LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Continuazione tra reati: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9286/2024, ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati di omicidio e successivi reati di stampo mafioso. La Corte ha stabilito che, per applicare il beneficio, non è sufficiente la mera appartenenza a un’associazione criminale; è necessario provare che i reati-fine erano stati programmati specificamente fin dal momento dell’adesione al sodalizio, escludendo ogni automatismo. La mancanza di un’anticipata programmazione e la natura estemporanea dei delitti hanno portato alla conferma della decisione di merito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: la Cassazione esclude automatismi per i crimini di mafia

L’istituto della continuazione tra reati, disciplinato dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta una chiave di volta del sistema sanzionatorio, consentendo di mitigare la pena quando più crimini derivano da un unico disegno. Tuttavia, la sua applicazione non è scontata, specialmente in contesti complessi come la criminalità organizzata. Con la recente sentenza n. 9286 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito la necessità di una prova rigorosa del programma criminoso unitario, negando il beneficio a un condannato per omicidi e reati di mafia.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato con sentenze definitive per reati di omicidio commessi tra il 1990 e il 1991, ha presentato istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento della continuazione tra questi delitti e un altro gruppo di reati, tra cui associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.) ed estorsione, commessi tra il 1991 e il 2001.

Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto solo parzialmente la richiesta, riconoscendo la continuazione tra i vari omicidi, ma l’ha respinta per quanto riguarda il legame tra il gruppo degli omicidi e quello dei reati successivi. La motivazione del rigetto si basava su due punti principali:
1. Il notevole lasso di tempo (circa dieci anni) tra i due gruppi di reati.
2. La diversa natura e finalità dei crimini: gli omicidi si inserivano in un contesto di guerra tra clan rivali, mentre i reati successivi erano strumentali al rafforzamento del controllo monopolistico del territorio tramite estorsioni.

Il condannato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua affiliazione al sodalizio mafioso, coprendo anche il periodo degli omicidi, implicava necessariamente la previsione di dover commettere delitti così gravi.

I Requisiti della Continuazione tra Reati Associativi

Il nodo centrale della questione era stabilire se l’appartenenza a un’associazione mafiosa potesse automaticamente comportare la continuazione con tutti i reati-fine commessi dall’affiliato. Secondo il ricorrente, il giudice avrebbe dovuto valorizzare il momento iniziale dell’adesione al clan, momento in cui egli non poteva non prevedere la possibilità di essere chiamato a commettere omicidi.

La Corte di Cassazione, pur riconoscendo la correttezza formale dell’argomentazione (il riferimento al momento iniziale della condotta), ha ritenuto il ricorso infondato nel merito, seguendo un orientamento giurisprudenziale consolidato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che per sostenere la continuazione tra reati non è sufficiente dedurre che i crimini siano avvenuti nello stesso periodo o contesto. È indispensabile allegare elementi concreti che dimostrino l’esistenza di una volizione unitaria alla base di tutti i reati.

Nel rapporto tra reato associativo e reati-fine, questo principio si traduce in un onere probatorio specifico: l’imputato deve dimostrare che i reati-fine (in questo caso, gli omicidi) erano stati programmati e previsti non in modo generico, ma nelle loro linee essenziali, già al momento della sua adesione al sodalizio criminale.

I giudici hanno specificato che una generica rappresentazione della possibilità di commettere reati, tipica di chi entra in un’organizzazione criminale, non è sufficiente. Ritenere il contrario significherebbe creare un automatismo in cui tutti i reati commessi in ambito associativo sarebbero automaticamente considerati in continuazione, snaturando la funzione dell’istituto.

Inoltre, la Corte ha sottolineato come l’ordinanza impugnata avesse correttamente motivato sull’estemporaneità degli omicidi, sorti in un particolare periodo storico di scontro tra organizzazioni criminali, e non come parte di un piano originario. Il ricorso del condannato non è riuscito a scalfire questo punto cruciale della motivazione.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un principio fondamentale: non esiste alcuna presunzione di continuazione tra reati per chi fa parte di un’associazione mafiosa. Il beneficio sanzionatorio previsto dall’art. 81 c.p. richiede una prova rigorosa e puntuale di un’unica programmazione iniziale che abbracci tutti i delitti commessi. L’onere di fornire tale prova grava sull’istante, che deve allegare elementi idonei a dimostrare che la commissione dei reati-fine era già stata rappresentata e voluta, almeno nelle sue linee essenziali, fin dal momento dell’ingresso nel sodalizio. In assenza di tale prova, i reati restano distinti e soggetti a regimi sanzionatori autonomi.

È automatica la continuazione tra il reato di associazione mafiosa e i successivi reati-fine come gli omicidi?
No, la sentenza chiarisce che non esiste alcun automatismo. La continuazione deve essere provata dimostrando che i reati-fine erano stati specificamente programmati fin dal momento dell’adesione al sodalizio criminale, e non semplicemente previsti come una generica possibilità.

Cosa deve dimostrare un condannato per ottenere il beneficio della continuazione tra reato associativo e reati-fine?
Il condannato deve soddisfare un preciso onere di allegazione, fornendo elementi idonei a far ritenere che, già al momento dell’ingresso nell’associazione, vi fosse in lui la rappresentazione e la volizione di commettere proprio quei reati che ha poi realizzato, non solo reati generici della stessa tipologia.

La sola contemporaneità tra l’appartenenza al clan e la commissione degli omicidi è sufficiente per provare la continuazione?
No. La Corte ha ritenuto non dirimente la circostanza che la contestazione associativa coprisse il periodo degli omicidi. Ciò che conta è la prova di un’anticipata programmazione dei delitti al momento dell’affiliazione, prova che nel caso di specie è mancata, anche a causa della natura estemporanea degli omicidi, legati a una specifica ‘guerra di mafia’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati