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Continuazione tra reati: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza della Corte d’Appello che negava il riconoscimento della continuazione tra reati a causa dell’ampio arco temporale. La Suprema Corte ha stabilito che il giudice dell’esecuzione non può ignorare un precedente riconoscimento della continuazione operato in sede di cognizione per fatti analoghi, a meno di non fornire prove specifiche che giustifichino l’esclusione di un ulteriore reato dal medesimo disegno criminoso. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 28 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: quando il giudice dell’esecuzione è vincolato

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un principio fondamentale del nostro ordinamento penale, volto a mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più reati in esecuzione di un unico piano. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un importante principio procedurale, stabilendo i limiti del potere del giudice dell’esecuzione di fronte a un vincolo della continuazione già accertato in un precedente giudizio di cognizione. Analizziamo la vicenda.

I Fatti del Caso

Un soggetto condannato per diversi reati in materia di stupefacenti, commessi in un arco temporale esteso tra il 2014 e il 2021, presentava un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento della continuazione tra tutti gli episodi. L’obiettivo era unificare le pene sotto il vincolo del medesimo disegno criminoso.

La Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta. La motivazione principale si basava sull’eccessiva ampiezza del periodo di consumazione dei reati, ritenuta incompatibile con l’esistenza di un unico e preordinato disegno criminoso.

L’imputato proponeva quindi ricorso per Cassazione, sostenendo un vizio logico nella decisione. Egli evidenziava come una precedente sentenza, emessa in sede di cognizione, avesse già riconosciuto e riunito in continuazione altri episodi criminosi avvenuti nello stesso arco temporale (2014-2021). Appariva quindi illogico escludere da questo stesso beneficio un ulteriore episodio, accaduto nel 2020 e giudicato separatamente.

La Decisione della Cassazione sulla continuazione tra reati

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso alla Corte d’Appello per un nuovo esame. Il fulcro della decisione risiede nel principio secondo cui il giudice dell’esecuzione non può arbitrariamente ignorare un accertamento già compiuto in sede di cognizione.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha chiarito che il giudice dell’esecuzione, nel valutare una richiesta di applicazione della continuazione tra reati, subisce un ‘travisamento’ dei fatti se non considera adeguatamente un precedente riconoscimento dello stesso vincolo operato dal giudice della cognizione. Quest’ultimo, avendo analizzato nel merito i fatti, ha già delineato i contorni di un medesimo disegno criminoso.

Secondo la giurisprudenza costante citata dalla Corte, per poter escludere un ulteriore reato da questo disegno già accertato, il giudice dell’esecuzione deve fornire una motivazione rafforzata. Deve cioè dimostrare l’esistenza di ‘specifiche e significative circostanze’ che rendano ragionevole ritenere quel singolo fatto estraneo al piano criminoso unitario delineato in precedenza. Nel caso di specie, la Corte d’Appello si era limitata a richiamare l’ampiezza temporale, un elemento già implicitamente superato dalla precedente sentenza di cognizione che aveva unito fatti commessi nello stesso periodo.

Conclusioni

La sentenza riafferma un importante principio di coerenza e logicità nell’applicazione della legge penale. Il riconoscimento della continuazione tra reati in un processo di cognizione crea una sorta di ‘precedente qualificato’ che il giudice dell’esecuzione non può disattendere con motivazioni generiche. Per negare l’estensione del beneficio a un altro reato commesso in un periodo compatibile, è necessaria una prova contraria robusta e specifica. Questa decisione tutela il principio del favor rei e garantisce che la valutazione del disegno criminoso sia condotta in modo sistematico e non frammentario tra le diverse fasi del procedimento.

Perché la Corte d’Appello aveva inizialmente respinto la richiesta di continuazione?
La Corte d’Appello aveva respinto l’istanza ritenendo che l’arco temporale molto ampio di consumazione dei reati (dal 2014 al 2021) fosse incompatibile con l’esistenza di un medesimo disegno criminoso.

Può il giudice dell’esecuzione ignorare una continuazione già riconosciuta in un precedente processo?
No, secondo la Cassazione il giudice dell’esecuzione non può prescindere dal riconoscimento della continuazione già operato dal giudice della cognizione per fatti analoghi. Può escludere un ulteriore fatto solo dimostrando, con specifiche e significative circostanze, che esso non è riconducibile al disegno criminoso già delineato.

Qual è stato l’esito finale del ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza della Corte d’Appello e ha disposto il rinvio per un nuovo esame della richiesta, che dovrà tenere conto del principio di diritto affermato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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