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Continuazione tra reati: l’errore del giudice

Un soggetto, già condannato per diversi reati, ha richiesto l’applicazione della continuazione tra reati per unificare tre sentenze, basandosi su una continuazione già riconosciuta tra due di esse. Il giudice dell’esecuzione ha respinto la richiesta, commettendo un errore di diritto e ignorando la precedente valutazione. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che il giudice dell’esecuzione non può contraddire una statuizione irrevocabile senza una solida motivazione e non deve confondere l’istituto della continuazione con quello della fungibilità della pena. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: La Cassazione Corregge il Giudice dell’Esecuzione

L’istituto della continuazione tra reati, disciplinato dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta un pilastro fondamentale per garantire un trattamento sanzionatorio equo e proporzionato. Esso permette di considerare come un’unica violazione di legge una serie di reati commessi in attuazione di un medesimo disegno criminoso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 2869/2024) ha riaffermato i principi cardine che il giudice dell’esecuzione deve seguire in questa delicata materia, annullando una decisione che aveva erroneamente negato il beneficio.

Il Caso: Una Richiesta di Estensione della Continuazione

Il ricorrente, condannato con tre distinte sentenze per reati legati al traffico di stupefacenti, si era rivolto al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati. La particolarità del caso risiedeva nel fatto che il giudice della cognizione, in una delle sentenze, aveva già riconosciuto il vincolo della continuazione tra i fatti giudicati con le prime due pronunce. La richiesta, quindi, mirava semplicemente a estendere questo vincolo anche al terzo reato, commesso in un arco temporale e in un contesto geografico ritenuti compatibili.

La Decisione del Giudice e il Ricorso in Cassazione

Il GIP rigettava l’istanza sulla base di due argomentazioni principali:

1. Errata applicazione normativa: Per una coppia di reati, il giudice invocava il divieto previsto dall’art. 657 c.p.p., che riguarda la fungibilità della pena, confondendo così due istituti giuridici completamente diversi.
2. Valutazione atomistica: Per gli altri reati, il giudice considerava ostativi l’intervallo temporale e la diversità dei luoghi, senza però confrontarsi adeguatamente con la valutazione opposta già contenuta in una delle sentenze, divenuta irrevocabile, che aveva ritenuto sussistente il medesimo disegno criminoso nonostante un divario temporale di tre anni.

Di fronte a questo rigetto, il difensore proponeva ricorso in Cassazione, lamentando sia la violazione di legge che un vizio di motivazione, poiché il giudice non aveva considerato il quadro complessivo e la coerenza con le decisioni precedenti.

L’Analisi della Cassazione sulla Continuazione tra Reati

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio. I giudici di legittimità hanno censurato pesantemente l’operato del GIP, evidenziando diversi errori logico-giuridici.

In primo luogo, è stato definito “incomprensibile” l’errore di confondere la continuazione tra reati (art. 671 c.p.p.) con la fungibilità della pena espiata (art. 657 c.p.p.), due piani normativi distinti e non sovrapponibili. In secondo luogo, la Corte ha ribadito un principio giurisprudenziale consolidato: il giudice dell’esecuzione, sebbene dotato di piena libertà di giudizio, non può ignorare le valutazioni già compiute in sede di cognizione e divenute irrevocabili.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Cassazione ha chiarito che, di fronte a una continuazione tra reati già riconosciuta, il giudice dell’esecuzione che intende negarne l’estensione a un terzo reato (commesso nello stesso arco temporale) ha l’onere di fornire una motivazione rafforzata. Deve spiegare perché la sua valutazione si discosta da quella precedente, analizzando il quadro fattuale e giuridico complessivo.

Nel caso di specie, il GIP aveva invece proceduto a una valutazione “binaria” e scissa, separando artificialmente l’analisi dei reati e omettendo di considerare che la richiesta del ricorrente era di “estendere” un vincolo già accertato, non di crearlo ex novo. Questo approccio ha portato a una conclusione definita “paradossale e inammissibile”, poiché si è sovrapposto indebitamente a statuizioni giurisdizionali contrarie e già passate in giudicato.

Conclusioni: I Principi per una Corretta Valutazione

La sentenza in esame riafferma con forza il dovere di coerenza e di rispetto del giudicato nell’ambito dell’esecuzione penale. Il giudice dell’esecuzione non può escludere l’unicità del disegno criminoso già ritenuta da un altro giudice, né fondare la sua decisione su circostanze di fatto contrarie agli accertamenti contenuti in sentenze irrevocabili. La decisione di rigetto deve essere il frutto di un’analisi globale e motivata, non di una valutazione frammentaria che ignora il contesto e le decisioni pregresse. L’annullamento con rinvio impone al nuovo giudice di rivalutare l’istanza attenendosi scrupolosamente a questi principi.

Può il giudice dell’esecuzione negare la continuazione tra reati ignorando una valutazione già fatta da un altro giudice in una sentenza definitiva?
No, la Corte di Cassazione stabilisce che il giudice dell’esecuzione non può trascurare la valutazione già compiuta in sede di cognizione. Se intende discostarsene, è tenuto a fornire una motivazione specifica e approfondita che giustifichi la sua decisione in relazione al quadro complessivo.

È corretto applicare le norme sulla fungibilità della pena (art. 657 c.p.p.) per decidere su una richiesta di continuazione tra reati (art. 671 c.p.p.)?
No, la sentenza definisce questo approccio un errore “incomprensibile”. Si tratta di due istituti giuridici distinti: la continuazione riguarda l’unificazione dei reati sotto un unico disegno criminoso per determinare la pena; la fungibilità attiene al computo della pena già scontata. Confonderli è un grave errore di diritto.

Cosa deve fare il giudice quando gli viene chiesto di estendere una continuazione, già riconosciuta tra due reati, a un terzo reato?
Deve procedere a una valutazione complessiva, evitando di scindere arbitrariamente la domanda. Deve confrontarsi con la valutazione già contenuta nella sentenza irrevocabile e considerare se il terzo reato, per natura, contesto temporale e spaziale, possa rientrare nel medesimo disegno criminoso già accertato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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