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Continuazione tra reati: la distanza temporale conta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati per due episodi di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, avvenuti a dodici anni di distanza. La Corte ha stabilito che un così lungo lasso di tempo, unito alla diversità dei complici, costituisce un forte indizio contro l’esistenza di un unico disegno criminoso, elemento essenziale per la continuazione tra reati.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: Quando la Distanza Temporale Esclude il Disegno Criminoso

L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 81 del codice penale, è un meccanismo fondamentale che consente di unificare sotto un’unica pena più violazioni di legge, a condizione che siano state commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Recentemente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21676/2024, è tornata a pronunciarsi su questo tema, chiarendo il peso che la distanza temporale tra i fatti può avere nella valutazione dell’unicità del piano criminale.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un ricorso presentato da un soggetto condannato per aver partecipato a due distinte associazioni a delinquere finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti. La particolarità della vicenda risiedeva nella notevole distanza cronologica tra le due condotte: la prima risaliva al 1995, mentre la seconda aveva avuto inizio nel 2012, con un intervallo di ben dodici anni. L’imputato aveva richiesto al giudice dell’esecuzione il riconoscimento della continuazione tra reati, sostenendo che entrambe le partecipazioni fossero riconducibili a un unico progetto criminale. La Corte d’Appello aveva respinto tale richiesta, spingendo il condannato a rivolgersi alla Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla continuazione tra reati

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Secondo gli Ermellini, le censure mosse dal ricorrente erano generiche e si limitavano a sollecitare una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La Corte ha ribadito che, per riconoscere la continuazione tra reati, non è sufficiente la semplice omogeneità dei crimini commessi, ma è necessaria la prova concreta di un’unica e preordinata risoluzione criminosa che leghi tutti gli episodi.

Le Motivazioni dell’Ordinanza

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha smontato le argomentazioni difensive.

Il Rilievo della Distanza Temporale

La Cassazione ha sottolineato che, sebbene la distanza temporale non sia di per sé un ostacolo insormontabile al riconoscimento della continuazione, un intervallo di dodici anni rappresenta un ‘indice probatorio’ di notevole peso. Un lasso di tempo così esteso costituisce un ‘limite logico’ alla possibilità di ravvisare un programma criminoso unitario, concepito sin dall’inizio. In sostanza, è difficile credere che una persona possa aver pianificato nel 1995 dei reati da commettere a partire dal 2012.

L’Assenza di un Unico Disegno Criminoso

Oltre al fattore tempo, la Corte ha valorizzato altri elementi fattuali che deponevano contro l’ipotesi di un piano unitario. In particolare, è emersa la ‘quasi totale diversità dei membri dei due sodalizi’. Questo elemento è stato interpretato come sintomo dell’insorgenza ‘estemporanea’ di una nuova e autonoma risoluzione criminosa, in risposta a nuove sollecitazioni e contesti, piuttosto che come l’attuazione di un vecchio progetto. La seconda attività illecita, quindi, non era la continuazione della prima, ma una nuova iniziativa criminale.

Autonomia nella Determinazione della Pena

Infine, la Corte ha respinto anche la censura relativa a un presunto errore nel calcolo della pena per uno dei reati satellite. I giudici hanno ricordato che, anche in caso di continuazione, il giudice mantiene la propria discrezionalità, basata sui criteri dell’articolo 133 del codice penale, nel valutare la gravità di ciascun reato e nel determinare l’aumento di pena corrispondente.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rafforza un principio cardine in materia di continuazione tra reati: la prova dell’unicità del disegno criminoso deve essere rigorosa e basata su elementi concreti. Un’eccessiva distanza temporale tra i fatti, specialmente se accompagnata da altre circostanze indicative di una frattura nel proposito criminale (come il cambiamento dei complici), crea una forte presunzione contraria. La decisione serve da monito: non basta che i reati siano dello stesso tipo per ottenere il beneficio della continuazione, ma è indispensabile dimostrare che essi siano tessere di un unico mosaico, progettato fin dall’inizio.

Una lunga distanza temporale tra due reati esclude automaticamente la continuazione?
No, non la esclude automaticamente, ma secondo la Corte rappresenta un importante ‘indice probatorio’ che rende molto difficile dimostrare l’esistenza di un unico disegno criminoso. Tanto maggiore è il tempo trascorso, tanto più forte è la presunzione che si tratti di risoluzioni criminali separate.

Perché la diversità dei complici è stata considerata rilevante ai fini della decisione sulla continuazione tra reati?
La quasi totale diversità dei membri dei due sodalizi criminali è stata un elemento fattuale che, insieme alla distanza temporale, ha rafforzato la convinzione della Corte che non ci fosse un unico piano, ma due iniziative criminali autonome e distinte.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte non esamini il merito del ricorso. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende a causa della colpa nella proposizione di un ricorso infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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