Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34252 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Ord. Sez. 7   Num. 34252  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
SETTIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato in Tunisia il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 18/04/2025 della Corte d’appello di Torino dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo, con la quale la Corte di appello di Torino, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la sua istanza, intesa al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione a reati separatamente giudicati in sede di cognizione e, segnatamente, per reati di manipolazione del mercato e bancarotta, commessi il primo tra febbraio e maggio 2007 e il secondo tra novembre 2009 e aprile 2014;
letta la memoria, unitamente agli allegati, con la quale la difesa documenta che il condannato aveva svolto richiesta di essere ascoltato per l’udienza alla matricola del carcere e invoca l’annullamento con rinvio dell’ordinanza;
rilevato che il secondo motivo, logicamente preliminare – con il quale si eccepisce la nullità dell’ordinanza per mancata partecipazione del detenuto all’udienza, nonostante la sua richiesta – Ł manifestamente infondato, siccome denuncia un vizio che non risulta dagli atti del procedimento cui pure, per la natura processuale del vizio, il Collegio ha accesso (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220093 – 01); considerato, infatti, che – sebbene la difesa abbia documentato (in allegato alla memoria tempestivamente depositata) la richiesta che il detenuto aveva svolto all’Ufficio Matricola del carcere al fine di poter partecipare all’udienza – la nullità eventualmente verificatasi sarebbe “a regime intermedio” (Sez. 1, n. 363 del 27/10/2023, Citro, Rv. 285551), dunque sanata ove la stessa non sia stata eccepita in udienza;considerato che tale eccezione non risulta che sia stata formulata come si evince dalla sintesi contenuta nella premessa dell’ordinanza impugnata, non avversata dal ricorrente che ha, dunque, svolto con il ricorso un eccezione aspecifica, avendo omesso di allegare il verbale di udienza, non presente negli atti a disposizione del Collegio;
considerato, quanto al merito, che il ricorrente deduce che il giudice a quo avrebbe disatteso l’uniforme giurisprudenza di legittimità, richiamata nel ricorso, in materia di criteri identificativi dell’unicità di disegno criminoso, sicuramente ravvisabile, posta la sostanziale analogia del modus operandi seguito nella totalità delle fattispecie oggetto di condanna,
– Relatore –
Ord. n. sez. 13270/2025
CC – 25/09/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
perchØ la raccolta di denaro avveniva presso investitori diversi e dislocati sul territorio;
ribadito il principio secondo cui, il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074-01) e che l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonchØ la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sØ soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094-01);
ricordato ancora che il riscontro della serie di elementi rilevanti al fine di stabilire l’unicità di disegno criminoso – serie potenzialmente includente le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità delle azioni in rapporto alle abitudini di vita, e ogni altro aspetto in grado di riflettere l’unicità o pluralità delle originarie determinazioni – Ł rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamenti di fatto (Sez. 1, n. 354 del 28/01/1991, Livieri, Rv. 187740-01);
ritenuto che, nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo degli anzidetti principi e ha dato articolato conto della loro applicazione e ha rilevato che si trattava di fattispecie eterogenee, evidenziando in maniera esente da illogicità e incongruenze, quali elementi decisivi per escludere l’unicità di disegno criminoso, la distanza temporale tra i fatti, ciò a dimostrazione dell’insussistenza di un’unica, antecedente, risoluzione criminosa;
ritenuto che tale motivazione si appalesa perfettamente in linea con la giurisprudenza della Corte secondo cui il decorso del tempo costituisce elemento decisivo sul quale fondare la valutazione ai fini del riconoscimento delle condizioni previste dall’art. 81 cod. pen., atteso che, in assenza di altri elementi, quanto piø ampio Ł il lasso di tempo fra le violazioni, tanto piø deve ritenersi improbabile l’esistenza di una programmazione unitaria predeterminata almeno nelle linee fondamentali e che, pertanto, nel «caso di reati commessi adistanzatemporalel’uno dell’altro, si deve presumere, salvo prova contraria, che la commissione d’ulteriori fatti, anche analoghi per modalità e nomen juris , non poteva essere progettata specificamente al momento di commissione del fatto originario, e deve quindi negarsi la sussistenza dellacontinuazione» (Cass. Sez. 4, n. 34756 del 17/052012, Madonia, Rv. 253664; Sez. 1, 3747 del 16/01/2009, Gargiulo Rv. 242537);
rilevato che, inoltre, il Giudice dell’esecuzione ha correttamente valorizzato – in senso contrario alla sussistenza dell’unitaria e anticipata deliberazione – la diversità dei reati, dei luoghi di commissione, infine dei concorrenti;
rilevato che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 25/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME