Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17643 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17643 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 249/2025
NOME COGNOME
CC – 20/02/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 37562/2024
NOME COGNOME
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a LOCULI il 15/10/1963
avverso l’ordinanza del 05/08/2024 del TRIBUNALE DI NUORO Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso .
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 5 agosto 2024, il Tribunale di Nuoro, in funzione di giudice dell’esecuzione, giudicando in sede di rinvio, ha dichiarato inammissibile l’istanza formulata da NOME COGNOME di riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati con la sentenza del Tribunale di Nuoro, in data 9 aprile 1999, irrevocabile in data 10 maggio 2001, avente ad oggetto il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione ai danni di NOME COGNOME nonché altri reati satellite, e con la sentenza emessa dalla Corte d’a ssise di Cagliari in data 3 ottobre 1997, irrevocabile il 12 aprile 1999, avente ad oggetto il sequestro di persona a
scopo di estorsione, commesso in danno di NOME COGNOME e altri reati satellite.
1.1. La precedente ordinanza in data 26 luglio 2023 con cui il Tribunale di Nuoro, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva rigettato detta istanza era stata annullata con rinvio dalla Corte di cassazione (con sentenza 8 marzo 2024, n. 8580) in ragione della mancata considerazione di alcuni elementi fattuali, specificamente dedotti con l’istanza, quali «il ristretto arco temporale, l’identità del bene giuridico leso, le analoghe modalità operative».
1.2. In sede di rinvio, il Tribunale di Nuoro ha dichiarato la richiesta inammissibile in quanto meramente reiterativa di identica istanza già avanzata da COGNOME alla Corte d’appello di Cagliari , che l’aveva rigettata con ordinanza del 17 marzo 2003, confermata dalla Corte di cassazione. Il Tribunale ha ritenuto in ogni caso la richiesta infondata, non essendo ravvisabili elementi da cui desumere l’unitaria ideazione dei sequestri di persona oggetto delle due sentenze indicate nella richiesta.
Avverso tale ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di censura.
2.1. Con il primo motivo si deduce vizio di violazione di legge in relazione all’art. 627, comma 4, cod. proc. pen. L’ordinanza impugnata avrebbe dichiarato l’inammissibilità dell’istanza in violazione del divieto posto dalla richiamata disposizione, la quale esclude che in sede di rinvio possano rilevarsi nullità, anche assolute e inammissibilità verificatesi nei precedenti giudizi. Poiché la precedente ordinanza annullata dalla Corte di cassazione non aveva rilevato tale inammissibilità, ciò sarebbe precluso nel giudizio di rinvio.
2.2. Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione e violazione di legge. L’ordinanza impugnata, con motivazione apparente e manifestamente illogica, avrebbe riproposto i medesimi elementi fattuali posti a base dell’ordinanza annullata, reiterando, con il metodo del un ‘taglia e incolla’, le argomentazioni svolte dalla Corte d’appello con l’ordinanza in data 27 marzo 2003, senza tener conto degli elementi evidenziati dalla difesa, né delle ragioni poste dalla Corte di cassazio ne a fondamento dell’annullamento. In particolare, nell’affermare il ruolo non fondamentale del COGNOME nei due sequestri di persona, contraddirebbe le valutazioni espresse dai giudici della cognizione che in entrambi i casi avevano evidenziato il carattere essenziale della sua partecipazione alla commissione dei delitti. Avrebbe inoltre illogicamente escluso che entrambi i reati erano stati commessi da un’unica banda, come sostenuto dalla difesa, non emergendo dalle sentenze di condanna elementi che confermassero tale conclusione; neppure avrebbe considerato il luogo ove si erano svolti gli incontri per la definizione delle
trattative per il pagamento del riscatto. In definitiva, l’ordinanza impugnata avrebbe disatteso il mandato della sentenza rescindente, omettendo di tener conto delle circostanze concrete evincibili dalle sentenze emesse dai giudici della cognizione al fine di valutare la sussistenza del medesimo disegno criminoso.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso. Il primo motivo sarebbe infondato, in quanto non si applicherebbe l’art. 627, comma 4, cod. proc. pen., atteso che l’informazione relativa al precedente giudicato non era disponibile al momento della decisione rescindente, sicché il suo rilievo non poteva intendersi implicitamente o esplicitamente disatteso dalla stessa; inoltre, la preclusione rilevata non atterrebbe al precedente giudizio o alle indagini relative al procedimento de quo , ma a diverso procedimento esecutivo avente il medesimo oggetto. Nel merito, le valutazioni espresse dall’ordinanza impugnata si sottrarrebbero alle censure prospettate dal ricorrente.
Considerato in diritto
Preliminarmente, deve rilevarsi come il ricorso nella sua globalità risulti essere una confusa e alluvionale esposizione di profili di fatto e di diritto, redatto con una tecnica espositiva caratterizzata dall’utilizzo di formati grafici diversi e dalla sovrapposizione di documenti e testi (sentenze di cognizione, ordinanza della Corte d’appello, ordinanza del Tribunale di Nuoro annullata dalla Corte di cassazione, ordinanza impugnata), che, riprodotti in modo caotico, rendono il discorso argomentativo tortuoso e di non agevole lettura, così ponendosi in contrasto con l’esigenza di garan tire un ordinato inquadramento delle ragioni di doglianza nella griglia dei vizi di legittimità deducibili ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., nonché con le regole redazionali individuate dal ‘Protocollo d’intesa tra Corte di Cassazione e Consiglio Nazionale Forense sulle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia penale’, sottoscritto il 17 dicembre 2015, da intendersi quale strumento esplicativo del dato normativo dettato dall’art. 606, cod. proc. pen. al fine della valutazione dell’ammissibilità dei motivi di ricorso (Sez. 6, n. 57224 del 09/11/2017 Rv. 271725; Sez. 2, n. 57737 del 20/09/2018, Rv. 274471 -01; Sez. 2, n. 3126 del 29/11/2023, dep. 2024, Rv. 285800 – 01).
Nondimeno, estrapolando dalla narrativa i profili essenziali di censura, essi risultano infondati.
3. Il primo motivo, con cui si lamenta la violazione dell’art. 627, comma 4, cod. proc. pen., è infondato.
La decisione impugnata si pone in linea con il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legitt imità secondo cui «non implica violazione dell’art. 627 cod. proc. pen. da parte del giudice del rinvio il rilevare d’ufficio una preclusione non presa in esame dalla sentenza rescindente ove tale preclusione non integri una quaestio iuris implicitamente presupposta dalla statuizione contenuta nella sentenza medesima» (Sez. 2, n. 19666 del 27/03/2014, COGNOME, Rv. 259816; Sez. 1, n. 18944 del 22/02/2001, COGNOME, Rv. 218922). Nel caso in esame deve escludersi che tra la questione decisa con il provvedimento annullato dalla Prima Sezione di questa Corte (omessa valutazione degli elementi indicativi della sussistenza del vincolo della continuazione), e quella oggetto del motivo di censura concernente il provvedimento oggi impugnato (inammissibilità dell’ista nza, per essersi sulla stessa già formato il giudicato), sussista un rapporto di ‘implicita presupposizione’ tale da precludere, al giudice del rinvio, la valutazione del predetto requisito di ammissibilità (Sez. 6, n. 11641 del 20/02/2018, COGNOME, Rv. 272641, secondo la quale devono ritenersi precluse, al giudice del rinvio, solo le questioni che, anche se non esaminate nel giudizio rescindente, costituiscono i presupposti della pronuncia sui quali si è formato il giudicato).
Come correttamente rilevato dal Procuratore generale nella propria requisitoria, non solo al momento della decisione rescindente l’esistenza di un precedente giudicato sulla richiesta di riconoscimento della continuazione non era nota, ma la preclusione rilevata attiene ad un diverso procedimento esecutivo avente il medesimo oggetto, instaurato avanti alla Corte d’appello di Cagliari, sezione staccata di Sassari, e deciso con ordinanza del 27 marzo 2003.
Ne consegue che nella specie non ricorre la denunciata violazione.
4. Il secondo motivo è infondato.
Il giudice del rinvio, attenendosi scrupolosamente al mandato della sentenza rescindente, ha valutato ognuna delle circostanze prospettate da COGNOME ai fini della verifica della sussistenza del medesimo disegno criminoso tra i reati oggetto delle due pronunce indicate nell’istanza e, specificamente, la prossimità cronologica e spaziale dei due sequestri di persona, nonché la specificità del modus operandi in entrambi gli episodi criminosi. Tuttavia, sulla scorta degli elementi emersi in sede di cognizione e analiticamente individuati, ne ha escluso la rilevanza. È ben vero che il Tribunale ha riprodotto, con la tecnica ‘taglia e incolla’, stralci dell’ordinanza della Corte d’appello di Cagliari del 2003 , che aveva già esaminato e rigettato analoga istanza, e tuttavia non solo tale ordinanza aveva passato indenne il vaglio di questa Corte (che, con sentenza in data 5 febbraio
2004, n. 12972, aveva rigettato il ricorso proposto avverso la stessa), ma in ogni caso tale richiamo non si è risolto nella mera acritica adesione al precedente provvedimento, che può integrare il vizio di motivazione ove si risolva in una carente giustificazione delle ragioni della decisione (Sez. 2, n. 40149 del 12/07/2022, COGNOME, Rv. 283976 -01; Sez. 2, n. 13604 del 28/10/2020, dep. 2021, Torcasio, Rv. 281127 -01). Nel caso in esame, il Tribunale ha utilizzato le considerazioni svolte dalla precedente ordinanza attualizzandole e facendole proprie, spiegando, con un autonomo ragionamento, i motivi per cui le ha condivise, inserendole in un complessivo percorso argomentativo logico e coerente.
Invero, quanto al ruolo svolto dal ricorrente nei due sequestri, il Tribunale ha dato atto che esso era stato «fondamentale per la riuscita del piano», come accertato dalle sentenze di merito, e tuttavia ha precisato che tale ruolo «non va confuso con una posizione di ideatore e organizzatore dei due sequestri», tanto più che tale posizione non venne mai contestata nella prospettazione accusatoria e, quanto al sequestro COGNOME, essa è risultata esclusa dal fatto che fu accertato che altri ne erano stati gli ideatori (COGNOME, COGNOME e COGNOME).
Del pari congrua e logica è la motivazione con cu i l’ordinanza impugnata ha illustrato le ragioni del rigetto della prospettazione difensiva secondo cui entrambi i delitti furono attuati da un’unica banda criminale, ritenendo tale affermazione «del tutto indimostrata ed anzi smentita» in sede di cognizione. Ciò in quanto non vi erano elementi per ritenere che gli ideatori e organizzatori del sequestro COGNOME fossero gli stessi del sequestro COGNOME per il quale il COGNOME era stato l’unico ad essere condannato, mentre i correi erano rimasti ignoti. Il Tribunale ha altresì spiegato che, nell’ambito di tale sequestro, il ricorrente intrattenne rapporti con un soggetto originario di Mamoiada e non di Orgosolo, rimasto ignoto, mentre il furto di un veicolo da parte del COGNOME, utilizzato per prelevare il COGNOME, non consentirebbe di desumere il coinvolgimento in tale sequestro dei medesimi soggetti che avevano organizzato il sequestro COGNOME.
A fronte di tale apparato motivazionale, le censure prospettate dal ricorrente, oltre a non trovare riscontro nelle sentenze emesse all’esito dei giudizi di cognizione, tendono ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento.
6. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20/02/2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME