato sulla base di indicatori concreti che dimostrino un’unica programmazione iniziale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha avallato pienamente l’analisi del giudice dell’esecuzione, che aveva correttamente escluso un progetto unitario. Gli elementi decisivi sono stati:

1. Eterogeneità dei Reati: I crimini erano di natura molto diversa: uno contro il patrimonio (tentato furto) e due contro la persona (lesioni e tentato omicidio).
2. Distanza Spazio-Temporale: I fatti si erano verificati in anni e luoghi diversi, rendendo meno probabile una programmazione unitaria.
3. Divergenza delle Motivazioni: Questo è l’elemento chiave. La Cassazione ha sottolineato come i due reati contro la persona, sebbene commessi nella stessa città, avessero genesi completamente diverse. Uno era il frutto di un’azione ritorsiva premeditata in risposta a una precedente aggressione, mentre l’altro era nato come reazione estemporanea e occasionale a quello che era stato percepito come uno “sgarbo”.

Questa distinzione ha dimostrato l’assenza di una “medesima trama ideativa” che potesse legare tutti gli episodi delittuosi. La mancanza di un filo conduttore psicologico e programmatico ha reso impossibile applicare l’istituto della continuazione.

Conclusioni: Criteri per il Riconoscimento del Disegno Criminoso Unico

L’ordinanza in esame ribadisce un principio consolidato: per il riconoscimento della continuazione tra reati non è sufficiente che l’autore sia lo stesso. È necessario dimostrare che tutti i reati siano stati concepiti come parte di un unico piano deliberato a priori. La diversità dei contesti, dei beni giuridici offesi e, soprattutto, delle motivazioni occasionali e contingenti, sono fattori che pesano in senso contrario. Una motivazione giudiziale, anche se breve, è pienamente valida quando riesce a esplicitare con coerenza logica le ragioni per cui tali elementi impediscono di configurare un disegno criminoso unitario.

Quando si può applicare la continuazione tra reati?
Si applica quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando sono stati programmati unitariamente prima dell’esecuzione del primo reato.

Quali elementi possono escludere l’esistenza di un unico disegno criminoso?
Secondo la sentenza, elementi come la notevole distanza di tempo e di luogo tra i fatti, la diversità dei beni giuridici lesi (es. patrimonio e persona) e, in particolare, la differente e occasionale motivazione alla base dei singoli reati possono escludere la presenza di un’unica trama ideativa.

Una motivazione giudiziale breve è sempre considerata insufficiente?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che una motivazione, anche se sintetica (“stringata”), non è carente o lacunosa se espone in modo chiaro, logico e coerente il percorso giuridico che ha portato alla decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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