Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23552 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23552 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a POLISTENA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/10/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni della PG, dott.AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
• COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18 ottobre 2023, la Corte di appello di Bologna, quale giudice dell’esecuzione, ha rideterminato, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., la pena inflitta ad NOME COGNOME con tre diverse sentenze in complessivi nove anni e sei mesi di reclusione e 885 euro di multa.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione sul rilievo che la Corte di appello, dopo avere correttamente individuato il più grave tra i reati in quello di estorsione aggravata per il quale egli è stato condannato alla pena di cinque anni e sei mesi di reclusione e 575 euro di multa, ha applicato, per i reati accertati nell’ambito dei provvedimenti conclusisi con l’emissione delle due residue sentenze, aumenti sproporzionati alle cornici edittali ed alla concreta gravità delle condotte.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
COGNOME, nel contestare la legittimità dell’ordinanza impugnata, muove dalla considerazione, senz’altro condivisibile, della necessità che – una volta riconosciuta la continuazione in executivis ed individuato il reato di maggiore offensività, id est quello per il quale è stata irrogata la sanzione più severa – la determinazione degli aumenti per la continuazione deve rispondere a canoni di congruità logica e tenere conto, specificamente, della pena prevista per ciascuno di essi e di quella in concreto applicata, oltre che di eventuali riduzioni per la scelta del rito, onde pervenire ad un risultato complessivo esente da profili di manifesta illogicità e contraddittorietà.
Ora, l’ordinanza impugnata appare, ad onta di quanto obiettato dal ricorrente, rispettosa delle esigenze testé segnalate.
La Corte di appello, invero, ha applicato, sulla pena base di cinque anni e sei mesi di reclusione e 575 euro di multa, irrogata per il delitto di estorsione aggravata, un aumento di due anni e sei mesi di reclusione e 150 euro di multa per due fattispecie di bancarotta fraudolenta, che erano valse a COGNOME, in esito al
giudizio di cognizione, svoltosi con il rito ordinario, la pena complessiva di cinque anni e sei mesi di reclusione.
Ha, quindi, applicato un ulteriore aumento, nella misura di un anno e sei mesi di reclusione e 160 euro di multa, per un’ipotesi associativa, accompagnata da due bancarotte fraudolente, reati per i quali, in cognizione, egli aveva riportato la pena complessiva di tre anni e due mesi di reclusione, stabilita previa riduzione di un terzo, stante l’opzione per il patteggiamento, della pena di quattro anni e nove mesi di reclusione.
Il confronto tra le pene applicate nella fase di cognizione dei rispettivi procedimenti e gli incrementi fissati (in misura prossima alla metà) dal giudice dell’esecuzione a titolo di continuazione, accompagnato dalla considerazione degli effetti, in un caso, della scelta del rito speciale, rende evidente l’assenza, nella decisione impugnata, del vizio lamentato dal ricorrente, stante l’assoluta proporzionalità delle operazioni compiute; né, per altro verso, le conclusioni mutano se si ha riguardo al coefficiente di gravità delle singole condotte che, sul piano astratto, deve essere apprezzato in ragione del più severo trattamento della bancarotta fraudolenta, punita con la reclusione da tre a dieci anni, rispetto alla partecipazione ad associazione a delinquere, la cui sanzione, identica nel minimo, è, quanto al massimo edittale, inferiore.
Se a ciò si aggiunge che il ricorrente non spiega, in concreto, sotto quale aspetto le valutazioni compiute dalla Corte di appello si porrebbero in contraddizione con gli esiti dei giudizi di cognizione, deve stimarsi, conclusivamente, l’assenza dei dedotti profili di illegittimità nel provvedimento impugnato, che appare espressione del potere discrezionale riservato al giudice dell’esecuzione, che lo ha esercitato senza debordare dai limiti normativamente stabiliti.
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen..
P.Q.M.
o ur O COGNOME –, N COGNOME Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese W ‘ il ;,, COGNOME processuali. <t Così deciso il 05/04/2024.