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Continuazione tra reati: la Cassazione chiarisce

Un uomo, già condannato con più sentenze, ha richiesto il riconoscimento della continuazione tra reati per unificare le pene. La Corte d’Appello ha negato l’unificazione per l’ultimo reato, ritenendolo autonomo. La Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che la diversità delle vittime è irrilevante se lo schema criminale è identico. Il giudice deve valutare l’analogia delle condotte e l’unicità del disegno criminoso, non potendo ignorare elementi comuni.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: L’Importanza dello Schema Operativo

L’istituto della continuazione tra reati, disciplinato dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta un principio di civiltà giuridica volto a mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più violazioni della legge in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 422/2024, è intervenuta per chiarire i criteri che il giudice dell’esecuzione deve seguire nel valutare tale vincolo, sottolineando l’importanza dell’analisi dello schema operativo e l’irrilevanza della diversità delle vittime.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato con sei diverse sentenze definitive per reati quali truffa, insolvenza fraudolenta e ricettazione, presentava un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento della continuazione tra tutti i reati. In precedenza, i giudici avevano già unificato alcuni di questi reati, riconoscendo un legame tra quelli giudicati con le sentenze n. 1, n. 4 e n. 5. Tuttavia, la Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta di estendere la continuazione anche ai reati di cui alle sentenze n. 2, n. 3 e, soprattutto, n. 6. Quest’ultima, in particolare, riguardava fatti di distrazione di beni aziendali successivi al fallimento di una società, ritenuti dalla Corte territorialmente e logicamente distinti dagli altri.

La Decisione della Cassazione sulla continuazione tra reati

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Egli sosteneva che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente considerato elementi cruciali come: l’identità dello schema operativo, la commissione dei reati in un medesimo contesto spazio-temporale, il concorso delle stesse persone e l’utilizzo di schermi societari simili. Inoltre, veniva evidenziato come per un coimputato fosse già stata riconosciuta la continuazione per i medesimi reati.

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. La Cassazione ha censurato la decisione del giudice dell’esecuzione per la sua motivazione carente e illogica, specialmente nel punto in cui aveva escluso la continuazione per il reato della sentenza n. 6.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha ribadito alcuni principi fondamentali in materia di continuazione tra reati. In primo luogo, ha affermato che la diversità delle vittime è un elemento irrilevante per escludere l’esistenza di un medesimo disegno criminoso. Il progetto criminale, infatti, attiene esclusivamente alla sfera volitiva del colpevole e non a quella delle persone offese. Il fatto che i reati fossero stati commessi ai danni di società o persone fisiche diverse non è, di per sé, un ostacolo al riconoscimento della continuazione.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato come il giudice dell’esecuzione abbia completamente trascurato di valutare l’analogia delle condotte. I reati già unificati e quello della sentenza n. 6, sebbene diversi nella qualificazione giuridica, presentavano caratteristiche comuni di natura “appropriativa e distrattiva”. Tutti erano finalizzati a depauperare patrimoni altrui attraverso schemi predatori basati sull’inganno e sull’accaparramento di beni. Questa identità dello schema operativo, attuato dal ricorrente e dal suo correo, doveva essere attentamente valutata e non poteva essere liquidata come irrilevante.

Infine, la sentenza ricorda che il giudice dell’esecuzione, pur avendo libertà di valutazione, non può prescindere da una precedente decisione che ha già riconosciuto un vincolo di continuazione tra alcuni reati, se non fornendo una motivazione specifica e rafforzata che spieghi perché i nuovi fatti non possano essere ricondotti al medesimo disegno già delineato.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rafforza l’importanza di un’analisi sostanziale e non meramente formale nella valutazione della continuazione tra reati. Il giudice deve andare oltre la qualificazione giuridica dei singoli episodi e la diversità delle vittime, per concentrarsi sull’unicità del piano criminale che li lega. La coerenza del modus operandi, l’identità dei complici e le analogie nelle condotte sono indicatori cruciali che non possono essere ignorati. La decisione della Cassazione impone, quindi, al giudice del rinvio di procedere a un nuovo e più approfondito esame, colmando le lacune motivazionali e valutando se le condotte predatorie, seppur rivolte a soggetti diversi, non siano in realtà espressione di un’unica strategia criminale.

La diversità delle persone offese impedisce il riconoscimento della continuazione tra reati?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la diversità delle vittime non costituisce un elemento valido per escludere la sussistenza del medesimo disegno criminoso, poiché il progetto criminale attiene solo alla persona del colpevole e non alle vittime.

Cosa deve valutare il giudice per riconoscere la continuazione tra reati?
Il giudice deve valutare l’analogia delle condotte (ad esempio, se hanno entrambe caratteristiche predatorie e distrattive), l’identità dello schema operativo attuato, il medesimo contesto spaziale e temporale e il concorso delle stesse persone, senza fermarsi alla diversa qualificazione giuridica dei reati.

Un giudice può ignorare una precedente decisione che ha già riconosciuto la continuazione per alcuni reati?
No, il giudice dell’esecuzione non può trascurare una precedente decisione che ha già accertato un vincolo di continuazione. Può discostarsene solo fornendo una motivazione specifica e rafforzata che dimostri perché i nuovi fatti non possono essere ricondotti al disegno criminoso già delineato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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