Continuazione tra reati: quando la pena diventa ergastolo?
La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 1 Penale, n. 26022 del 2025, offre un importante chiarimento sui criteri di applicazione della continuazione tra reati e sugli effetti del cumulo di pene. In particolare, la Corte ha esaminato il caso di un condannato che, a fronte di due sentenze per omicidio, si era visto infliggere la pena dell’ergastolo e chiedeva di riconsiderare la sua posizione alla luce di un presunto unico disegno criminoso. Questa decisione aiuta a comprendere la differenza tra un contesto criminale condiviso e la specifica programmazione che la legge richiede per unificare più crimini sotto un’unica pena.
I Fatti del Caso
Il ricorrente era stato condannato per due omicidi, maturati a poche settimane di distanza l’uno dall’altro. In fase di esecuzione, la Procura Generale aveva emesso un ordine di carcerazione per la pena dell’ergastolo, risultato del cumulo delle pene. L’uomo si è rivolto al giudice dell’esecuzione, la Corte d’assise d’appello, chiedendo di rideterminare la pena in 30 anni di reclusione o, in alternativa, di applicare l’istituto della continuazione tra reati, sostenendo che entrambi gli omicidi, insieme ad altri reati, rientravano in un unico disegno criminoso legato a una faida tra organizzazioni mafiose rivali.
La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione
La Corte d’assise d’appello aveva respinto entrambe le istanze. Il condannato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando due aspetti principali:
1. Incompletezza della motivazione: a suo dire, il giudice dell’esecuzione aveva valutato l’unicità del disegno criminoso solo con riferimento ai due omicidi, ignorando gli altri reati menzionati nell’istanza.
2. Illogicità della motivazione: secondo il ricorrente, era illogico negare la continuazione, dato che i due omicidi erano chiaramente collegati dall’appartenenza alla stessa guerra di mafia che si combatteva in quel periodo nel suo territorio.
L’Analisi della Cassazione sulla continuazione tra reati
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo e confermando la decisione precedente. La motivazione della Cassazione si è concentrata su due punti fondamentali.
In primo luogo, ha chiarito la natura della pena dell’ergastolo nel caso di specie. La Corte ha spiegato che la trasformazione delle due precedenti condanne in una pena perpetua non è una scelta discrezionale del Pubblico Ministero, ma un effetto legale automatico previsto dall’articolo 73, comma 2, del Codice Penale. Questa norma stabilisce che quando si devono cumulare più condanne alla reclusione, la pena da applicare non può superare i trent’anni, ma se concorrono più pene per delitti che prevedono l’ergastolo, si applica quest’ultimo. In questo caso, la commutazione in ergastolo era una conseguenza diretta della legge, che il PM si è limitato a ‘dichiarare’ nell’ordine di esecuzione.
In secondo luogo, la Corte ha affrontato la questione della presunta illogicità nella valutazione del disegno criminoso. Ha ritenuto che la motivazione del giudice dell’esecuzione non fosse affatto illogica. Sebbene i due omicidi fossero avvenuti in un contesto comune (la faida mafiosa), ciò non implica automaticamente l’esistenza di un unico disegno criminoso. Il giudice di merito ha il compito di valutare se, al di là del contesto generale, i singoli delitti siano stati oggetto di una programmazione unitaria e deliberata sin dall’inizio, e la sua conclusione negativa è stata ritenuta immune da vizi logici.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte Suprema poggiano su una netta distinzione tra il ‘contesto’ in cui avvengono i reati e il ‘disegno criminoso’ che li lega. Una guerra di mafia può essere il teatro di numerosi delitti, ma ogni crimine può nascere da decisioni autonome e contingenti, non necessariamente da un piano originario e unitario. Per riconoscere la continuazione tra reati, è indispensabile provare che l’agente abbia pianificato fin dall’inizio la commissione di una serie di violazioni, come tappe di un unico progetto. L’onere di fornire tale prova spetta al condannato, e il semplice riferimento a una faida non è sufficiente. Inoltre, la sentenza ribadisce il principio dell’automatismo legale di alcune norme sul cumulo pene, che operano indipendentemente da valutazioni discrezionali.
Conclusioni
La sentenza in esame consolida un importante principio in materia di esecuzione penale e continuazione tra reati. Insegna che l’applicazione dell’istituto della continuazione richiede una prova rigorosa dell’unicità del disegno criminoso, che non può essere presunta dal solo contesto in cui i reati sono stati commessi. Inoltre, chiarisce che il cumulo di pene che porta all’ergastolo, in base all’art. 73 c.p., è un effetto giuridico cogente e non un atto discrezionale. Questa decisione rappresenta un monito sulla necessità di distinguere tra la cornice storica di un’attività criminale e la specifica programmazione dei singoli atti delittuosi ai fini del trattamento sanzionatorio.
Quando due condanne a 30 anni si trasformano in ergastolo?
Secondo la sentenza, basata sull’art. 73, comma 2, del Codice Penale, la commutazione in pena perpetua è un effetto legale automatico derivante dal cumulo di pene per reati gravissimi. Non si tratta di una scelta discrezionale, ma di una conseguenza obbligatoria che il pubblico ministero si limita a dichiarare nell’ordine di esecuzione.
Che cos’è il ‘disegno criminoso’ per ottenere la continuazione tra reati?
Il ‘disegno criminoso’ è un progetto unitario e preordinato che lega più reati. Per ottenere il beneficio della continuazione, non è sufficiente che i reati siano simili o commessi nello stesso contesto, ma è necessario dimostrare che siano stati concepiti fin dall’inizio come parte di un unico piano.
Un contesto comune, come una guerra di mafia, è sufficiente a dimostrare un unico disegno criminoso?
No. La sentenza chiarisce che un contesto generale, come una faida mafiosa, non è di per sé sufficiente a provare l’esistenza di un unico disegno criminoso. La valutazione spetta al giudice, il quale deve verificare se i singoli episodi delittuosi siano stati oggetto di una programmazione unitaria specifica, e una conclusione negativa in tal senso non è considerata illogica dalla Cassazione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26022 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26022 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
COGNOME ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 13/01/2025 della Corte d’assise d’appello di Catania lette le conclusioni del P.G., NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Con ordinanza del 13 gennaio 2025 la Corte di assise d’appello di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto le istanze del condannato NOME COGNOME di rideterminare in 30 anni di reclusione la pena in espiazione, indicata, invece, nell’ergastolo nel cumulo del 20 maggio 2024 della Procura generale di Catania, o di unire in continuazione le sentenze di condanna emesse nei suoi confronti.
Con il secondo motivo deduce che la risposta del giudice dell’esecuzione all’istanza di continuazione Ł incompleta, perchØ valuta soltanto la unicità del disegno criminoso tra i due omicidi per cui Ł stato condannato il ricorrente, ma l’istanza riguardava anche gli altri reati per cui lo stesso Ł stato condannato, ed Ł comunque illogica perchØ i due omicidi sono collegati dall’esser parte di una guerra di mafia tra Cosa Nostra e Stidda che si verificò in quegli anni a Gela.
Sent. n. sez. 1863/2025
CC – 28/05/2025
R.G.N. 10997/2025
Come Ł stato rilevato nella pronuncia COGNOME, la commutazione nella pena perpetua delle due precedenti condanne alla reclusione ad anni trenta Ł, pertanto, un effetto legale derivante da quanto previsto dall’art. 73, comma 2, cod. pen., che Ł soltanto «dichiarato» dal pubblico ministero nel momento in cui emette l’ordine di esecuzione.
Il ricorso deduce che la motivazione del rigetto Ł illogica, perchØ i due omicidi, maturati a poche settimane di distanza, avevano la medesima origine nella faida tra organizzazioni mafiose che si contendevano il territorio di Gela nel periodo in cui avvennero i reati.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Il Consigliere estensore COGNOME