Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4878 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4878 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME BILEL CODICE_FISCALE nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/12/2022 del TRIBUNALE di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/matite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME ricorre avverso l’ordinanza del 5 dicembre 2022 del Tribunale di Firenze che, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., con riguardo:
al reato di tentato furto aggravato in abitazione, ai sensi degli artt. 56, 624-bis e 625, primo comma, n. 2, cod. pen., commesso il 31 maggio 2017 in Rovereto, giudicato ex art. 444 cod. proc. pen. dal Tribunale di Rovereto con sentenza emessa in data 1 giugno 2017, definitiva il 14 luglio 2017;
al reato di tentato furto in abitazione, ai sensi degli artt. 56 e 624-bis cod. pen., commesso il 17 settembre 2017 in Ospedaletti, giudicato ex art. 444 cod. proc. pen. dal Tribunale di Imperia con sentenza dell’Il dicembre 2017, definitiva il 10 ottobre 2018.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 671 cod. proc. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di accertare la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso, tra i quali, la breve distanza temporale tra le condotte, l’omogeneità dei reati e le medesime modalità esecutive delle condotte (a nulla rilevando che i tentati furti fossero avvenuti in un’abitazione e in una struttura pubblica).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono, da ritenersi assorbenti rispetto alle prospettazioni offerte dal ricorrente.
Giova in diritto evidenziare che, in materia di esecuzione, è inammissibile la richiesta di continuazione tra reati oggetto di sentenze di patteggiamento presentata senza l’osservanza dello schema procedimentale delineato dall’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., a termini del quale è necessario che il pubblico ministero esprima formale consenso o dissenso su una pena determinata nei limiti indicati dall’art. 444 cod. proc. pen., fermo il potere del giudice, cui compete il controllo di congruità della pena, di ritenere ingiustificato l’eventuale suo dissenso, atteso
che le indicazioni di legge sulle modalità di proposizione della predetta richiesta non ammettono alternative (Sez. 1, n. 22298 del 08/03/2018, COGNOME, Rv. 273138).
Nel caso in cui, pertanto, i reati oggetto della richiesta di applicazione della disciplina della continuazione sono stati giudicati con sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc. pen, non è sufficiente dimostrare la sussistenza del medesimo disegno criminoso, secondo la previsione generale di cui all’art. 671 cod. proc. pen., ma è necessario che l’applicazione della relativa disciplina sia oggetto di una concorde richiesta dell’interessato e del pubblico ministero, che l’eventuale disaccordo del pubblico ministero sia ritenuto ingiustificato dal giudice dell’esecuzione, che la pena complessiva stabilita non superi i limiti di cui all’art. 444 cod. proc. pen. e che tale pena riceva il riscon di congruità da parte del giudice dell’esecuzione.
In questi casi, inoltre, il giudice dell’esecuzione non può fare esercizio degli ordinari poteri valutativi di cui all’art. 671 cod. proc. pen. e individuare la pena misura diversa da quella negoziata fra l’interessato e il pubblico ministero, poiché l’autonoma regolamentazione dettata dall’art. 188 cod. proc. pen. disp. att. consente un intervento modificativo sul giudicato, formatosi a seguito di un negozio processuale fra le parti, soltanto per effetto di una successiva loro pattuizione, salvo il caso di dissenso ingiustificato dell’ufficio requirente (Sez. n. 1527 del 13/07/2018, dep. 2019, Spatola, Rv. 275169).
Il giudice dell’esecuzione, pertanto, non può entrare nel merito della richiesta, se l’interessato non abbia prima ottenuto il consenso o il dissenso del pubblico ministero (Sez. 1, n. 18794 del 27/03/2013, COGNOME, Rv. 256028).
Nell’ipotesi in cui il giudice dell’esecuzione, come nel caso di specie, si sia pronunciato al di fuori dello schema previsto dall’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., deve ritenersi che le istanze proposte al di fuori del percorso normativamente tracciato siano inammissibili, anche se la legge non stabilisce alcuna conseguenza specifica, perché le indicazioni di legge sulla modalità di proposizione di questo tipo di istanza non ammettono alternative.
La mancata valutazione dell’inammissibilità della domanda posta in essere dal giudice di merito può essere compiuta in sede di legittimità, anche senza devoluzione con i motivi di ricorso, poiché il regime del vizio è tale da consentire una pronuncia d’ufficio anche al di fuori dei motivi di ricorso, ai sensi dell’art. 609 comma 2, cod. proc. pen.
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte rileva che il giudi dell’esecuzione ha omesso di considerare che tutti i reati oggetto della richiesta di
applicazione della disciplina della continuazione erano stati giudicati con sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.
Ai sensi dell’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., pertanto, sarebbe stato necessario che l’interessato avesse coinvolto nella richiesta anche il pubblico ministero, il quale avrebbe potuto esprimere il proprio formale consenso o dissenso in merito alla entità della pena.
L’inammissibilità della domanda così presentata, pertanto, ha travolto necessariamente il provvedimento impugnato, che non avrebbe dovuto essere pronunciato e che, ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., deve essere annullato dalla Corte senza rinvio.
Gli atti vanno, dunque, restituiti al Tribunale di Firenze, affinché, eliminato i provvedimento assunto in forza della richiesta inammissibile, il procedimento esecutivo possa essere avviato nel rispetto della legge con il coinvolgimento del pubblico ministero nei modi sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Firenze per l’ulteriore corso.
Così deciso il 27/10/2023