Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8086 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8086 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASERTA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/01/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
e
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 19 gennaio 2023 la Corte di appello di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto la richiesta formulata da NOME COGNOME di riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con cinque sentenze (tre delle quali relative a reati già ritenuti in continuazione tra loro), costituiti dalla violazione dell’art. 6, comma 6, legge n. 401/1989 commessa in varie epoche, tra l’agosto 2008 e il 29/04/2012.
Secondo la Corte di appello la mera identità della violazione, relativa alla stessa norma incriminatrice, non è sufficiente per ritenere provata l’unicità di disegno criminoso, essendo le violazioni intervenute a distanza di mesi e talvolta di anni l’una dall’altra, in un arco temporale protrattosi dal 2008 al 2012, così ampio da non poter risultare indicativo di tale medesinnezza. L’istante non ha allegato alcun concreto e specifico elemento per dimostrare che i vari reati, nonostante la loro distanza temporale, siano stati programmati sin dall’inizio, quanto meno nelle loro linee essenziali, e il concetto di medesimo disegno criminoso non deve confondersi con il generico proposito di vivere commettendo reati.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME , per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo con il quale deduce la violazione degli artt. 606, comma 1, lett. b), cod.proc.pen., 671 cod.proc.pen. e 81, comma 2, cod.pen.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito quali sono gli indici rivelatori dell’identità di disegno criminoso, e ha precisato che essa può essere ritenuta dimostrata anche solo attraverso la constatazione di alcuni di essi. L’ordinanza impugnata ha escluso la continuazione a causa del lungo arco temporale in cui i reati, identici nelle modalità, sono stati commessi, ma tale arco temporale deriva dalla lunga durata del provvedimento del AVV_NOTAIO, che il ricorrente ha sistematicamente violato, dimostrando così, per tutta la sua durata, di non volervi ottemperare. Egli non ha commesso i reati che chiede di ritenere uniti in continuazione a distanza di quattro anni l’uno dall’altro, ma li ha commessi nell’arco temporale di cinque anni: il concetto di contiguità temporale non può essere interpretato in senso strettamente letterale, ma deve essere considerato con «elasticità interpretativa». Inoltre l’ordinanza impugnata nulla ha detto in ordine alla sussistenza degli altri elementi indicativi della sussistenza del medesimo disegno criminoso, evidenziati nell’istanza, omettendo così di valutare l’oggettiva omogeneità delle violazioni e la stessa modalità esecutiva.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, e deve essere accolto.
Il giudice dell’esecuzione non ha tenuto conto del fatto che i reati più lontani nel tempo, cioè quelli commessi negli anni 2008 e 2009, sono stati già ritenuti uniti in continuazione con quelli commessi nel 2012, con l’ordinanza emessa in data 02 maggio 2018 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, e che quelli di cui si chiede la riunione, commessi nel 2010 e nel 2011, sono ricompresi nell’arco temporale in ordine al quale tale giudice ha già ritenuto sussistente l’unicità di disegno criminoso.
Il provvedimento impugnato non spiega per quale motivo si ritenga che quegli specifici reati sono stati commessi con una diversa programmazione, benché si collochino, temporalmente, all’interno di un periodo durante il quale sono stati commessi reati aventi un’identica natura e una identica modalità attuativa, legati tra loro da un disegno criminoso unitario risalente al 2008 e protrattosi sino al 2012. La motivazione che esclude l’unicità del disegno criminoso per l’eccessiva distanza temporale tra i vari reati risulta, perciò, contraddittoria con la precedente decisione di un diverso giudice dell’esecuzione, ed erronea perché non valorizza il fatto che le violazioni commesse nel 2010 sono distanti un anno da quelle commesse nel 2009 e già ritenute in continuazione con le violazioni commesse nel 2012, e che il reato commesso nel 2011 risulta distante solo sei mesi dalla prima di queste ultime.
Deve applicarsi, anche nel presente caso, il principio dettato con riferimento ad un previo riconoscimento della continuazione da parte del giudice della cognizione, secondo cui «Il giudice dell’esecuzione, investito di una richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. per il riconoscimento del vincolo della continuazione, pur godendo di piena libertà di giudizio, non può trascurare la valutazione già compiuta in sede cognitoria ai fini della ritenuta sussistenza di detto vincolo tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto della domanda sottoposta al suo esame; di conseguenza, qualora non ritenga di accogliere tale domanda anche solo con riguardo ad alcuni reati, maturati in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, è tenuto a motivare la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel suo
procedimento» (Sez. 1, n.54106 del 24/03/2017, Rv.271903; analogamente Sez. 1, n. 11240 del 06/12/2000, dep. 2001, Rv. 218523).
L’ordinanza impugnata non ha fatto corretta applicazione di tale principio, in quanto ha omesso del tutto di argomentare le ragioni della sua diversa valutazione rispetto a quella di un altro giudice dell’esecuzione, e ha omesso di motivare sul perché abbia ritenuto che i reati giudicati con le sentenze emesse il 13 maggio 2013 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e il 06 maggio 2021 dalla Corte di appello di Napoli, benché commessi ad una non rilevante distanza di tempo rispetto alle altre condotte già ritenute legate da un unico disegno criminoso, siano estranee a tale disegno.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, accolto, e l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli per un nuovo giudizio, da svolgersi con piena libertà valutativa, ma nel rispetto del principio sopra puntualizzato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli.
Così deciso il 13 ottobre 2023
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Il Consigliere estensore
Il Presidente