Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2869 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2869 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME ( CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/05/2023 del GIP TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME per ottenere, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., l’applicazione della disciplina della continuazione fra i reati giudicati con le seguenti pronunce:
sentenza n. 802/2019, emessa in data 18 marzo 2019 dalla Corte di appello di Brescia, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Brescia il 3 aprile 2018 (irrevocabile il 2 luglio 2020);
sentenza n. 3411/2021, emessa in data 10 dicembre 2021 dal G.U.P. del Tribunale di Milano (irrevocabile il 20 febbraio 2022);
sentenza n. 3278/2011, emessa ex art. 444 cod. proc. pen. in data 13 dicembre 2011 dal G.U.P. del Tribunale di Brescia (irrevocabile il 27 febbraio 2013).
A ragione della decisione, osservava: quanto al reato giudicato con la sentenza sub 1), ritenuto il più grave, che era stato commesso in data 18 gennaio 2013, “e dunque antecedentemente alla espiazione della pena detentiva inflitta per il fatto oggetto della sentenza n. 3278/2011” sub 3), sicché operava il divieto di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc. pen.; quanto ai reati giudicati con le sentenze sub 2) e 3), anche tenuto conto della già riconosciuta continuazione, in sede di cognizione, tra i fatti di cui alle sentenze sub 1) e 2), che costituivano elementi ostativi al riconoscimento del beneficio richiesto il non irrilevante intervallo temporale che li separava, la diversità dei luoghi di commissione e le diverse modalità attuative, non essendo sufficiente, per raccoglimento dell’istanza, la mera omogeneità dei reati (afferenti al traffico di stupefacenti).
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, sulla base di due motivi.
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen. e vizio di motivazione quanto alla ritenuta impossibilità di riconoscere il vincolo della continuazione tra reati per uno dei quali la pena è risultata espiata.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia violazione di legge processuale e vizio della motivazione circa il diniego di riconoscimento della continuazione fra i reati giudicati con le sentenze sub 2) e 3) e per l’omessa considerazione del già intervenuto riconoscimento, da parte del giudice della cognizione, della continuazione tra i reati giudicati con le sentenze sub 1) e 2).
Si censura come irrimediabilmente viziata la motivazione dell’ordinanza impugnata per non essersi confrontata Con il provvedimento (sentenza sub 2,
emessa il 10 dicembre 2021 dal G.U.P. del Tribunale di Milano) che aveva riconosciuto la continuazione con il reato giudicato con la sentenza sub 1), non reputando ostativi né la distanza temporale di tre anni tra i fatti, né la diversit dei luoghi di commissione, ricompresi nel territorio delle province di Milano e Brescia.
Il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di valutare che la sentenza sub 3) riguardava un reato commesso nello stesso arco temporale nel quale si collocavano i reati per i quali il giudice della cognizione aveva già riconosciuto la continuazione e in un luogo sito nella stessa provincia di Brescia in cui risultavano consumati alcuni dei reati giudicati con le sentenze sub 1) e 2).
Tra l’altro, e in particolare, il giudice a quo aveva trascurato di considerare che sia i fatti di cui al titolo 2), sia quelli di cui al titolo 3), erano stati com dal condannato nello stesso Comune di Mazzano (BS).
Contesta, poi, il difensore del ricorrente il ravvisato carattere ostativo del fattore temporale, quando tra l’ultimo reato giudicato con la sentenza sub 2) (commesso il 27 aprile 2010) e quello di cui alla sentenza sub 3) (commesso 1’8 dicembre 2010) intercorrevano meno di otto mesi.
Inconferente, infine, doveva stimarsi il riferimento, operato dal giudice di merito, all’assoluzione del COGNOME dal reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90.
Il Procuratore generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.
È utile premettere che l’odierno ricorrente, nella sua istanza introduttiva dell’incidente di esecuzione, promosso ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., si era limitato a chiedere l’applicazione della disciplina della continuazione tra i fatti di reato giudicati con le sentenze sub 1) e 2) (già unificati dal giudice della cognizione) e il reato oggetto della sentenza sub 3).
Del tutto eccentrica rispetto al petitum si rivela, dunque, la parte della ordinanza impugnata in cui, a fondamento del diniego della continuazione tra il reato giudicato con la sentenza sub 1) (commesso il 18 gennaio 2013) e quello giudicato con la sentenza sub 3) (commesso 1’8 dicembre 2010), il giudice dell’esecuzione ha fatto riferimento al “divieto” normativo posto dall’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., così sovrapponendo il tema della fungibilità (non dedotto dall’interessato, che non aspirava al riconoscimento di alcun “credito di
pena”) a quello della continuazione e confondendo, incomprensibilmente, i due piani.
Va, poi, rammentato che il giudice dell’esecuzione, investito di una richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., pur godendo di piena libertà di giudizio, non può trascurare la valutazione già compiuta in sede cognitoria ai fini della ritenuta sussistenza del vincolo della continuazione tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto dell domanda sottoposta al suo esame; di conseguenza, qualora non ritenga di accogliere tale domanda anche solo con riguardo ad alcuni reati, maturati in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, è tenuto a motivare la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel suo procedimento (Sez. 1, n. 54106 del 24/3/2017, COGNOME, Rv. 271903; conformi: n. 20471 del 2001 Rv. 219529, n. 19358 del 2012 Rv. 252781).
Va, inoltre, precisato, sempre in tema di continuazione, che il giudice dell’esecuzione non può escludere l’unicità del disegno criminoso già ritenuta dal giudice della cognizione, né può fondare il proprio giudizio su circostanze di fatto contrarie agli accertamenti contenuti in sentenze irrevocabili (Sez. 5, n. 12788 del 24/1/2023, Bifone, Rv. 284264).
Il giudice di Milano, nel caso di specie, non ha fatto buon governo dei principi appena enunciati:
in primo luogo, perché, a fronte di una domanda tendente semplicemente ad estendere a un terzo reato la già riconosciuta applicazione, in sede di cognizione, della disciplina della continuazione in relazione ad altri reati giudicati con due sentenze irrevocabili, ha arbitrariamente scisso la domanda, procedendo a valutarla in forma “binaria”, vale a dire separando il tema della continuazione tra i reati giudicati con le sentenze sub 1) e 3) dal tema della continuazione tra i reati giudicati con le sentenze sub 2) e 3);
in secondo luogo, perché non si è confrontato, come avrebbe dovuto fare in base alla giurisprudenza richiamata, con la già riconosciuta continuazione, operata in sede di cognizione, fra reati commessi in un arco temporale di tre anni, all’interno del quale si collocava anche il terzo reato, di natura omogenea, cui l’interessato aveva chiesto di estendere il già riconosciuto beneficio.
Così facendo, il giudice a quo è pervenuto alla paradossale e inammissibile conclusione del rigetto integrale della domanda, in tal modo sovrapponendosi, indebitamente, a statuizioni giurisdizionali contrarie adottate in sede di cognizione ormai divenute irrevocabili (quelle, cioè, di accoglimento
dell’istanza di continuazione tra i reati costituenti oggetto delle sentenze sub 1 e 2).
Si impone, in conclusione, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Milano – Sezione G.I.P., in diversa persona fisica (C. Cost. 9 luglio 2013, n. 183), perché proceda a rivalutare ex novo l’istanza del ricorrente, attenendosi ai principi enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Milano – Sezione G.I.P.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente