LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Continuazione tra reati: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19731/2024, ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva l’applicazione della continuazione tra reati per una serie di condanne accumulate nel tempo. I giudici hanno chiarito che né la necessità di sopravvivere né la semplice ripetizione di illeciti sono sufficienti a dimostrare un ‘medesimo disegno criminoso’, elemento essenziale per la concessione del beneficio. La notevole distanza temporale e la diversa natura dei crimini sono stati considerati indici contrari all’esistenza di una programmazione unitaria, confermando così la decisione del giudice dell’esecuzione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: quando la necessità non giustifica il ‘disegno unico’

La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: la continuazione tra reati. Con la sentenza in esame, i giudici hanno ribadito i rigorosi criteri per l’applicazione di questo istituto, chiarendo che la mera necessità economica o una generica scelta di vita illegale non sono sufficienti a configurare quel ‘medesimo disegno criminoso’ richiesto dalla legge. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo condannato con sei diverse sentenze per una serie di reati commessi in un arco temporale che va dal 1996 al 2003. I crimini erano di varia natura, spaziando da falsità in atti a reati contro il patrimonio (come tentata rapina e ricettazione) fino a violazioni della legge sugli stupefacenti e resistenza a pubblico ufficiale.

In sede di esecuzione, il condannato ha presentato un’istanza al Tribunale di Torino per chiedere il riconoscimento della continuazione tra reati, sostenendo che tutte le sue azioni delittuose fossero legate da un unico filo conduttore: la necessità di sostentarsi economicamente, trovandosi in una condizione di irregolarità sul territorio nazionale. Il giudice dell’esecuzione, tuttavia, ha respinto la richiesta, ritenendo che mancassero gli elementi per una programmazione unitaria. Secondo il giudice, i reati erano stati commessi a notevole distanza di tempo, erano di diversa natura e rappresentavano piuttosto scelte estemporanee dettate dalle circostanze del momento. Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte sulla continuazione tra reati

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando pienamente la decisione del giudice dell’esecuzione. I giudici di legittimità hanno smontato la tesi difensiva, secondo cui la costanza temporale nel commettere reati per sopravvivere potesse essere considerata prova di un disegno criminoso unitario. La Corte ha ribadito che la continuazione tra reati richiede una prova ben più stringente, basata su indicatori concreti e non su generiche motivazioni.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione fondamentale tra un ‘disegno criminoso’ e una ‘tendenza a delinquere’ o una ‘scelta di vita’. La Cassazione, richiamando anche una precedente pronuncia delle Sezioni Unite (sent. n. 28659/2017), ha sottolineato che per aversi continuazione è necessario che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali.

I criteri da valutare sono molteplici e vanno analizzati nel loro complesso:

* Omogeneità delle violazioni: Nel caso di specie, i reati erano eterogenei (falso, rapina, spaccio, ecc.), un fattore che indebolisce l’ipotesi di un piano unitario.
* Contiguità spazio-temporale: Le condotte erano state commesse a distanza di anni l’una dall’altra, un lasso di tempo considerato troppo ampio per essere ricondotto a una singola programmazione iniziale.
* Modalità della condotta e sistematicità: Non è emersa una particolare coerenza nelle modalità esecutive che potesse far pensare a un ‘marchio di fabbrica’ dell’autore.

La Corte ha specificato che il ‘medesimo disegno criminoso’ è molto più di una semplice volontà di procurarsi denaro per vivere. Esso rappresenta un ‘movente-scopo’ che unifica più azioni in una programmazione deliberata, non una generica tendenza a risolvere i problemi esistenziali commettendo reati quando se ne presenta l’occasione. Anche l’argomento relativo all’unificazione di due reati simili (artt. 483 e 477/482 cod. pen.) è stato respinto, poiché tra i due fatti era intercorso quasi un anno e sette mesi, una distanza temporale che il giudice ha logicamente ritenuto indice dell’assenza di un piano comune.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un importante monito: per ottenere il beneficio della continuazione tra reati, non basta addurre motivazioni generiche come lo stato di bisogno o la condizione di irregolarità. È indispensabile fornire al giudice dell’esecuzione elementi concreti e specifici che dimostrino l’esistenza di un’unica programmazione criminosa, preesistente alla commissione del primo reato. La distanza temporale, la diversità della natura dei reati e la mancanza di un modus operandi coerente sono forti indicatori che giocano a sfavore del riconoscimento di questo istituto. La decisione riafferma un principio di rigore, volto a evitare che una scelta di vita basata sull’illegalità possa essere confusa con un singolo, pianificato progetto criminale, con conseguenze significative sul trattamento sanzionatorio finale.

Commettere reati per necessità economica è sufficiente per ottenere la continuazione tra reati?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la mera volontà di trarre denaro da condotte illecite per sopravvivere non è assimilabile a un ‘medesimo disegno criminoso’. Quest’ultimo richiede una programmazione unitaria e specifica dei reati, non una generica tendenza a delinquere dettata dal bisogno.

La distanza temporale tra i crimini influisce sul riconoscimento della continuazione?
Sì, una notevole distanza temporale tra i reati è un elemento cruciale. Nel caso esaminato, il lasso di tempo di anni tra un crimine e l’altro è stato considerato un forte indice dell’inesistenza di una programmazione unitaria e, quindi, un ostacolo al riconoscimento della continuazione.

Quali sono i principali indicatori per dimostrare l’esistenza di un disegno criminoso unico?
Per riconoscere la continuazione, il giudice deve verificare la presenza di concreti indicatori, tra cui: l’omogeneità delle violazioni e del bene giuridico protetto, la contiguità nello spazio e nel tempo, le specifiche modalità della condotta, la sistematicità e il fatto che, al momento di commettere il primo reato, i successivi fossero già stati programmati almeno nelle loro linee essenziali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati