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Continuazione tra reati: la Cassazione annulla di nuovo

La Corte di Cassazione ha annullato per la terza volta un’ordinanza del Tribunale di Roma che negava il riconoscimento della continuazione tra reati a un condannato. La Suprema Corte ha censurato la decisione del giudice dell’esecuzione per aver ignorato, senza adeguata motivazione, le valutazioni già compiute in sede di cognizione che riconoscevano un vincolo tra alcuni dei delitti. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che dovrà attenersi ai principi di diritto stabiliti.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: La Cassazione Annulla per la Terza Volta la Decisione del Giudice dell’Esecuzione

L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 81 del codice penale, è uno strumento fondamentale per garantire una pena proporzionata a chi commette più violazioni della legge in esecuzione di un unico piano criminale. Con la sentenza n. 7876 del 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta per la terza volta nello stesso procedimento, annullando la decisione del giudice dell’esecuzione che aveva negato questo beneficio. La pronuncia ribadisce un principio cruciale: il giudice della fase esecutiva non può ignorare le valutazioni già fatte in sede di merito senza una motivazione solida e ben argomentata.

I Fatti del Caso: Una Lunga Battaglia Giudiziaria

Il caso riguarda un condannato che aveva chiesto al Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, di riconoscere il vincolo della continuazione tra sette diverse sentenze definitive. I reati contestati includevano truffa, falso, ricettazione e partecipazione a un’associazione per delinquere.

Il Tribunale aveva rigettato l’istanza. Questa decisione, tuttavia, era già stata annullata per ben due volte dalla Corte di Cassazione, la quale aveva rinviato il caso allo stesso Tribunale per un nuovo esame. Nonostante i chiari principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte, il giudice del rinvio aveva nuovamente respinto la richiesta del condannato, motivando che i vari reati di truffa non potevano essere considerati ‘reati-satellite’ dell’associazione criminale e che si trattava di vicende del tutto avulse da quel contesto.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Continuazione tra Reati

Di fronte al terzo ricorso, la Corte di Cassazione ha nuovamente annullato l’ordinanza impugnata. La Suprema Corte ha stabilito che il giudice del rinvio non si è attenuto al mandato ricevuto, disattendendo il principio di diritto secondo cui, pur godendo di piena libertà di giudizio, il giudice dell’esecuzione non può trascurare la valutazione già compiuta in sede di cognizione.

In sostanza, il Tribunale avrebbe dovuto motivare in modo specifico e dettagliato le ragioni per cui riteneva di discostarsi dalla valutazione del giudice del merito (il Tribunale di Locri), il quale aveva già riconosciuto un vincolo di continuazione tra il reato associativo e altri delitti di truffa, falso e ricettazione commessi in un arco temporale e in un contesto parzialmente coincidenti.

Le Motivazioni: Il Principio di Diritto Ignorato

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella censura della motivazione fornita dal giudice dell’esecuzione. Quest’ultimo si era limitato ad affermazioni generiche e assertive, definendo i reati ‘palesemente estranei’ all’attività del sodalizio criminale, senza però ancorare questa conclusione a dati obiettivi e specifici emergenti dalle sentenze.

La Suprema Corte ricorda che l’accertamento della continuazione tra reati si basa su una ricostruzione induttiva ex post di una volontà criminosa unitaria. Per fare ciò, la giurisprudenza ha individuato una serie di indicatori sintomatici:

* L’omogeneità delle violazioni e del bene protetto.
* La contiguità spaziale e temporale dei fatti.
* Le modalità della condotta.
* La sistematicità e le abitudini programmate di vita.

Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha ignorato questi elementi, limitandosi a una valutazione superficiale e reiterando argomenti già ritenuti insufficienti nelle precedenti sentenze di annullamento. La motivazione è stata giudicata ‘meramente assertiva’ e, quindi, apparente, rendendo necessario un nuovo annullamento con rinvio.

Le Conclusioni: L’Obbligo di Motivazione Rafforzata

La sentenza n. 7876/2024 è un importante monito per i giudici dell’esecuzione, in particolare quando operano come giudici di rinvio. La decisione di discostarsi da una valutazione già compiuta nel processo di merito richiede un onere motivazionale ‘rafforzato’. Non è sufficiente esprimere un convincimento diverso, ma è necessario spiegare analiticamente, sulla base delle risultanze processuali, perché la precedente valutazione sia errata.

Questa pronuncia riafferma la necessità di un dialogo coerente tra la fase di cognizione e quella di esecuzione, garantendo che le decisioni siano fondate su un’analisi completa e rigorosa di tutti gli elementi disponibili. Il caso è stato quindi nuovamente rinviato al Tribunale di Roma, che dovrà procedere a un nuovo giudizio, questa volta in diversa composizione, attenendosi scrupolosamente ai principi dettati dalla Corte di Cassazione.

Può il giudice dell’esecuzione ignorare una valutazione sulla continuazione già fatta nel processo di cognizione?
No, non può trascurarla. Se intende discostarsene, deve fornire una motivazione specifica e basata su elementi fattuali e giuridici concreti che emergono dagli atti, spiegando perché la valutazione precedente non è condivisibile.

Cosa significa che una motivazione è ‘meramente assertiva’?
Significa che la motivazione si limita ad affermare una conclusione (es. ‘i reati sono estranei’) senza spiegarne le ragioni, senza analizzare i fatti e senza basarsi su dati obiettivi e concreti ricavati dalle sentenze e dagli atti processuali. È una motivazione apparente e, quindi, illegittima.

Quali sono gli indicatori di un ‘medesimo disegno criminoso’?
La sentenza richiama la giurisprudenza che elenca vari indicatori, tra cui: l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità di tempo e luogo, le modalità della condotta, la sistematicità, le abitudini di vita e il fatto che i reati successivi fossero già programmati, almeno nelle loro linee essenziali, al momento della commissione del primo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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