Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22534 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22534 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI MAGGIO COGNOME nato a Gela 1’08/01/1984;
avverso la ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 06/03/2025;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
letta la memoria dell’avv. NOME COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta, in funzione di giudice dell’esecuzione, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento disposto da questa Corte con sentenza n.34731/2024 e per quanto di interesse in questa sede, ha respinto la domanda di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., presentata da NOME COGNOME rispetto ai reati di violazione della legge stupefacenti (per i quali egli era stato riconosciuto colpevole e condannato con le sentenze pronunciate il 7 ottobre 2008 ed il 30 marzo 2010 dalla Corte di appello di Caltanissetta) con quelli di associazione di stampo mafioso accertati con le medesime decisioni e con le sentenze emesse dallo stesso Giudice per le indagini preliminari il 18 maggio 2011 e 1’11 luglio 2014.
In particolare, il giudice dell’esecuzione ha osservato che la continuazione tra i reati in tema di stupefacenti e quelli di associazione di stampo mafioso ed estorsione (aggravata ai sensi dell’art. 7 1.203/91) era stata esclusa dal giudice della cognizione e che ostava al riconoscimento della sussistenza di un unico disegno criminoso tra le differenti violazioni della legge stupefacenti (accertate con le due sentenze della Corte di appello di Caltanissetta) la distanza temporale intercorrente tra di esse.
Avverso la sopra indicata ordinanza NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pe insistendo per il suo annullamento.
2.1. Con il primo motivo il condannato lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., la violazione degli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1, lett. a), del codice di rito poiché il giudice che ha emesso l’ordinanza impugnata si era già pronunciato (con provvedimento del 3 aprile 2017) su analoga richiesta del Di Maggio rigettandola, di talché egli avrebbe dovuto senz’altro astenersi nel rispetto di quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n.183 del 2013.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 81 cod. pen., 671 e 125,
comma 3, del codice di rito ed il vizio di motivazione con riferimento al rigetto della sua richiesta, basato essenzialmente sull’arco temporale intercorso tra i reati in tema di stupefacenti.
L’avv. NOME COGNOME ha depositato tempestiva memoria di replica rispetto alle conclusioni della Procura generale, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere respinto per le ragioni di seguito illustrate.
Il primo motivo è infondato poiché, nel caso in esame, non vi era obbligo di astensione da parte del giudice che ha emesso l’ordinanza qui impugnata non trattandosi della stessa persona fisica che aveva pronunciato il provvedimento oggetto dell’annullamento con rinvio disposto da questa Corte con sentenza n.34731/2024; pertanto, il caso in esame non rientra nella ipotesi oggetto della sentenza n.183/2013 della Corte costituzionale.
Quanto al secondo motivo deve, anzitutto, ricordarsi che la consolidata giurisprudenza di legittimità, con specifico riferimento al vincolo della continuazione invocato dal ricorrente, ha individuato gli elementi da cui desumere l’ideazione unitaria da parte del singolo agente di una pluralità di condotte illecite, affermando che le violazioni dedotte ai fini dell’applicazione della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso, che deve essere deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di reati, già concepiti nelle loro caratteristiche essenziali (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, COGNOME, Rv. 266413; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, Daniele, Rv. 255156-; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098).
3.1. L’unicità del programma criminoso, a sua volta, non deve essere assimilata a una concezione esistenziale fondata sulla serialità delle attività illecite del condannato, perché in tal caso «la reiterazione della condotta criminosa è espressione di un programma di vita improntato al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere,
secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istitu
(Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, della continuazione, preordinato al
favor rei»
COGNOME, Rv. 252950).
3.2. La verifica di tale preordinazione criminosa, inoltre, non può esse compiuta dall’autorità giudiziaria sulla base di indici di natura meramen
presuntiva ovvero di congetture processuali, essendo necessario, di volta in volt dimostrare che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo della continuazione si
stati concepiti ed eseguiti nell’ambito di un programma criminoso che, almeno nelle sue linee fondamentali, risulti unitario e imponga l’applicazione de
disciplina prevista dall’art. 671 cod. proc. pen., che può essere applic indifferentemente, sia per tutti i reati presupposti sia per una parte limit
essi (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, COGNOME, Rv. 267596; Sez. 1, n. 35639 de
02/07/2013, COGNOME, Rv. 256307; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv.
245833).
Ciò posto si rileva che il provvedimento impugnato sfugge a censura, nella parte in cui – senza incorrere in evidenti vizi logici – ha dato rilievo all temporale intercorso tra la commissione dei vari reati in materia di stupefacen e, comunque, alla mancata allegazione di specifici elementi a conferma della unicità del disegno criminoso che sarebbe alla base di dette violazioni di legge
Pertanto, il condannato pur lamentando la violazione di legge ed il vizio d motivazione vorrebbe pervenire ad una non consentita lettura alternativa degli elementi processuali, rispetto a quella coerentemente svolta dal giudic dell’esecuzione.
Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento dell spese processuali a norma dell’art. 616 del codice di rito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso in Roma, il 23 maggio 2025.