Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20254 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20254 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/12/2023 del TRIBUNALE di PARMA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 7 dicembre 2023 il Tribunale di Parma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di NOME COGNOME di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto delle seguenti sentenze di condanna emesse nei suoi confronti:
sentenza del Tribunale di Parma del 5 giugno 2020 di condanna per il reato dell’art. 628, comma 3, cod. pen., commesso a Parma il 27 luglio 2019;
sentenza del Tribunale di Parma del 17 marzo 2021 di condanna per il reato dell’art. 628, commi 2 e 3, cod. pen., commesso a Parma il 12 agosto 2020.
In particolare, nel respingere l’istanza, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto non vi fossero elementi che potessero deporre per la programmazione unitaria dei reati, evidenziando in particolare che gli stessi erano stati commessi a distanza di tempo l’uno dall’altro, circa un anno, in modo differente ed in contesti diversi.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo, in cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione per essere stata respinta l’istanza nonostante che la
programmazione unitaria dei reati fosse desumibile dalla circostanza che vi è contiguità territoriale tra i fatti, e vi è anche contiguità temporale, atteso che i giudice dell’esecuzione non ha considerato che tra i due episodi vi è stato anche un periodo di custodia cautelare sofferto dal ricorrente tra il 28 agosto 2019 ed il 3 ottobre 2019; inoltre, non è vero che si versi in situazioni completamente diverse, perché i fatti sono della stessa indole, sono sempre commessi da più persone riunite, con medesime modalità di avvicinamento alla vittima, con l’assunzione di ruoli determinati da parte di ciascun concorrente; inoltre, il primo è stato commesso a bordo di un treno ed il secondo in zona stazione ferroviaria.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
In presenza di una distanza temporale di più di un anno tra la prima e la eA,ALt.r , ? seconda rapina GLYPH dell’istanza non è manifestamente illogica, alla luce della sistematica GLYPH della GLYPH giurisprudenza GLYPH di GLYPH legittimità GLYPH sull’argomento GLYPH (cfr. Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074: Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea) la decisione del giudice dell’esecuzione che ha ritenuto non esistessero elementi per individuare una volizione unitaria. Infatti, il criterio temporale è degli indici della esistenza meno di una volizione unitaria, e quanto più ampio è il lasso di tempo fra le violazioni, tanto più deve ritenersi improbabile l’esistenza di una programmazione unitaria predeterminata almeno nelle linee fondamentali (Sez. 4, n. 34756 del 17/05/2012, Madonia, Rv. 253664). V
La distanza temporale non è elisa, come pretende il ricorso, dal periodo di detenzione del ricorrente avvenuto tra la commissione del primo e del secondo reato, periodo peraltro molto breve (circa un mese e mezzo), perché se è vero che la detenzione intercorsa medio tempore di per sé non è idonea ad escludere
l’identità del disegno criminoso (Sez. 1, Sentenza n. 37832 del 05/04/2019, COGNOME, Rv. 276842), però è anche vero che essa comporta il riconoscimento della esistenza di una controspinta psicologica a delinquere derivante dall’arresto o dalla condanna (Sez. 4, Sentenza n. 20169 del 06/03/2007, COGNOME, Rv. 236610).
In presenza di una consistente distanza temporale, quale quella in esame, anche il riferimento alla identità del titolo di reato è stato ritenuto in modo non manifestamente illogico recessivo nella motivazione dell’ordinanza impugnata, mentre la somiglianza in concreto delle modalità delle condotte delle due rapine, dedotta in ricorso, riposa su particolari comuni a molti reati predatori (presenza di correi; modalità di avvicinamento alla vittima) e su una circostanza (il primo reato è stato commesso a bordo di un treno, il secondo in “zona” stazione ferroviaria) che di per sé non illumina sull’esistenza o meno di una volizione unitaria.
In definitiva, il ricorso è infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Con nota scritta, depositata il 30 aprile 2024, il difensore del ricorrente ha chiesto il pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in quanto il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ma sul punto non vi è luogo a provvedere da parte di questa Corte, atteso che la giurisprudenza ha ricostruito il sistema nel senso “in tema di patrocinio a spese dello Stato, competente a decidere sulla istanza di liquidazione dei compensi relativi all’attività difensiva svolta nel giudizio di legittimità è il giudice di merito che ha emesso il provvedimento impugnato, posto che la Corte di cassazione può accedere agli atti esclusivamente ai fini della rilevazione di eventuali vizi processuali verificatisi nel corso del giudizio e, pertanto, non ha la piena disponibilità materiale e giuridica degli stessi, che devono essere restituiti, con pienezza di accesso, al giudice di merito una volta definito il giudizio di legittimità. (Sez. 3, Sentenza n. 41525 del 15/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. NUMERO_CARTA).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 2 maggio 2024
Il consigliere estensore
GLYPHIl presidente