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Continuazione tra reati: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per il riconoscimento della continuazione tra reati, anche ‘per gruppi’. La sentenza sottolinea che, per ottenere il beneficio, l’imputato deve allegare elementi specifici e concreti che dimostrino un unico disegno criminoso iniziale, non essendo sufficienti indizi generici come la vicinanza temporale o lo stato di tossicodipendenza.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: la Cassazione stabilisce i limiti

La continuazione tra reati è un istituto giuridico fondamentale che consente di unificare sotto un’unica pena più reati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 29623/2025) ha ribadito la necessità di una prova rigorosa e di allegazioni specifiche da parte del richiedente, dichiarando inammissibile un ricorso che si basava su elementi generici.

I fatti alla base della decisione

Il caso riguarda un individuo che, tramite il proprio difensore, ha presentato ricorso in Cassazione contro la decisione del Giudice dell’esecuzione. Quest’ultimo aveva negato il riconoscimento della continuazione tra diverse sentenze di condanna per reati di furto e furto in abitazione. La richiesta mirava a unificare tutte le condanne o, in subordine, a riconoscere la continuazione ‘per gruppi’ di reati commessi in periodi di tempo ravvicinati.

Il Giudice dell’esecuzione aveva motivato il diniego evidenziando la notevole distanza temporale tra i vari illeciti (da due mesi a un anno e otto mesi), la diversità dei luoghi di commissione e della refurtiva. Aveva inoltre ritenuto non provato che lo stato di tossicodipendenza, addotto dalla difesa come elemento unificante, fosse la causa diretta dei reati, qualificando le condotte come frutto di decisioni occasionali ed estemporanee.

La richiesta di continuazione tra reati ‘per gruppi’

Un punto centrale del ricorso era la richiesta di applicare la continuazione tra reati almeno a specifici gruppi di sentenze, quelle relative a fatti temporalmente più vicini. Il ricorrente lamentava che il giudice avesse eluso l’obbligo di motivazione su questo punto, fornendo una risposta apparente e illogica.

La difesa sosteneva che, anche in presenza di un ampio arco temporale complessivo, il giudice avrebbe dovuto analizzare se, all’interno di tale periodo, esistessero singoli gruppi di reati legati da un unico disegno criminoso, valutando elementi come il modus operandi, i luoghi e il bene giuridico offeso.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno confermato la correttezza della decisione del Giudice dell’esecuzione, facendo buon governo dei principi consolidati in materia.

Le motivazioni della Cassazione: l’onere della prova

La Corte ha ribadito che il riconoscimento della continuazione tra reati richiede una verifica approfondita e rigorosa. Non è sufficiente dimostrare l’omogeneità delle violazioni, la contiguità spazio-temporale o la natura del bene protetto. Questi sono solo indici rivelatori, ma non provano di per sé che i reati successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, già al momento della commissione del primo.

Il punto cruciale della motivazione riguarda la richiesta ‘per gruppi’. La Cassazione ha chiarito che, sebbene il giudice abbia l’onere di esaminare anche una simile istanza subordinata, è necessario che sia il richiedente a fornire gli elementi specifici a supporto. L’interessato deve ‘enucleare’ i gruppi di reati e ‘addurre gli indici rivelatori’ della corrispondente continuazione parziale. Nel caso di specie, il ricorrente non aveva indicato alcun elemento specifico – diverso dallo stato di tossicodipendenza, già correttamente escluso – per dimostrare l’unitarietà del disegno criminoso tra i reati temporalmente vicini. La sua istanza, e di conseguenza il ricorso, sono stati ritenuti troppo generici.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

Questa sentenza offre importanti indicazioni pratiche. Chi intende chiedere il beneficio della continuazione, specialmente in sede esecutiva, non può limitarsi a presentare un’istanza generica. È indispensabile:
1. Analizzare nel dettaglio tutte le condanne e individuare possibili collegamenti.
2. Allegare prove concrete e specifiche che dimostrino l’esistenza di un unico disegno criminoso deliberato prima del primo reato.
3. In caso di richiesta ‘per gruppi’, identificare chiaramente quali reati si intende unificare e per quale specifica ragione, fornendo indizi concreti (es. stesso modus operandi, stessa tipologia di obiettivo, etc.) che vadano oltre la mera vicinanza temporale.

In assenza di tali allegazioni specifiche, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Cosa è necessario dimostrare per ottenere la continuazione tra reati?
È necessario fornire una prova rigorosa che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, come parte di un unico disegno criminoso. Indici come la vicinanza temporale o l’omogeneità dei reati sono solo elementi di valutazione, ma non sufficienti da soli.

Lo stato di tossicodipendenza può essere considerato un elemento unificante per la continuazione?
No, secondo la sentenza, lo stato di tossicodipendenza non può essere considerato un elemento unificante se non viene provato con riferimento specifico all’epoca dei reati. In questo caso, è stato ritenuto un fattore che spinge a condotte occasionali ed estemporanee, piuttosto che a un piano criminoso unitario.

Cosa deve fare chi chiede la continuazione ‘per gruppi’ di reati?
La persona che avanza tale richiesta deve specificamente indicare quali gruppi di reati intende unificare e deve allegare gli indici concreti e rivelatori che dimostrino l’esistenza di un medesimo disegno criminoso per ciascun gruppo. Non è sufficiente una richiesta generica basata solo sulla prossimità temporale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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