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Continuazione tra reati: la Cassazione e il tempo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati commessi a oltre due anni di distanza. La Corte ha ribadito che un significativo lasso temporale tra i fatti crea una presunzione contro l’esistenza di un unico disegno criminoso, elemento essenziale per applicare l’istituto della continuazione tra reati. La decisione del giudice di merito, che aveva negato il beneficio per i reati distanti nel tempo, è stata quindi confermata.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: Quando il Tempo Spezza il Disegno Criminoso

L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un importante strumento di mitigazione della pena. Esso consente di considerare come un unico reato, punito con un trattamento sanzionatorio più favorevole, una serie di illeciti commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Ma cosa accade quando tra un reato e l’altro intercorre un lungo periodo di tempo? L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione VII Penale, n. 3829 del 2024, offre un chiaro orientamento su questo punto, stabilendo che la distanza temporale è un fattore decisivo per escludere l’unicità del piano criminale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un uomo avverso un’ordinanza del Tribunale di Benevento, emessa in funzione di giudice dell’esecuzione. L’interessato aveva richiesto il riconoscimento della continuazione per una serie di reati giudicati separatamente. Il Tribunale aveva accolto parzialmente l’istanza, unificando solo i reati commessi a pochi giorni di distanza (il 5 e il 7 febbraio 2009), ma rigettando la richiesta per gli altri illeciti, separati da un lasso temporale di oltre due anni. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il giudice di merito avesse errato nel considerare la sola distanza temporale come elemento sufficiente per negare l’esistenza di un unico disegno criminoso.

La Valutazione della Continuazione tra Reati

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione del concetto di ‘medesimo disegno criminoso’. Questo non è una semplice affinità tra i reati, ma richiede una programmazione unitaria e anticipata di tutte le condotte illecite. In sostanza, l’agente deve aver pianificato sin dall’inizio la serie di reati da compiere. La giurisprudenza consolidata ha individuato alcuni indicatori per accertare tale unicità, tra cui l’omogeneità delle condotte, la natura dei beni giuridici violati, le modalità di esecuzione e, appunto, la contiguità temporale e spaziale.

Il Principio Affermato dalla Cassazione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso ‘manifestamente infondato’, ha richiamato il suo orientamento costante. Secondo gli Ermellini, quando i reati sono commessi a notevole distanza temporale l’uno dall’altro, si presume che manchi un’unitaria e anticipata ideazione. In altre parole, è improbabile che la commissione di un fatto illecito, anni dopo il primo, fosse già stata specificamente progettata all’inizio. Questa presunzione non è assoluta, ma spetta al richiedente fornire la prova contraria, dimostrando che, nonostante il tempo trascorso, tutti i reati erano parte del piano originario.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ritenuto che il Tribunale di Benevento abbia applicato correttamente questi principi. Il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo della giurisprudenza, utilizzando la distanza temporale di oltre due anni come elemento decisivo per escludere l’unicità del disegno criminoso tra i vari gruppi di reati. Al contrario, ha correttamente riconosciuto la continuazione per i fatti ‘strettamente contigui’, commessi a soli due giorni di distanza, per i quali era invece plausibile un’unica pianificazione. La motivazione del Tribunale, pertanto, non era né mancante né illogica, ma perfettamente allineata ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità. Il ricorso, proponendo una tesi in ‘palese contrasto’ con tali principi, è stato quindi dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia di continuazione tra reati: il fattore tempo ha un peso determinante. Sebbene non sia l’unico elemento da considerare, una significativa distanza temporale tra le condotte crea una forte presunzione contro l’esistenza di un medesimo disegno criminoso. Per chi intende richiedere questo beneficio in sede esecutiva, è quindi cruciale non solo evidenziare le somiglianze tra i reati, ma anche fornire elementi concreti in grado di superare la presunzione di occasionalità che deriva dal lungo tempo trascorso, dimostrando che ogni azione era parte di un piano unitario e preordinato.

È sufficiente un lungo periodo di tempo tra due reati per escludere la continuazione?
Sì, secondo la Corte, un’importante distanza temporale (in questo caso, oltre due anni) fa presumere, salvo prova contraria, che non vi sia un’unica ideazione criminosa. Pertanto, può essere un elemento decisivo per escludere la continuazione.

Cosa si intende per ‘medesimo disegno criminoso’ ai fini della continuazione?
Si intende una programmazione unitaria e anticipata di più reati, ideata prima della commissione del primo fatto. La Corte sottolinea che non si può presumere che reati futuri, commessi a grande distanza di tempo, facessero parte del piano originario.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. Le argomentazioni del ricorrente erano in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia di continuazione e distanza temporale tra i reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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