LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Continuazione tra reati: la Cassazione chiarisce

Un soggetto, condannato per lo stesso reato commesso ripetutamente tra il 2008 e il 2012, ha richiesto il riconoscimento della continuazione tra reati. La Corte d’Appello aveva respinto la richiesta a causa del lungo arco temporale. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, ritenendola contraddittoria e carente di motivazione, poiché un precedente giudice aveva già riconosciuto un unico disegno criminoso per reati commessi nello stesso periodo. La Cassazione ha sottolineato che il giudice dell’esecuzione deve motivare adeguatamente perché si discosta da una precedente valutazione positiva sulla continuazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: anche a distanza di anni? La Cassazione detta i principi

La valutazione sulla continuazione tra reati rappresenta un momento cruciale nella fase esecutiva della pena. Ma cosa accade quando i reati sono stati commessi a distanza di anni e, soprattutto, quando un giudice si è già espresso in merito? Con la sentenza n. 8086/2024, la Corte di Cassazione torna sul tema, offrendo chiarimenti fondamentali sull’obbligo di motivazione del giudice e sul peso delle decisioni precedenti.

Il caso: violazioni ripetute e la richiesta di continuazione

Il caso esaminato riguarda un individuo condannato con cinque diverse sentenze per aver violato ripetutamente la stessa norma penale in un arco temporale esteso, dall’agosto 2008 all’aprile 2012. L’interessato, tramite il suo legale, si è rivolto al giudice dell’esecuzione per chiedere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra tutti i reati giudicati, sostenendo che fossero tutti parte di un medesimo disegno criminoso.

La decisione della Corte d’Appello: il tempo come ostacolo

La Corte d’Appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto la richiesta. Secondo i giudici di merito, la mera identità della norma violata non era sufficiente a provare l’unicità del disegno criminoso. L’ampio arco temporale in cui i reati erano stati commessi, con distanze di mesi e talvolta anni tra una condotta e l’altra, è stato considerato un fattore ostativo, indicativo di propositi criminali distinti e non di un unico piano iniziale.

L’analisi sulla continuazione tra reati secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del condannato, annullando l’ordinanza della Corte d’Appello. La motivazione dei giudici di legittimità si fonda su un vizio logico e giuridico fondamentale nel ragionamento del giudice dell’esecuzione. L’elemento chiave, trascurato dalla Corte d’Appello, era l’esistenza di una precedente ordinanza, emessa nel 2018 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che aveva già riconosciuto la continuazione tra reati commessi nel 2008, 2009 e 2012. I reati per i quali si chiedeva la nuova valutazione (commessi nel 2010 e 2011) si inserivano perfettamente all’interno di questo arco temporale già ‘unificato’.

L’obbligo di motivazione rafforzata

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il giudice dell’esecuzione, pur avendo piena libertà di giudizio, non può ignorare le valutazioni già compiute in precedenza. Se intende discostarsi da una precedente decisione che ha riconosciuto l’esistenza di un unico disegno criminoso in un determinato lasso di tempo, ha l’onere di fornire una motivazione rafforzata. Deve spiegare, in modo logico e coerente, le ragioni per cui i nuovi reati, pur collocandosi temporalmente all’interno di quel periodo e presentando le stesse modalità esecutive, dovrebbero essere considerati estranei a quel medesimo piano criminale.

L’irrilevanza della mera distanza temporale

La sentenza critica l’approccio della Corte d’Appello che ha dato peso esclusivo alla distanza temporale. Questo fattore, sebbene rilevante, non può essere l’unico criterio. Va valutato insieme ad altri indici, come l’omogeneità delle violazioni e l’identità delle modalità esecutive, elementi che nel caso di specie erano pacifici. La sistematicità con cui l’imputato ha violato un provvedimento di lunga durata è stata interpretata dal ricorrente, e avallata dalla Cassazione, come un indicatore della volontà di non ottemperarvi per tutta la sua estensione, rafforzando l’idea di un piano unitario.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione di annullamento evidenziando la contraddittorietà e l’erroneità del provvedimento impugnato. La Corte d’Appello ha omesso di considerare che i reati più lontani nel tempo (2008 e 2009) erano già stati uniti in continuazione con quelli del 2012 da un altro giudice. Di conseguenza, il suo ragionamento sull’eccessiva distanza temporale risultava illogico, non spiegando perché i reati intermedi (2010 e 2011) dovessero essere esclusi da questo disegno criminoso unitario già accertato. Il giudice dell’esecuzione ha quindi violato il principio secondo cui deve motivare puntualmente la sua decisione di disattendere una precedente valutazione, soprattutto quando i fatti si inseriscono in un contesto di prossimità temporale e medesimezza spaziale già esaminato.

Le conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato l’ordinanza e ha rinviato il caso ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Napoli per un nuovo giudizio. Il nuovo giudice dovrà riesaminare la richiesta rispettando il principio enunciato: dovrà tenere in debita considerazione la precedente decisione che ha riconosciuto la continuazione e, qualora intendesse nuovamente rigettare la domanda, dovrà fornire una motivazione solida e non contraddittoria che spieghi perché i reati in esame siano estranei al disegno criminoso già ritenuto sussistente per lo stesso periodo.

Un lungo periodo di tempo tra un reato e l’altro esclude automaticamente la ‘continuazione tra reati’?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il lungo arco temporale non è di per sé sufficiente a escludere l’unicità del disegno criminoso. Deve essere valutato insieme ad altri elementi, come l’identità della norma violata e delle modalità esecutive. Inoltre, va considerato nel contesto specifico, come la violazione di un provvedimento di lunga durata.

Cosa deve fare un giudice dell’esecuzione se una precedente sentenza ha già riconosciuto la continuazione per reati commessi nello stesso arco temporale?
Il giudice dell’esecuzione, pur avendo piena libertà di giudizio, non può ignorare la precedente valutazione. Se intende discostarsene e negare la continuazione per reati che si collocano nello stesso periodo, è tenuto a fornire una motivazione specifica e rafforzata che spieghi le ragioni di tale diversa conclusione.

Qual è stata la conseguenza della decisione della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza della Corte d’Appello che negava la continuazione. Ha rinviato il caso a un’altra sezione della stessa Corte d’Appello per un nuovo giudizio, che dovrà essere condotto nel rispetto dei principi di diritto stabiliti dalla Cassazione, in particolare l’obbligo di motivare adeguatamente un’eventuale decisione contraria a quella già presa da un altro giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati