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Continuazione tra reati: la procedura per il patteggiamento

Un soggetto condannato con due distinti patteggiamenti per reati simili ha richiesto l’applicazione della continuazione tra reati in fase esecutiva. La Corte di Cassazione ha stabilito che, per i reati definiti con patteggiamento, tale richiesta è inammissibile se non segue la procedura specifica che prevede il coinvolgimento e l’accordo con il pubblico ministero. Di conseguenza, la decisione del giudice di merito, che si era pronunciato sul fondo della questione, è stata annullata.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati e Patteggiamento: La Cassazione Chiarisce la Procedura

L’istituto della continuazione tra reati, disciplinato dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un meccanismo fondamentale per l’unificazione delle pene quando più violazioni della legge penale sono riconducibili a un medesimo disegno criminoso. Questo strumento permette di mitigare il trattamento sanzionatorio, ma la sua applicazione può presentare complessità procedurali, specialmente quando i reati sono stati giudicati con sentenze di patteggiamento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatto luce sulla procedura corretta da seguire in questi casi, sottolineando l’inammissibilità di una richiesta presentata senza il coinvolgimento del pubblico ministero.

Il Caso: Due Furti e una Richiesta di Unificazione della Pena

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una persona condannata con due distinte sentenze di patteggiamento per due episodi di tentato furto aggravato in abitazione, commessi a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro. In fase esecutiva, l’interessato ha presentato un’istanza al Tribunale di Firenze, in qualità di giudice dell’esecuzione, per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati e la conseguente rideterminazione della pena in un’unica sanzione più favorevole. Il ricorrente sosteneva che la breve distanza temporale, l’omogeneità dei reati e le modalità esecutive simili dimostrassero l’esistenza di un unico disegno criminoso. Il Tribunale di Firenze, tuttavia, ha rigettato la richiesta nel merito.

L’Errore Procedurale del Giudice dell’Esecuzione

La Corte di Cassazione, investita del ricorso, ha rilevato un vizio procedurale radicale che ha portato all’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata. L’errore del giudice dell’esecuzione non è stato nella valutazione del merito (cioè l’esistenza o meno del disegno criminoso), ma nel non aver dichiarato fin da subito l’inammissibilità della richiesta. La domanda, infatti, era stata presentata dal solo interessato, senza seguire la procedura specifica prevista dalla legge per i casi di patteggiamento.

La Procedura Speciale per la Continuazione tra Reati con Patteggiamento

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nell’interpretazione dell’articolo 188 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce una procedura speciale per l’applicazione della continuazione tra reati quando le condanne originarie sono sentenze di patteggiamento. A differenza della procedura ordinaria (art. 671 c.p.p.), non è sufficiente che il condannato presenti un’istanza unilaterale. È necessario, invece, che vi sia una “concorde richiesta” tra l’interessato e il pubblico ministero, o quantomeno che il PM sia stato coinvolto per esprimere il proprio consenso o dissenso sulla pena ricalcolata.

Il patteggiamento è, per sua natura, un negozio processuale tra accusa e difesa. Pertanto, anche la sua modifica in fase esecutiva tramite la continuazione deve avvenire attraverso un meccanismo che rispetti questa natura “negoziale”. Il giudice dell’esecuzione non può sostituirsi alle parti e individuare una pena diversa da quella che potrebbe scaturire da un nuovo accordo, salvo il caso di un dissenso ingiustificato del PM.

le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione su sentenze di patteggiamento, presentata al di fuori dello schema procedimentale dell’art. 188 disp. att. c.p.p., è inammissibile. Il giudice dell’esecuzione, di fronte a un’istanza presentata dal solo condannato, non può entrare nel merito della sussistenza del medesimo disegno criminoso. Il suo primo e unico compito è verificare il rispetto del requisito procedurale, ovvero il coinvolgimento del pubblico ministero. Avendo il Tribunale di Firenze deciso nel merito una domanda inammissibile, il suo provvedimento è stato necessariamente travolto e annullato, poiché emesso in violazione di legge. La Cassazione ha specificato che tale vizio può essere rilevato d’ufficio in sede di legittimità.

le conclusioni

In conclusione, la sentenza annulla l’ordinanza del Tribunale di Firenze e dispone la restituzione degli atti affinché il procedimento esecutivo possa essere correttamente avviato. Questo significa che l’interessato dovrà ripresentare la sua richiesta, ma questa volta seguendo la procedura corretta: dovrà coinvolgere il pubblico ministero per raggiungere un accordo sulla nuova pena o, in mancanza, per ottenere una formale espressione di dissenso che potrà poi essere valutata dal giudice. Questa pronuncia ribadisce un principio procedurale cruciale: le regole formali, specialmente in materia di accordi processuali come il patteggiamento, non sono un mero formalismo, ma garanzia del corretto svolgimento del processo anche nella sua fase esecutiva.

È possibile chiedere la continuazione tra reati se le condanne derivano da patteggiamenti?
Sì, è possibile, ma è necessario seguire una procedura specifica che si differenzia da quella ordinaria. Non basta una semplice richiesta al giudice dell’esecuzione.

Qual è la procedura corretta per chiedere la continuazione in caso di patteggiamenti?
La richiesta deve essere presentata seguendo lo schema dell’art. 188 disp. att. c.p.p., che richiede il coinvolgimento del pubblico ministero. È necessario che vi sia un accordo tra l’interessato e il PM sulla pena da applicare, o che il PM esprima un formale consenso o dissenso sulla richiesta.

Cosa succede se la richiesta viene presentata solo dall’interessato senza coinvolgere il pubblico ministero?
La richiesta è considerata inammissibile. Il giudice dell’esecuzione non può esaminare il merito della questione (cioè se esiste un medesimo disegno criminoso) e deve dichiarare l’inammissibilità dell’istanza. Se, erroneamente, decide nel merito, il suo provvedimento è illegittimo e verrà annullato dalla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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