Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5199 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5199  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
ORDINANZA •
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo con la quale la Corte d’appello di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza intesa al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati separatamente giudicati in sede di cognizione e, nell’unico motivo, deduce che il giudice a quo avrebbe disatteso le indicazioni della giurisprudenza di legittimità in materia di criteri identificativi dell’unicità di disegno criminoso, attestato dall identità di indole dei reati posti in essere e della qualità di uomo di spicco dell’associazione criminale oggetto di investigazione da tempo precedente alla formale contestazione della costituzione della stessa;
ritenuto che il ricorso risulta manifestamente infondato, in quanto generico e non correlato con la motivazione posta a fondamento del provvedimento di diniego;
ribadito, COGNOME invero, COGNOME il COGNOME principio secondo cui, COGNOME il COGNOME riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074-01) e che l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonché la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sé soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni volit risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094-01). Da quest’ultima non si può infatti prescindere, giacché la ratio della disciplina va ravvisata, con riferimento all’aspetto intellettivo, nella iniziale previsione della ricorrenza di più azioni criminose rispondenti a determinate finalità dell’agente e, in relazione al profilo della volontà, nell’elaborazione di un programma di massima, ancorché richiedente, di volta in volta, in sede attuativa, ulteriori specifiche volizioni (Sez. 1, n. 34502 del 02/07/2015, Bordoni, Rv. 264294-01);
rilevato che il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo di detti principi e – diversamente da quanto affermato dal ricorrente – non ha fondato il diniego del beneficio sulla mancata contestazione della fattispecie associativa in entrambi i giudizi, bensì ha posto in risalto che è di ostacolo a una decisione favorevole l’intervallo temporale in cui si collocano le condotte (la seconda riguardante il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 commesso dal 2016 e
di ipotesi di cessione illecita di stupefacenti coeve, la prima concernente invece il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90, commesso precedentemente (di ben due anni) all’accertata operatività del ricorrente nel sodalizio, argomentando – con motivazione non manifestamente illogica – l’assenza di elementi obiettivi, rinvenibili dalle motivazioni delle sentenze di condanna ovvero allegati dalla difesa, sulla scorta dei quali inferire l’unitaria anticipata deliberazione;
ritenuto dunque che, a cospetto di tali argomentazioni lociiche e plausibili, con cui il ricorrente non si confronta in modo adeguatamente specifico, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che a detta declaratoria segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila; 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 novembre 2023