Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19734 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19734 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME in Albania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/09/2023 della CORTE DI ASSISE DI APPELLO DI BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Con ordinanza del 29 settembre 2023 la Corte di assise d’appello di Brescia, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di NOME COGNOME, alias NOME, di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto delle seguenti sentenze di condanna emesse nei suoi confronti:
sentenza del Tribunale di Brescia del 13 gennaio 2011 di applicazione della pena per il reato di cui all’art. 73 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, commesso il 6 novembre 2010, con separato provvedimento unificato in continuazione con il reato oggetto della sentenza nella Corte d’appello di Brescia del 26 marzo 2013 di
condanna per il reato di cui all’art. 73 d.p.r. n. 309 del 1990, commesso il 7 e 1’8 settembre 2012;
sentenza del Tribunale di Brescia del 24 settembre 2020 di condanna per i reati di cui agli artt. 582 e 585 cod. pen. e 73 d.pr. n. 309 del 1990, commessi tra il 2014 ed il 2015;
sentenza del Tribunale di Brescia del 29 febbraio 2016 di condanna per il reato di cui all’art. 73 d.p.r. n. 309 del 1990, commesso il 10 febbraio 2014.
In particolare, nel respingere l’istanza, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto non vi fossero elementi che potessero deporre per la programmazione unitaria dei reati, evidenziando in particolare che gli stessi erano stati commessi a notevole distanza di tempo l’uno dall’altro.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condanNOME, per il tramite del difensore, con unico motivo, in cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione per essere stata respinta l’istanza nonostante che la programmazione unitaria dei reati fosse desumibile dalla circostanza che tra i reati della sentenza n. 2 ed il primo reato della sentenza n. 3 non intercorrono quasi due anni, come ha scritto l’ordinanza impugnata, ma soltanto un anno e quattro mesi; inoltre, l’ordinanza non si confronta con il provvedimento che già aveva riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati oggetto delle due sentenze indicate sub n. 1, atteso che in quel caso uno iato temporale di due anni è stato considerato non ostativo al riconoscimento della continuazione mentre adesso uno iato temporale simile viene considerato ostativo, vengono così trattate in modo diseguale due situazioni simili.
Con requisitoria scritta il P.G., NOME, ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
4. Il ricorso è infondato.
Gli argomenti dedotti nel ricorso sono in contrasto con la giurisprudenza della Corte di legittimità in punto di individuazione dei criteri da cui si può desumere l’esistenza di una volizione unitaria (cfr., per tutte Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074: Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati
programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea).
La distanza temporale è, infatti, uno degli indici di valutazione della esistenza o meno dell’unico disegno criminoso, e, nel caso in esame, si tratta di parametro che depone nel senso della non illogicità della decisione del giudice dell’esecuzione che ha ritenuto che, al momento di commissione del primo reato (6 novembre 2010), gli ulteriori che si chiede di porre in continuazione (commessi nel 2014 e nel 2015) non potessero essere stati programmati, “almeno nelle loro linee essenziali”.
L’argomento esposto in ricorso, secondo cui il vizio della motivazione si dovrebbe desumere dalla circostanza che in altra ordinanza, relativa alla situazione dello stesso soggetto, uno iato temporale di due anni tra un reato ed il successivo è stato considerato non ostativo al riconoscimento della continuazione, è infondato, perché per essere motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà deve essere soltanto interna alla decisione impugnata (Sez. 3, Sentenza n. 13678 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 283034), e non può dipendere dalla diversa valutazione effettuata in altro provvedimento.
L’argomento del travisamento della distanza temporale tra i reati (un anno e quattro mesi, anziché due anni, come scritto in ordinanza) è, inoltre, insufficiente a disarticolare il percorso logico dell’ordinanza, perchè il travisamento comporta l’illegittimità del provvedimento impugNOME soltanto “se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato” (Sez. 5, Sentenza n. 48050 del 02/07/2019, S. Rv. 277758), che non vi è nel caso in esame in cui il percorso logico del giudice dell’esecuzione non perde tenuta logica anche considerando la distanza temporale tra i reati in quella indicata in ricorso.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 5 aprile 2024 Il consigliere estensore z GLYPH