Continuazione tra Reati: L’Unicità del Disegno Criminoso Secondo la Cassazione
L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del diritto penale esecutivo, consentendo di unificare pene relative a diversi illeciti sotto un’unica visione programmatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui confini di tale istituto, specialmente in contesti complessi come la partecipazione ad associazioni mafiose e i reati ad essa connessi. Analizziamo la decisione per comprendere quando più condotte possono essere considerate parte di un medesimo disegno criminoso.
I Fatti del Caso in Esame
Il caso trae origine dal ricorso di un condannato avverso un’ordinanza del Tribunale. Il ricorrente aveva ricevuto quattro diverse sentenze definitive per reati che includevano la partecipazione ad associazione di stampo mafioso, detenzione di armi con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa e la violazione di una misura di prevenzione. L’istanza mirava a ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati per tutte e quattro le condanne, sostenendo che ogni azione fosse riconducibile a un unico e medesimo disegno criminoso.
Il Tribunale dell’esecuzione aveva parzialmente accolto la richiesta, unificando le pene per i reati associativi e quelli aggravati dal metodo mafioso, ma escludendo dalla continuazione il reato di violazione della misura di prevenzione. Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge.
La Decisione della Corte sulla Continuazione tra Reati
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure manifestamente infondate e riproduttive di argomentazioni già correttamente valutate e respinte dal giudice dell’esecuzione. La Suprema Corte ha sposato appieno il ragionamento del Tribunale, confermando la correttezza della distinzione operata tra i vari reati.
In sostanza, i giudici di legittimità hanno validato la tesi secondo cui non tutti i reati commessi da un soggetto, pur legato a un sodalizio criminale, sono automaticamente avvinti dal vincolo della continuazione. È necessaria una rigorosa verifica dell’esistenza di un’originaria e unitaria programmazione criminale.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della pronuncia risiede nella distinzione tra le diverse tipologie di reato e le loro finalità. La Corte ha evidenziato che:
1. Reati in Continuazione: Il Tribunale aveva correttamente riconosciuto la continuazione tra i reati di partecipazione ad associazione mafiosa e i delitti aggravati dall’agevolazione mafiosa (sentenze 1, 2 e 4). La partecipazione successiva al medesimo sodalizio, accertata in una sentenza posteriore, è stata vista non come una nuova e autonoma adesione, ma come un “ulteriore segmento” del pregresso e mai interrotto vincolo associativo. Questo dimostra una coerenza e un’unicità di programma criminale.
2. Reato Escluso dalla Continuazione: La violazione della misura di prevenzione (sentenza 3) è stata correttamente esclusa dal vincolo. Il giudice della cognizione, per questo specifico reato, aveva escluso l’aggravante mafiosa, qualificando il delitto come ispirato da una “finalità del tutto egoistica”, ovvero quella di sottrarsi alla cattura per l’esecuzione di una pena. Secondo la Corte, il carattere funzionale della latitanza rispetto alla perduranza del vincolo associativo non è sufficiente a dimostrare che la violazione degli obblighi della sorveglianza speciale fosse stata programmata sin dall’inizio, all’atto dell’adesione al sodalizio mafioso.
In altre parole, per applicare la continuazione tra reati, è indispensabile che l’unicità del disegno criminoso sia originaria e non il frutto di decisioni estemporanee, anche se funzionali agli interessi dell’associazione.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La decisione riafferma un principio fondamentale: per il riconoscimento della continuazione non basta un generico legame tra i reati, ma è necessaria la prova di un’unica programmazione iniziale. Un reato commesso per motivazioni personali e contingenti, come sfuggire alla giustizia, non può essere automaticamente ricompreso nel disegno criminoso associativo, a meno che non si dimostri che tale eventualità era stata prevista e pianificata fin dall’origine. Questa ordinanza fornisce un criterio guida per i giudici dell’esecuzione, imponendo un’analisi dettagliata e non presuntiva del nesso psicologico che lega le diverse condotte criminali.
Quando più reati possono essere considerati in ‘continuazione’?
Possono essere considerati in continuazione quando si prova che sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero un piano unitario e preordinato che li comprendeva tutti fin dall’inizio.
Perché la violazione della misura di prevenzione è stata esclusa dalla continuazione in questo caso specifico?
È stata esclusa perché i giudici hanno ritenuto che fosse motivata da una finalità puramente ‘egoistica’ del condannato (sottrarsi alla cattura) e non facesse parte del programma criminale originario legato all’associazione mafiosa. La mancanza dell’aggravante mafiosa per quel reato ha supportato tale conclusione.
La partecipazione continuata a un’associazione mafiosa, giudicata in sentenze diverse, rientra nella continuazione?
Sì. Secondo la decisione, la partecipazione successiva, se rappresenta la prosecuzione di un legame associativo mai rescisso, costituisce un ‘ulteriore segmento’ del medesimo vincolo e, pertanto, può essere unificata sotto il vincolo della continuazione con i reati precedenti legati alla stessa associazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28843 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28843 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il 16/08/1973
avverso l’ordinanza del 26/02/2025 del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Rilevato che sono inammissibili le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME nel quale il difensore si duole del vizio di motivazione e della violazione di legge, lamentando che l’ordinanza emessa nei confronti del suddetto, nel rigettare la richiesta di unificazione in relazione ai delitti giudicati con le sentenze sub 1), 2) e 4) rispetto alla residua ipotesi delittuosa di cui alla sentenza sub 3), ha trascurato gli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso a fondamento delle condotte delittuose poste in essere – perché manifestamente infondate.
Considerato che dette censure sono, altresì, riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Tribunale di Torre Annunziata nel provvedimento impugnato. In esso, invero, si evidenzia, con riguardo alla richiesta continuazione, relativa ai delitti (tra cui due partecipazioni associative) di cui a quattro sentenze esecutive, che: – i fatti giudicati con le prime due sentenze (partecipazione ad associazione mafiosa e delitti vari tra cui delitti di armi aggravati dall’aggravante dell’agevolazione mafiosa) risultano già ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione con ordinanza emessa in sede esecutiva il 5 aprile 2022; – con tale ultimo provvedimento era rigettata la richiesta di continuazione con la violazione della misura di prevenzione di cui alla sentenza sub 3), attesa l’esclusione da parte del giudice della cognizione per detto reato dell’aggravante mafiosa e la finalità del tutto egoistica del delitto (per sottrarsi alla cattura finalizzata all’esecuzione di pena); – il carattere funzionale della latitanza rispetto alla perduranza del vincolo associativo non vale a dimostrare l’originaria programmazione sia pure per grandi linee, all’atto dell’adesione al sodalizio mafioso, della violazione degli obblighi connessi alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale cui COGNOME sarebbe stato in futuro (dopo ben dieci anni) sottoposto; – la richiesta di continuazione è, invece, fondata in relazione al rapporto tra i reati di cui alle prime due sentenze, già unificate, con la partecipazione associativa di cui alla sentenza sub 4) acclarata a far data dal maggio 2015, che secondo la ricostruzione della sentenza passata in giudicato, rappresenta un ulteriore segmento che si pone in prosecuzione del pregresso vincolo, potendosi pertanto ritenere mai rescisso il legame associativo di Nappo, persistendo dopo la pronuncia di condanna per la partecipazione alla medesima associazione e anche durante l’esecuzione della pena. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non
ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2025.