Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9084 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9084 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SAVIANO il 04/06/1964
avverso l’ordinanza del 03/10/2024 della Corte d’appello di Napoli
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro l’ordinanza emessa in data 03 ottobre 2024 con cui la Corte di appello di Napoli ha revocato l’indulto concesso dalla Corte di appello di L’Aquila in data 18 gennaio 2016 in relazione ad una condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale commesso il 24/11/2005, avendo egli riportato altra condanna alla pena di due anni di reclusione per il delitto di delitto di bancarotta fraudolenta documentale commesso il 24/02/2010, ed ha respinto la richiesta di applicazione dell’istituto della continuazione tra le due sentenze indicate, ritenendo insussistenti gli indici sintomatici dell’unicità di disegno criminoso per la rilevante distanza temporale tra le due condotte, la diversità dei luoghi di consumazione, la diversità dei complici e delle modalità esecutive;
rilevato che il ricorrente, con due motivi, deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, per avere la Corte di appello revocato l’indulto benché la condanna intervenuta fosse ad una pena non superiore a due anni, e per avere negato la continuazione tra i due reati basandosi su elementi non ostativi al riconoscimento dell’istituto, quali la distanza temporale e la diversità dei luoghi di consumazione, la diversità dei complici, senza tenere conto della omogeneità dei delitti, delle identiche modalità esecutive e della identica finalità, avendo egli agito in entrambi i casi al fine di conseguire l’impunità per gli ammanchi già causati e di realizzare un profitto economico;
rilevato che, con memoria depositata in data 30/01/2025, il ricorrente presenta asseritamente un motivo nuovo, con cui deduce la violazione di legge e l’omessa motivazione in ordine al diniego della continuazione, per non avere l’ordinanza valutato gli elementi utili emergenti dalle due sentenze di merito, che indica specificamente, e lamenta l’erroneità dell’assegnazione del ricorso alla settima sezione per una sua supposta inammissibilità;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per manifesta infondatezza e aspecificità, quanto alla revoca dell’indulto, perché non applica correttamente la norma dell’art. 1, comma 3, legge n. 241/2006, secondo cui l’indulto è revocato di diritto se, nel termine di legge, il beneficiario commette un altro delitto non colposo per cui riporti una condanna «a pena detentiva non inferiore a due anni», quale quella da lui riportata, e quanto al diniego della continuazione, anche con riferimento al motivo aggiunto con la memoria difensiva, perché non
si confronta con l’ordinanza che, diversamente da quanto sostenuto, ha valutato approfonditamente le due sentenze di condanna ed ha escluso la sussistenza di una unicità di disegno criminoso perché i reati, pur essendo omogenei quanto al loro titolo, sono stati commessi a cinque anni di distanza, in luoghi a loro volta distanti, con modalità esecutive diverse, tanto da rendere incredibile che, nel commettere il primo reato di bancarotta fraudolenta, agendo quale amministratore di fatto della società fallita, il ricorrente avesse programmato, almeno nelle linee essenziali, la condotta successiva, commessa cinque anni dopo e agendo quale estraneo alla compagine societaria e alla gestione della società fallita, avendo egli commesso il secondo delitto solo a seguito di una scelta dei complici di coinvolgerlo, scelta che non è plausibile che egli possa avere programmato cinque anni prima;
ritenuto che il ricorso sia manifestamente infondato anche con riferimento all’asserito vizio di motivazione, in quanto l’ordinanza impugnata ha valutato la inesistenza dei necessari indici sintomatici in modo approfondito e logico, conformandosi al principio stabilito da questa Corte, secondo cui «Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074);
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. e alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale, in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente