Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7175 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7175 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a SOMMA VESUVIANA (NAPOLI) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/03/2023 del TRIBUNALE di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME, il quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7 marzo 2023, il Tribunale di Salerno, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di NOME COGNOME diretta al riconoscimento della continuazione tra il delitto ex art. 416 cod. pen. – accertato con sentenza del GUP del Tribunale di Napoli del 24/8/2017 – ed ulteriori reati, segnatamente due tentate estorsioni accertate con due sentenze del Tribunale di Noia del 17/12/2012 e del 10/11/2016, nonché reati di falso accertati con sentenza del giudice monocratico del Tribunale di Salerno del 15/3/2019.
1.1. In ordine al reato associativo, il giudice dell’esecuzione ha osservato che le due tentate estorsioni non possono porsi in continuazione con il medesimo, in quanto la prima è stata espressamente definita dal giudice della cognizione come rispondente ad iniziative personali del COGNOME, addirittura non tollerate dal clan egemone, e la seconda risulta aggravata soltanto dal cosiddetto metodo mafioso, ed entrambe non presentano indici di preordinazione contestuale all’adesione associativa del COGNOME, peraltro in qualità di promotore ed organizzatore, così da ricondurre la preventiva deliberazione genetica proprio al momento costitutivo dell’associazione.
1.2. Quanti ai reati di falso – commessi in diverso contesto territoriale e distanziati cronologicamente dalle estorsioni – non vi è prova che fossero stati programmati al momento della costituzione del sodalizio criminale, né può ravvisarsi continuazione con le tentate estorsioni, secondo la tesi della difesa trattandosi di falsi funzionali a rendere possibile la latitanza del COGNOME, il quale era stato raggiunto da ordinanza custodiale per la tentata estorsione del 19/12/2010, essendo evidente che in tale ipotesi sussisterebbe al più la circostanza aggravante ex art. 61 n. 2 cod. pen., ma non l’invocata continuazione.
Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione il difensore del condannato, AVV_NOTAIO, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 81 cod. pen., per il diniego della continuazione, conseguente all’erroneo apprezzamento dei presupposti che caratterizzano il vincolo della continuazione tra reati.
Il ricorrente censura l’impostazione seguita dal giudice dell’esecuzione, ritenendola erronea, in quanto sarebbe sufficiente che il programma associativo sia finalizzato alla commissione di una serie indefinita di reati, connotati in maniera omogenea quanto alla tipologia di condotta ed agli obiettivi da perseguire, citando a supporto vari arresti giurisprudenziali e ripercorrendo i contenuti delle sentenze di condanna del COGNOME per i reati di cui si chiede l’unificazione.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché si basa su motivi non consentiti dalla legge, in quanto ripropone doglianze volte ad ottenere una rivalutazione del merito non consentita nella presente sede di legittimità, nonché in contrasto con la consolidata esegesi di questa Corte in tema di continuazione tra il delitto associativo ed i reati satellite.
1.1. Come ha correttamente illustrato il giudice dell’esecuzione, in termini generali, sulla tematica della continuazione tra reato associativo e reati satellite, commessi nell’ambito dell’oggetto sociale e rientranti nel programma associativo, la giurisprudenza si è ormai attestata nell’ammettere in astratto tale possibilità, previa puntuale verifica che questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si determina a fare ingresso nel sodalizio. Invero, ai fini dell’operatività dell’istituto della continuazione, il presupposto indefettibil (l’unicità del disegno criminoso) è da intendere quale preordinazione unitaria da parte del soggetto agente delle diverse condotte violatrici, almeno nelle loro linee essenziali. Come tale, essa si colloca in una fase antecedente al momento perfezionativo delle condotte delittuose che si assumono esserne espressione, sì da manifestare una ridotta pericolosità sociale e giustificare il trattamento sanzionatorio più mite rispetto al cumulo materiale (Sez. 1, n. 27058 del 17/01/17, COGNOME; Sez. 1, n. 40123 del 22/10/2010, COGNOME, Rv. 248862). Ragionando diversamente, si finirebbe per riconoscere una sorta di automatismo, concedendo il beneficio sanzionatorio per tutti i reati commessi in ambito associativo, da ritenersi sempre in continuazione con la fattispecie associativa in cui si inseriscono (Sez. 1, n. 23818 del 22/06/2020, COGNOME, Rv. 279430; Sez. 1, n. 1534 del 09/11/2017, dep. 2018, COGNOME, R:v. 271984; Sez. 1, n. 40318 del 04/07/2013, Corigliano, Rv. 257253). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Di contro, non è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programmabili ab origine perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’associazione (Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, COGNOME, Rv. 275334).
In definitiva, il partecipe all’associazione accede al delitto nel momento in cui si determina a fare ingresso nel sodalizio ed è a questo dato temporale che deve riferirsi la verifica della programmazione unitaria dei cd. reati fine.
1.2. Nel caso specifico, gli elementi allegati dal ricorrente onde ricavarne la simultanea deliberazione originaria tra il reato associativo di cui alla sentenza del GUP del Tribunale di Napoli del 24/8/2017, e i reati giudicati con le ulteriori
indicate sentenze, non sono tali da scardinare l’impostazione logica del giudice dell’esecuzione, il quale ha constatato l’assenza di prova della specifica e contestuale programmazione dei delitti successivi – rispetto al momento iniziale di adesione associativa ed ha analiticamente illustrato le ragioni per cui né la prima né la seconda tentata estorsione siano riconducibili ad un’originaria deliberazione e tanto meno i delitti di falso giudicati dal Tribunale di Salerno con sentenza del 15/3/2019.
Di contro, l’impostazione propugnata nel ricorso è antitetica alle illustrate coordinate giurisprudenziali, nonché in contrasto con l’accertamento di cui alle sentenze di cognizione, laddove rivendica che l delitti giudicati in dette sentenze siano avvinti in continuazione al reato associativo, alla luce delle pretese finalità di detti reati. Va, infatti osservato, in sintonia con le considerazioni del giudice dell’esecuzione tratte dall’attenta lettura delle sentenze di merito, che per la tentata estorsione giudicata nella sentenza del Tribunale di Noia del 17/2/2012, era stata esclusa l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, connotandosi il delitto come frutto di iniziativa personale, addirittura non tollerata dai clan egemoni sul territorio; per l’altra tentata estorsione giudicata con sentenza del medesimo Tribunale del 21/12/2016, l’aggravante ex art. 7 L. n. 203 del 1991 era limitata all’uso del metodo mafioso, né vi erano ulteriori evidenze di riconducibilità anche di tale delitto al programma associativo. Infine, del tutto estranea alla logica di una contestuale programmazione unitaria si pone la condanna per i delitti di falso giudicati dal Tribunale di Salerno, in quanto funzionali alla latitanza del COGNOME a seguito dell’emissione di ordinanza custodiale per i precedenti reati, ciò postulando semmai la circostanza aggravante del nesso teleologico tra questi ultimi reati e quelli di falso, ma giammai la riconducibilità originaria al delitt associativo, sia sotto il profilo cronologico che geografico, se non altro per la imprevedibilità dell’evenienza e per lo sganciamento dalla cornice associativa degli stessi reati per i quali era stato spiccato il provvedimento restrittivo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Risulta così adempiuto l’onere di motivazione, che richiede in simili casi di illustrare specificamente la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel procedimento (Sez. 1, n. 54106 del 24/03/2017, COGNOME, Rv. 271903; Sez. 1, n. 19358 del 22/02/2012, COGNOME, Rv. 252781; Sez. 1, n. 20471 del 15/03/2001, Ibba, Rv. 219529).
2. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro tremila alla cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., non risultando i’assenza di profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, a tenore della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 27 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente