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Continuazione tra reati: l’errore di fatto del giudice

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava la continuazione tra reati. Il giudice dell’esecuzione aveva erroneamente datato un reato al 2009 anziché al 2016, escludendolo così dal disegno criminoso unico. La Corte, rilevando il palese errore di fatto, ha rinviato il caso per una nuova e corretta valutazione.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: quando un errore sulla data cambia il destino di una pena

Nel complesso mondo del diritto penale, l’istituto della continuazione tra reati rappresenta un importante strumento di equità, volto a mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un unico progetto criminoso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 13113/2024) ha messo in luce come un banale errore di fatto, nello specifico sulla data di commissione di un reato, possa inficiare la decisione del giudice e portare al suo annullamento. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I fatti del caso

Un condannato presentava istanza al Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.) del Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati per una serie di condanne. Il G.i.p. accoglieva parzialmente la richiesta, unificando le pene per i reati legati a un’associazione per delinquere sorta a fine 2012 e per i reati-fine commessi successivamente.

Tuttavia, il giudice escludeva dal medesimo disegno criminoso un reato specifico, giudicato con una sentenza del Tribunale di Monza. La ragione dell’esclusione si basava sulla convinzione che tale reato fosse stato commesso nel 2009, e quindi prima della nascita dell’associazione criminale. L’imputato, tramite il suo difensore, ricorreva in Cassazione, sostenendo che si trattasse di un errore: il reato in questione, consistente in possesso e fabbricazione di documenti falsi, era stato commesso nell’aprile 2016, e non nel 2009.

La decisione della Corte sulla continuazione tra reati

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno riscontrato una chiara ‘incongruenza logica’ e un ‘banale travisamento di un elemento di fatto’ nell’ordinanza impugnata. La decisione del G.i.p. si basava su un presupposto fattuale errato: la data di commissione del reato.

La Suprema Corte ha verificato che, effettivamente, il reato di cui alla sentenza del Tribunale di Monza era stato commesso il 7 aprile 2016. Di conseguenza, utilizzando lo stesso metro di giudizio adottato dal giudice dell’esecuzione (ovvero l’appartenenza all’operatività dell’associazione), anche questo reato sarebbe dovuto essere preso in considerazione per l’applicazione della continuazione tra reati.

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione è lineare e si fonda sull’evidenza dell’errore materiale. Il giudice dell’esecuzione aveva stabilito un criterio per ammettere i reati alla continuazione: la loro commissione doveva essere successiva alla nascita dell’associazione per delinquere. Escludendo il reato del 2016 sulla base di una data errata (2009), il giudice è caduto in contraddizione con il suo stesso criterio di valutazione. Non si tratta di un errore di valutazione giuridica, ma di una svista su un dato oggettivo e documentale. Tale errore ha impedito una corretta valutazione sulla riconducibilità del fatto all’unitario disegno criminoso, vizio che la Cassazione ha il compito di sanare.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente al punto in cui negava la continuazione per il reato in questione. Ha quindi disposto il rinvio degli atti al G.i.p. del Tribunale di Milano, specificando che il nuovo giudizio dovrà essere tenuto da un giudice diverso. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: la giustizia deve basarsi su dati di fatto accertati con precisione. Un errore, anche se apparentemente piccolo come una data sbagliata, può avere conseguenze significative sulla libertà di una persona e deve essere corretto in ogni sede, fino al più alto grado di giudizio.

Cos’è la continuazione tra reati?
È un istituto giuridico che si applica quando una persona commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Invece di sommare aritmeticamente le pene per ogni singolo reato, si applica la pena prevista per il reato più grave, aumentata fino al triplo, garantendo un trattamento sanzionatorio più favorevole.

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del giudice?
La Corte ha annullato la decisione perché il giudice dell’esecuzione aveva commesso un errore di fatto, ritenendo che un reato fosse stato commesso nel 2009, mentre la data corretta era il 2016. Questo errore ha portato all’ingiusta esclusione del reato dal beneficio della continuazione, poiché la data errata lo collocava al di fuori del periodo di attività dell’associazione criminale.

Cosa accade dopo l’annullamento della Corte di Cassazione?
La Corte ha disposto l’annullamento con rinvio. Ciò significa che il caso torna al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, ma dovrà essere trattato da un magistrato diverso. Questo nuovo giudice dovrà riesaminare il punto specifico, tenendo conto della data corretta del reato (2016), e decidere nuovamente se applicare o meno la continuazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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