Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18503 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18503 Anno 2024
Presidente: FIORDALISI DOMENICO
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MARCIANISE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo, con la quale la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la sua istanza, intesa al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione a reat separatamente giudicati in sede di cognizione e, nell’unico motivo deduce che il giudice a quo avrebbe disatteso l’uniforme giurisprudenza di legittimità in materia di criteri identificativi dell’unicità di disegno criminoso, certament sussistente attesa la sicura natura di reati-fine di quelli giudicati con la sentenz sub 2) rispetto al sodalizio finalizzato al traffico di stupefacenti giudicato con sentenza sub 1);
ribadito il principio secondo cui, il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074) e che l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonché la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sé soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un’ deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094);
ricordato ancora che il riscontro della serie di elementi rilevanti al fine stabilire l’unicità di disegno criminoso – serie potenzialmente includente le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità delle azioni i rapporto alle abitudini di vita, e ogni altro aspetto in grado di riflettere l’unic pluralità delle originarie determinazioni – è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamenti di fatto (Sez. 1, n. 354 del 28/01/1991, Livieri, Rv. 187740);
richiamato, con specifico riferimento alla continuazione tra reato associativo e reati fine, il principio secondo cui essa sussiste esclusivamente qualora questi ultimi siano stati programmati nelle loro linee essenziali sin dal momento della costituzione del sodalizio criminoso (fra molte, Sez. 1 n.23818 del 22/06/2020, Toscano, Rv. 279430);
ritenuto che, nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo degli anzidetti principi e ha dato argomentato conto della loro
applicazione al caso concreto, evidenziando, in maniera esente da illogicità e incongruenze, gli elementi decisivi per escludere l’unicità di disegno criminoso, ossia la eterogeneità dei fatti e la distanza temporale tra gli stessi, facend implicito richiamo alla natura estemporanea delle rispettive deliberazioni criminose, a dimostrazione dell’inesistenza di un’unica, antecedente, risoluzione criminosa;
considerato che – a fronte di tale congrua e logica motivazione – la difesa si è limitata a invocare l’erroneità della decisione del giudice dell’esecuzione che ha avversato con argomentazioni a-specifiche, inconferenti e, comunque, non autosufficienti, quali l’avvenuto riconoscimento del vincolo della continuazione da parte di altro Giudice dell’esecuzione nei confronti di un coimputato (provvedimento che non è stato allegato al ricorso);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 1 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente