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Continuazione tra reati: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per il riconoscimento della continuazione tra reati a causa della notevole distanza temporale (quasi quattro anni) e della diversità dei luoghi di commissione. Secondo la Corte, tali elementi contraddicono l’esistenza di un’unica volizione criminosa, requisito indispensabile per applicare l’istituto.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: quando la distanza temporale esclude il ‘disegno criminoso’

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del diritto penale, consentendo di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce che il riconoscimento di tale beneficio non è automatico e richiede una rigorosa verifica di specifici indicatori. La pronuncia in esame chiarisce come una notevole distanza temporale tra i fatti possa essere decisiva per escludere l’esistenza di una volizione unitaria.

I Fatti di Causa

Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte riguardava un ricorso presentato avverso un’ordinanza del Tribunale di Milano. Il ricorrente chiedeva che venisse riconosciuta la continuazione tra due reati commessi a distanza di quasi quattro anni l’uno dall’altro e in luoghi diversi. Il giudice dell’esecuzione aveva respinto la richiesta, ritenendo che mancassero i presupposti per considerare i due episodi criminosi come parte di un unico programma delittuoso.

La Valutazione della Corte sulla continuazione tra reati

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno confermato la linea interpretativa consolidata, richiamando una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 28659/2017). Secondo tale orientamento, per riconoscere la continuazione è necessaria un’approfondita verifica, sia nel processo di cognizione che in sede esecutiva, della sussistenza di concreti indicatori.

Gli Indicatori Chiave per il Riconoscimento

La Corte elenca i criteri da valutare per desumere l’esistenza di una volizione unitaria, tra cui:
* L’omogeneità delle violazioni e del bene protetto.
* La contiguità spazio-temporale.
* Le singole causali e le modalità della condotta.
* La sistematicità e le abitudini di vita programmate.

Il requisito fondamentale, tuttavia, è che al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali. Non è sufficiente la semplice presenza di alcuni di questi indici se i reati successivi appaiono frutto di una determinazione estemporanea.

Le Motivazioni

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la decisione del giudice dell’esecuzione fosse tutt’altro che illogica. La notevole distanza temporale tra i reati (quasi quattro anni) e la diversità dei luoghi di esecuzione sono stati considerati due indici potentemente negativi rispetto alla configurabilità di un’unica programmazione criminosa. Questi elementi, secondo la Corte, rendono plausibile la conclusione che il secondo reato non fosse stato pianificato al momento del primo, ma che sia nato da una decisione successiva e autonoma. La presenza di una così ampia cesura temporale interrompe la presunzione di un’unica regia criminale, facendo propendere per una volontà delittuosa rinnovatasi nel tempo.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma un principio cruciale: la continuazione tra reati non si presume, ma deve essere provata attraverso elementi concreti e univoci. Una significativa distanza di tempo e di luogo tra due illeciti penali costituisce un ostacolo quasi insormontabile al riconoscimento di un medesimo disegno criminoso. Questa decisione serve da monito sulla necessità di una valutazione attenta e rigorosa da parte dei giudici, che non possono concedere il beneficio della continuazione sulla base di mere somiglianze tra i reati, ma devono accertare l’esistenza di un progetto unitario concepito ab origine.

Quando si può riconoscere la continuazione tra reati?
Il riconoscimento della continuazione richiede una verifica approfondita di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni, la contiguità spazio-temporale, le modalità della condotta e, soprattutto, la prova che al momento del primo reato i successivi fossero già stati programmati almeno nelle loro linee essenziali.

La sola somiglianza tra i reati è sufficiente per applicare la continuazione?
No. La Corte chiarisce che la presenza di alcuni indicatori, come l’omogeneità delle condotte, non è sufficiente se i reati successivi risultano essere frutto di una determinazione estemporanea e non di un piano originario.

Perché in questo caso specifico è stata negata la continuazione tra reati?
È stata negata perché la notevole distanza temporale (quasi quattro anni) e la diversità dei luoghi di commissione sono stati considerati indici decisivi contro l’esistenza di una volizione unitaria. Questi elementi hanno reso non manifestamente illogica la conclusione del giudice secondo cui il secondo reato non poteva essere stato programmato al tempo del primo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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