Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 35592 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 35592 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
Af. avverso la sentenza del 12/11/2024 della CORT)APPELLO di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5, e 611, comma 1 bis, e segg. cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale cittadino con cui I’ll gennaio 2024 NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati condannati per una serie di furti, anche tentati (COGNOME), variamente aggravati, nonché (COGNOME) per la ricettazione di un telefonino.
Avverso la predetta sentenza hanno presentato ricorso per Cassazione, con atti distinti, entrambi gli imputati.
2.1 COGNOME deduce, in primo luogo, violazione di legge e vizio di motivazione (art.606, lett. b ed e, cod. proc. pen.) contestando la sussistenza della volontà di querela – ritenuta in sentenza – in capo alla persona offesa di uno dei furti attribuitigli; in secondo luogo, lamenta tutti i vizi motivazionali in relazione a diniego di applicazione della continuazione tra i fatti odiernamente ascrittigli e due precedenti episodi delittuosi, già oggetto di precedenti condanne.
2.2 COGNOME, denunciando vizi motivazionali, si duole del mancato inquadramento nell’ipotesi lieve della ricettazione del telefonino, per il valore modesto del terminale, come riconosciuto dalla stessa Corte, e per la contraddizione motivazionale tra la valorizzazione dei precedenti quale ragione ostativa al più favorevole inquadramento, da un lato, e la esclusione della recidiva, dall’altro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato da COGNOME merita accoglimento in relazione al secondo motivo addotto, con inammissibilità del primo, manifestamente infondato.
Il ricorso presentato da COGNOME è inammissibile per manifesta infondatezza dell’unico motivo.
Il primo motivo del ricorso di COGNOME pretende da questa Corte una valutazione (sulla effettività della volontà di presentare querela da parte di una delle persone offese dei molteplici reati commessi dall’imputato) che non può essere operata dalla Corte di legittimità. Infatti, quello indicato è un giudizio sul significato della manifestazione di volontà, e pertanto un giudizio sul fatto, come tale sottratto al sindacato della Corte di Cassazione se fondato su una motivazione non manifestamente illogica né contraddittoria.
Nel caso concreto, non sono affatto illogiche le argomentazioni poste dalla Corte d’appello a sostegno della propria conclusione, poiché l’uso di espressioni come l’intenzione di adire le vie legali, unitamente alla richiesta di informazione nell’eventualità di richiesta di archiviazione, congiuntamente ed indubitabilmente testimoniano della volontà della persona offesa che si addivenga ad un processo e che l’imputato del reato che lo ha danneggiato sia assicurato alla giustizia. In tal senso, è corretta la citazione di giurisprudenza menzionata nella sentenza (pg. 3, Sez. 5, n. 2665, del 12 dicembre 2021, dep. 2022, Pmt c. Baia, Rv. 282648 – 01) ed in particolare la valorizzazione del favor querelae quale parametro affidato al giudice come guida an incerto.
Concludendo sul punto, la prospettazione difensiva è manifestamente infondata e condanna il ricorso, in parte qua, all’inammissibilità.
3. Fondato è invece il secondo motivo.
COGNOME, con l’atto di appello, aveva chiesto (terzo motivo) il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti contestati nel presente giudizio e quelli oggetto di due sentenze pronunciate rispettivamente dal giudice per le indagini preliminari e dal giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Palermo il 14 Novembre 2023 (la prima) e 1 Febbraio 2024 (la seconda) per reati di rapina e porto ingiustificato di strumenti offensivi, commessi in un arco temporale di circa tre settimane a cavallo tra il 2022 ed il 2023.
Pur evidenziando vicinanza temporale tra le condotte oggetto dell’appello e quelle delle due citate sentenze, la Corte d’appello ha respinto la richiesta unificazione quoad poenam, non rinvenendo -si legge nella motivazione, pg. 6 alcun elemento da cui dedursi la prova dell’esistenza di un unico disegno criminoso sin da prima che ne venisse iniziata la realizzazione, apparendo le condotte frutto di uno stile di vita improntato alla commissione di delitti al fine di garantirsi proprio sostentamento o per sopperire alle esigenze legate allo stato di dipendenza da sostanze tossiche.
La motivazione posta a base del diniego è manifestamente illogica e come tale censurabile in base al disposto dell’art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen., correttamente dedotto dalla difesa nel secondo motivo di ricorso.
L’illogicità della decisione risulta manifesta (ictu ocu/i) e deriva dalla disparità di trattamento riservata alle condotte oggetto del presente giudizio, rispetto a quelle oggetto delle due ulteriori pronunce allegate in fase d’appello.
Le condotte oggetto del presente giudizio sono state unificate fin dal primo grado, “in ragione della evidente unicità del disegno criminoso originario, almeno nelle sue linee fondamentali” (pg. 27, sentenza di primo grado). Si tratta di otto furti aggravati commessi in due ben distinte fasi, la prima (5 furti, in concorso con il COGNOME) nella finestra di un mese e mezzo tra il 1 febbraio ed il 15 marzo 2021, e la seconda, a distanza di oltre un anno e mezzo, in concorso con ignoti, nell’arco di due settimane tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023.
Poiché i due episodi aliunde giudicati, sono, per epoca di commissione, esattamente sovrapponibili ai reati ascritti al COGNOME ai capi 6, 7 e 8 del presente giudizio, la Corte, per non cadere nell’illogicità, avrebbe dovuto indicare l’elemento differenziante (distinguishing) che impedisca l’unificazione rispetto a questi ultimi, pur consentendo l’applicazione della continuazione con condotte
significativamente anteriori (oltre un anno e mezzo prima), giudicate all’interno dello stesso procedimento.
Su questo aspetto, è necessaria una nuova riflessione da parte di altra Sezione della Corte d’appello di Palermo, cui il procedimento va rinviato a seguito dell’annullamento parziale della sentenza, pur dichiarandosi inammissibile nel resto il ricorso di COGNOME e definitiva l’affermazione di responsabilità (art. 624 comma 2, cod. proc. pen.).
4. Il ricorso di COGNOME è inammissibile, in quanto basato su un unico motivo manifestamente infondato, oltre che ripetitivo, e quindi, inevitabilmente viziato da genericità per aspecificità, essendosi limitando a ribadire in questa sede le stesse argomentazioni formulate nell’appello in ordine alla richiesta qualificazione del fatto in termini di ipotesi minor di ricettazione.
Tuttavia, la Corte d’appello ha adeguatamente evidenziato (pg. 2), con opportuna e corretta citazione di giurisprudenza, come l’esiguità del valore della res ricettata sia solo uno dei parametri da prendere in considerazione, che ben può essere recessivo rispetto ad ulteriori criteri che il giudice nella sua valutazione discrezionale – insindacabile in questa sede se si rifletta in una motivazione non manifestamente illogica e non contraddittoria – ritenga di dover valorizzare. Nel caso concreto, l’entità del danno arrecato alla persona offesa e la presenza di numerosi precedenti penali, anche specifici e sintomatici della tendenza a delinquere, sono stati ritenuti, con valutazione per nulla illogica, preclusivi della riqualificazione invocata.
Alla luce di ciò, il ricorso di COGNOME è inammissibile, con conseguente condanna dell’imputato al pagamento delle spese di giudizio nonché, a favore della cassa delle ammende, della sanzione pecuniaria di euro 3000,00, avendo dato causa all’inammissibilità.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al mancato riconoscimento della continuazione tra i reati ascrittigli ed i reati separatamente giudicati indicati in ricorso, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Palermo.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso ed irrevocabile l’affermazione di responsabilità.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 18 settembre 2025 Il Consi liere reIatore COGNOME
Il Presi ente