Continuazione tra Reati: Quando il Tempo Spezza il Disegno Criminoso
La continuazione tra reati, disciplinata dall’articolo 81 del codice penale, è un istituto fondamentale che permette di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, quali sono i limiti per la sua applicazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 38588 del 2024, offre chiarimenti cruciali, sottolineando come un significativo intervallo di tempo tra i fatti possa essere decisivo per escluderla.
Il Caso in Esame: Detenzione di Stupefacenti e Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale di Bergamo, confermata dalla Corte d’Appello di Brescia, per il reato di detenzione illecita di un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti (oltre 600 grammi di cocaina e quasi 700 grammi di hashish). All’imputato erano state contestate anche la recidiva qualificata e le circostanze generiche, ritenute equivalenti.
La difesa ha proposto ricorso per cassazione basandosi su un unico motivo: la violazione dell’art. 81 c.p. e il vizio di motivazione. In sostanza, si chiedeva di riconoscere che il nuovo reato fosse stato commesso in continuazione tra reati con altri delitti per i quali l’imputato era stato precedentemente giudicato. L’accoglimento di tale richiesta avrebbe comportato un trattamento sanzionatorio più favorevole.
L’Analisi della Corte sulla Continuazione tra Reati
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando completamente la tesi difensiva. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali, in linea con un orientamento giurisprudenziale consolidato.
In primo luogo, i giudici hanno rilevato che il ricorso si limitava a riproporre la stessa doglianza già presentata in appello, senza un adeguato e necessario confronto con le motivazioni con cui la Corte territoriale l’aveva respinta. Questo approccio rende il ricorso generico e, quindi, inammissibile.
In secondo luogo, e questo è il cuore della decisione, la Cassazione ha avallato la valutazione della Corte d’Appello riguardo agli elementi necessari per configurare la continuazione tra reati.
Le motivazioni
La motivazione della Corte è netta: per poter applicare l’istituto della continuazione non basta la semplice ripetizione di reati della stessa specie. È indispensabile dimostrare l’esistenza di un ‘medesimo disegno criminoso’, ovvero un piano unitario e deliberato che precede l’esecuzione dei singoli reati e li lega come parti di un unico progetto.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva evidenziato un elemento fattuale di grande importanza: il decorso di quasi due anni tra i fatti precedentemente giudicati e quelli oggetto del nuovo processo. Questo considerevole lasso temporale, secondo i giudici, interrompe la presunzione di unicità del disegno criminoso. In assenza di specifiche allegazioni da parte della difesa che potessero dimostrare il contrario, cioè che nonostante il tempo trascorso i nuovi reati fossero comunque parte del piano originario, la richiesta di continuazione non poteva essere accolta.
La Cassazione ha ribadito che il fattore tempo, pur non essendo l’unico criterio, assume un peso rilevante nella valutazione. Un lungo intervallo rende meno probabile che i diversi episodi criminali siano frutto di una programmazione unitaria e iniziale.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale in materia di continuazione tra reati: l’onere di allegare, se non di provare, gli elementi indicativi di un medesimo disegno criminoso spetta a chi ne chiede l’applicazione. La sola natura identica dei reati commessi non è sufficiente, specialmente quando un lungo periodo di tempo li separa. La decisione sottolinea l’importanza di un’analisi fattuale rigorosa da parte dei giudici di merito e ammonisce le difese a non presentare ricorsi generici, che si limitano a ripetere le argomentazioni già respinte nei gradi precedenti. La conseguenza dell’inammissibilità è stata, come da prassi, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende.
Un lungo intervallo di tempo tra un reato e l’altro esclude automaticamente la continuazione?
Secondo la Corte, un notevole lasso temporale (in questo caso quasi due anni), in assenza di prove che dimostrino l’esistenza di un unico disegno criminoso, è un elemento decisivo per escludere la continuazione.
Cosa deve dimostrare l’imputato per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati?
L’imputato deve fornire ‘allegazioni indicative della medesima trama criminale’, cioè elementi concreti che dimostrino che i diversi reati sono stati commessi in esecuzione di un unico piano prestabilito, non essendo sufficiente la mera ripetizione di reati dello stesso tipo.
Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso (€3.000).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38588 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38588 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/01/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che il difensore di COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia, indicata in epigrafe, con la quale stata confermata quella del Tribunale di Bergamo di condanna del predetto per il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/1990 (detenzione illecita di gr. 608,62 circ cocaina e gr. 675,10 circa di hashish, in continuazione, con la recidiva qualificata e l generiche equivalenti (in Treviolo e Sedrina il 7/10/2022);
ritenuto che il ricorrente, con un unico motivo, ha dedotto inosservanza dell’art. 8 cpv., cod. pen. e vizio della motivazione sul punto, riproponendo una doglianza non preceduta dal previo, necessario confronto con i motivi della decisione (sul punto, Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono apOlicarsi anche al ricorso per cassazione), avèndo la Corte d’appellò dato risalto al decorso di quasi due anni tra la commissione dei fatti per cui è processo quelli precedentemente giudicati, in assenza di allegazioni indicative della medesima trama criminale (sul punto, tra I altre, sez. 1, n. 7381 del 12/11/2018, dep. 2019, Zuppone, Rv. 276387-01);
che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 18 settembre 2024