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Continuazione tra reati: la Cassazione annulla la pena

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per uno dei due ricorrenti, a causa di gravi vizi di motivazione riguardanti il calcolo della pena in caso di continuazione tra reati e la confisca di denaro. L’impugnazione del secondo ricorrente è stata invece dichiarata inammissibile. La pronuncia sottolinea l’obbligo per i giudici di dettagliare il percorso sanzionatorio e di giustificare adeguatamente le misure patrimoniali.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati e Confisca: La Cassazione Chiarisce i Criteri di Motivazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11084 del 2024, è intervenuta su un caso di reati in materia di stupefacenti, offrendo importanti chiarimenti sui criteri di calcolo della pena in caso di continuazione tra reati e sulla necessità di una motivazione rigorosa per la confisca dei beni. La decisione ha portato all’annullamento parziale di una sentenza di condanna, evidenziando come la precisione e la trasparenza del ragionamento del giudice siano garanzie fondamentali del giusto processo.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dai ricorsi presentati da due individui condannati dalla Corte di Appello per diversi delitti legati agli stupefacenti.
Il primo ricorrente lamentava due vizi principali della sentenza impugnata:
1. L’illegittima confisca di una somma di denaro, sostenendo che fosse frutto dell’attività commerciale dei suoi familiari e che fosse stata sequestrata molto tempo dopo i fatti contestati.
2. Un errore nel calcolo della pena, poiché i giudici, pur riconoscendo la continuazione tra reati con una precedente condanna, avevano omesso di indicare il reato più grave e i singoli aumenti di pena per i reati satellite.

Il secondo ricorrente, invece, contestava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, che erano state invece concesse al coimputato, nonostante a suo dire avesse tenuto una condotta collaborativa e avesse completato con successo un percorso di disintossicazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto integralmente il ricorso del primo imputato, annullando la sentenza nei suoi confronti limitatamente al trattamento sanzionatorio e alla confisca. Ha invece dichiarato inammissibile il ricorso del secondo imputato, condannandolo al pagamento delle spese processuali. Questa duplice decisione mette in luce la differenza tra motivi di ricorso fondati su vizi procedurali concreti e motivi basati su una generica critica alle valutazioni discrezionali del giudice di merito.

Le Motivazioni: Errori sulla Continuazione tra Reati e sulla Confisca

La Cassazione ha individuato due carenze fondamentali nella sentenza d’appello che hanno portato al suo annullamento parziale.

In primo luogo, riguardo alla confisca del denaro, i giudici di merito avevano disposto la misura senza specificare l’entità, il luogo o la data del rinvenimento e, soprattutto, senza fornire alcuna motivazione sulla riconducibilità di quelle somme all’attività di spaccio. La Corte ha ribadito che la confisca del profitto del reato richiede una giustificazione precisa e puntuale che dimostri il nesso di derivazione causale diretta e immediata tra il bene e l’illecito. In assenza di tale motivazione, la misura ablativa diventa illegittima.

In secondo luogo, e con particolare rilievo, la Corte ha censurato il modo in cui era stata applicata la continuazione tra reati. I giudici d’appello avevano unificato i reati del presente giudizio con quelli di una precedente sentenza irrevocabile, ma non avevano esplicitato il percorso logico-giuridico seguito. Richiamando un’importante pronuncia delle Sezioni Unite, la Cassazione ha sottolineato che il giudice deve sempre indicare chiaramente:
* Il reato considerato più grave, che funge da base per il calcolo.
* La pena base inflitta per tale reato.
* Gli specifici aumenti di pena applicati per ciascun reato “satellite”.

Questa trasparenza è essenziale per permettere il controllo sul rispetto della legge, sulla definitività delle pene già inflitte e sulla ragionevolezza delle valutazioni del giudice.

L’Inammissibilità del Ricorso per Genericità

Diametralmente opposto è stato l’esito per il secondo ricorrente. La sua doglianza sulla mancata concessione delle attenuanti generiche è stata ritenuta inammissibile perché generica. La Corte ha spiegato che la decisione sulle attenuanti è un potere ampiamente discrezionale del giudice di merito, il quale può basare la sua scelta anche su un solo elemento ritenuto prevalente (in questo caso, i precedenti dell’imputato). La mera critica a questa scelta o il confronto con la posizione di un coimputato non costituiscono motivi validi per un ricorso in Cassazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza in esame rappresenta un monito fondamentale per i giudici di merito sull’importanza della motivazione. In particolare, stabilisce due principi cardine. Primo, ogni misura che incide sul patrimonio dell’imputato, come la confisca, deve essere supportata da una giustificazione solida e verificabile. Secondo, nel determinare la pena attraverso l’istituto della continuazione tra reati, il giudice non può limitarsi a un calcolo complessivo, ma deve rendere trasparente ogni passaggio della sua valutazione. Queste garanzie non sono meri formalismi, ma costituiscono l’essenza del diritto di difesa e del controllo di legalità sulle decisioni giudiziarie.

Quando un giudice applica la continuazione tra reati, cosa deve specificare nella sentenza?
Il giudice deve indicare esplicitamente sia la pena irrogata per i fatti già decisi con sentenza irrevocabile, sia quella per i reati sottoposti al suo giudizio. Deve inoltre specificare il reato più grave che costituisce la base del calcolo e i singoli aumenti di pena per ciascun reato satellite, al fine di garantire il controllo sulla correttezza del procedimento sanzionatorio.

Perché la confisca del denaro è stata annullata in questo caso?
La confisca è stata annullata perché le sentenze di merito non avevano fornito alcuna motivazione sulla riconducibilità del denaro all’attività di spaccio. Avevano omesso di indicare l’entità, il luogo e la data del rinvenimento, e non avevano risposto alle argomentazioni della difesa secondo cui le somme appartenevano ai familiari del ricorrente, titolari di un’attività commerciale.

È possibile ottenere le attenuanti generiche semplicemente perché sono state concesse a un coimputato?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che la valutazione per la concessione delle attenuanti generiche è un potere discrezionale del giudice e deve essere basata sugli elementi specifici della posizione del singolo imputato (art. 133 c.p.). La comparazione con la posizione di altri imputati non è un elemento rilevante ai fini della decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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