Continuazione tra reati: quando la decisione del giudice sulla pena è definitiva?
La continuazione tra reati è un istituto fondamentale del nostro diritto penale che consente di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più illeciti in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Ma quali sono i limiti del sindacato della Corte di Cassazione sulla quantificazione della pena decisa dal giudice? Un’ordinanza recente offre chiarimenti cruciali, confermando che una motivazione logica e ben ancorata ai fatti rende la decisione insindacabile.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un soggetto condannato per gravi reati. L’interessato, dopo aver subito due condanne definitive – una a 14 anni di reclusione e un’altra a 10 anni – aveva chiesto al Giudice dell’esecuzione di applicare l’istituto della continuazione tra reati, unificando le pene sotto un unico vincolo.
Il Giudice dell’esecuzione accoglieva l’istanza, individuando la pena più grave (14 anni) come pena base e determinando un aumento di soli 3 anni per il secondo reato (il ‘reato satellite’), nonostante la condanna originaria per quest’ultimo fosse di 10 anni. Insoddisfatto dell’entità dell’aumento, il condannato proponeva ricorso in Cassazione, lamentando un’errata quantificazione.
La Disciplina della continuazione tra reati in fase esecutiva
Il ricorso si basava sulla presunta inadeguatezza della motivazione con cui il giudice aveva stabilito l’aumento di pena. L’articolo 671 del codice di procedura penale permette, infatti, di riconsiderare le pene inflitte con sentenze diverse quando si accerta che i reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. In tal caso, il giudice determina la pena complessiva partendo da quella per la violazione più grave e applicando un aumento per i reati satellite.
La difesa del ricorrente sosteneva che l’aumento di 3 anni non fosse stato giustificato in modo adeguato, censurando di fatto l’entità della pena inflitta.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno sottolineato due punti centrali:
1. Corretta Applicazione della Legge: Il Giudice dell’esecuzione ha correttamente seguito la procedura, utilizzando come pena base quella più grave, inflitta con la prima sentenza, pari a 14 anni di reclusione, in conformità con l’articolo 187 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
2. Motivazione Specifica e Adeguata: La Corte ha ritenuto che la motivazione fornita per l’aumento di 3 anni fosse tutt’altro che carente. Il giudice di merito aveva, infatti, giustificato la sua decisione sulla base di elementi concreti, quali:
* Il ruolo assunto dal condannato nelle vicende delittuose.
* La sua ‘caratura associativa’ e la gravità delle condotte illecite.
* L’ampia estensione dell’operatività dell’organizzazione criminale di appartenenza.
* Il ruolo specifico rivestito dal soggetto all’interno del sodalizio.
La Cassazione ha chiarito che le doglianze del ricorrente miravano a una ‘rivalutazione del merito’, ovvero a un nuovo giudizio sui fatti, che è un’attività preclusa in sede di legittimità. Il compito della Suprema Corte non è quello di stabilire se la pena sia ‘giusta’, ma di verificare se il giudice che l’ha determinata abbia seguito la legge e fornito una motivazione logica e non contraddittoria.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio consolidato: la quantificazione della pena, inclusa quella relativa all’aumento per la continuazione tra reati, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere non è sindacabile in Cassazione se la decisione è supportata da una motivazione che dia conto, in modo logico e coerente, dei criteri utilizzati per la sua determinazione. Il ricorso è ammissibile solo in caso di manifesta illogicità o violazione di legge, non per una semplice divergenza sulla valutazione dell’entità della sanzione.
Come si calcola la pena in caso di continuazione tra reati?
Si individua il reato più grave e si parte dalla pena prevista per esso (pena base). Successivamente, si applica un aumento per ciascuno degli altri reati (reati satellite), rispettando i limiti massimi previsti dalla legge.
Perché la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le censure del ricorrente miravano a una nuova valutazione nel merito della congruità della pena, un’attività non consentita in sede di legittimità. Il giudice di merito aveva, infatti, fornito una motivazione logica e adeguata per la sua decisione.
Quali elementi sono stati considerati per determinare l’aumento di pena?
Il giudice ha considerato elementi specifici come il ruolo del condannato all’interno di un’organizzazione criminale, la sua caratura associativa, la gravità delle condotte e l’estensione dell’operatività del sodalizio criminale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5332 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5332 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CINQUEFRONDI il 07/12/1980
avverso l’ordinanza del 24/06/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione.
Letto il ricorso e la memoria telematicamente depositata con la quale la Difesa del ricorrente insta per la trattazione del procedimento innanzi a diversa sezione;
Ritenuto che gli argomenti dedotti nel ricorso e nella memoria , con i quali si censura l’entità dell’aumento riconosciuto a seguito dell’accoglimento dell’istanza ex art. 671 co proc. pen. avanzata dall’interessato, sono inammissibili, in quanto manifestamente infondati.
Osservato che il Giudice dell’esecuzione ha fatto corretta applicazione del principio sancito dall’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., ponendo come pena base quella per la quale è stata inflitta la pena più grave, ovvero la pena inflitta con la sentenza della Corte appello di Regg Calabria del 30/04/2015, irr. il 28/03/2017, pari ad anni 14 di reclusione;
Ritenuto altresì che risulta osservato l’onere di motivazione specifica quanto al tema della quantificazione del segmento di pena per il reato satellite, di cui alla sentenza della Cor appello di Reggio Calabria del 06/05/2016, irr. il 29/11/2017, avendo il Giudice dell’esecuzione determinato l’aumento di anni 3 di reclusione (sensibilmente ridotto rispetto alla pena di anni 10 di reclusione comminata in sede di cognizione), avuto riguardo al ruolo assunto dal COGNOME nelle vicende delittuose, alla sua caratura associativa ed alla gravità delle condotte illecite, con particolare riguardo all’estensione dell’ambito di operativ dell’organizzazione ‘ndranghetistica, e del ruolo rivestito dal COGNOME all’interno del sodalizio
Osservato che le doglianze difensive appaiono finalizzate ad una rivalutazione non consentita in questa sede.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2024