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Continuazione tra reati: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava l’applicazione della continuazione tra reati. Il giudice di merito aveva erroneamente valutato una richiesta di unificazione per tre gruppi distinti di reati come se fosse un’unica richiesta, rigettandola a causa dell’ampio arco temporale complessivo. La Suprema Corte ha stabilito che la motivazione era viziata perché non rispondeva alla specifica domanda posta, che riguardava appunto tre unificazioni separate e non una singola. La sentenza chiarisce l’obbligo per il giudice di analizzare puntualmente il contenuto dell’istanza.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: come va valutata una richiesta per gruppi

L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un cardine del nostro sistema sanzionatorio, consentendo di unificare sotto un unico ‘disegno criminoso’ più violazioni della legge penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 16456/2025) offre un importante chiarimento su come il giudice dell’esecuzione debba valutare le istanze che propongono l’applicazione di questo istituto non a un’unica sequenza di illeciti, ma a gruppi distinti di essi.

Il Caso in Esame

Un soggetto condannato per ripetute violazioni degli obblighi derivanti dalla sorveglianza speciale, commesse in tre diversi anni (2017, 2018 e 2021), presentava un’istanza al Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione. La richiesta non mirava a unificare tutti i reati commessi nell’intero arco temporale, ma a ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati per tre distinti gruppi di sentenze, corrispondenti ai tre anni in cui erano stati commessi gli illeciti. L’obiettivo era, quindi, ottenere tre separate rideterminazioni della pena, una per ciascun gruppo.

La Decisione del Tribunale e i Motivi del Ricorso

Il Tribunale di Marsala rigettava la richiesta. La sua motivazione si basava sull’eccessiva ampiezza dell’arco temporale che separava le prime condotte (2017) dalle ultime (2021). In sostanza, il giudice trattava l’istanza come se fosse stata finalizzata a dimostrare un unico disegno criminoso per tutti i reati, concludendo che la distanza temporale ne impedisse il riconoscimento.

Contro questa decisione, l’interessato proponeva ricorso per cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge e un vizio di motivazione. Sottolineava come il Tribunale avesse travisato il contenuto della sua richiesta, che era palesemente strutturata per gruppi, e non avesse quindi fornito una risposta pertinente alla questione sollevata.

La Valutazione della Cassazione sulla continuazione tra reati

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, annullando l’ordinanza e rinviando gli atti al Tribunale di Marsala per un nuovo esame. Il punto centrale della decisione della Cassazione è la ‘decentratura’ della motivazione del giudice di merito rispetto alla domanda effettivamente proposta.

Pur avendo correttamente descritto l’istanza nella parte iniziale del provvedimento, il Tribunale l’ha poi valutata in modo errato, come se si trattasse di ‘una filiera unitaria’. Di conseguenza, la ragione del rigetto – l’ampio lasso temporale complessivo – non era pertinente, poiché non affrontava la questione specifica del riconoscimento della continuazione all’interno di ciascuno dei tre gruppi di reati, che erano temporalmente più circoscritti.

Le Motivazioni

La motivazione del giudice dell’esecuzione, secondo la Cassazione, risulta mancante quando non fornisce una risposta alla specifica questione proposta dall’interessato. In questo caso, il Tribunale avrebbe dovuto analizzare separatamente i tre gruppi di reati per verificare se, all’interno di ciascun gruppo, sussistessero i presupposti per la continuazione. Invece, ha fondato il proprio rigetto su un presupposto errato, ignorando la struttura stessa dell’istanza. La Corte ha anche colto l’occasione per ribadire un principio importante: il riconoscimento della continuazione tra un gruppo di reati non si estende automaticamente ad altri reati collegati solo occasionalmente a uno dei gruppi. Questo conferma la piena legittimità di una richiesta articolata ‘per gruppi’.

Le Conclusioni

Questa sentenza stabilisce un principio procedurale di fondamentale importanza: il giudice dell’esecuzione ha il dovere di esaminare l’istanza del condannato per quello che essa effettivamente chiede. Non è possibile rigettare una domanda travisandone il contenuto o rispondendo a una questione diversa da quella posta. La decisione di chiedere la continuazione tra reati per gruppi separati è una strategia processuale pienamente legittima, e il giudice deve fornire una motivazione puntuale e specifica per ciascun gruppo, senza poter fondare un rigetto generalizzato su elementi, come l’arco temporale complessivo, che potrebbero non essere pertinenti per le singole unificazioni richieste.

È possibile chiedere l’applicazione della continuazione per gruppi separati di reati nella stessa istanza?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che si tratta di una modalità di ricostruzione dell’illecito pienamente consentita. Il giudice deve valutare ogni gruppo singolarmente.

Cosa accade se il giudice dell’esecuzione ignora la specifica articolazione della richiesta?
Il provvedimento del giudice è viziato per mancanza di motivazione, poiché la decisione risulta ‘decentrata’ rispetto alla domanda. Di conseguenza, può essere annullato dalla Corte di Cassazione con rinvio per un nuovo esame.

Un ampio arco temporale tra il primo e l’ultimo reato di una serie impedisce sempre il riconoscimento della continuazione?
Non necessariamente, specialmente se la richiesta è strutturata per gruppi. In tal caso, il giudice deve valutare l’omogeneità e la prossimità temporale all’interno di ciascun gruppo, e non l’arco temporale complessivo che intercorre tra il primo reato del primo gruppo e l’ultimo reato dell’ultimo gruppo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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