Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2167 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2167 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Cosenza il 30/03/1964;
avverso la ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, dell’08/10/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto la richiesta, avanzata nell’interesse di NOME COGNOME diretta alli applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. tra i reati (omicidi) per i quali egli è stato riconosciuto colpevole con la sentenza della Corte di appello di Catanzaro, sezione minorenni, pronunciata il giorno 28 giugno 1999 (irrevocabile il 27 settembre 1999) e con quella emessa dal medesimo Giudice per le indagini preliminari in data 23 settembre 2019 (irrevocabile il 10 maggio 2022).
Il giudice dell’esecuzione ha osservato che, pur ravvisandosi elementi similari rispetto alla vicinanza dei luoghi ed alle modalità esecutive dei reati, non poteva ritenersi sussistente una progettazione unitaria posta alla loro base tenuto conto, in particolare, del notevole lasso di tempo intercorso tra di essi.
Avverso la predetta ordinanza il condannato, per mezzo degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pe insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 81 cod. pen. da parte del giudice dell’esecuzione che, a suo dire, non ha tenuto conto del fatto che tutti gli omicidi, accertati con le due sentenze sopra indicate, erano reati-satelliti rispetto alla associazione di stampo mafioso di cui egli faceva parte come accertato con sentenza irrevocabile.
2.2. Con il secondo motivo il condannato deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza in oggetto, per non avere tenuto conto in alcun modo del già avvenuto riconoscimento della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., da parte della Corte di assise di appello di Reggio Calabria, tra gli omicidi accertati con la sentenza della Corte di appello di Catanzaro, sezione minorenni, pronunciata il 28 giugno 1999 e l’associazione per delinquere di stampo mafioso, rispetto alla quale egli è stato riconosciuto colpevole dalla Corte di assise di
appello di Reggio Calabria con sentenza del 23 aprile 2009, resa nell’ambito del processo c.d. ‘Garden’. Al riguardo egli osserva che, come documentato nella memoria depositata nel giudizio di esecuzione, anche gli omicidi per i quali è stato riconosciuto colpevole con la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro in data 23 settembre 2019 erano stati da lui commessi nell’ambito della medesima associazione ex art. 416-bis cod. pen., di talché sussistevano tutte le condizioni per l’applicazione della invocata continuazione.
Inoltre, il ricorrente deduce che l’ordinanza impugnata ha totalmente omesso di pronunciarsi sulla richiesta di applicazione del criterio moderatore contenuto nell’art. 78 cod. pen., relativo al limite massimo di trenta anni di reclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso (i cui motivi possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione) è fondato.
Invero, è stato più volte precisato che il giudice dell’esecuzione, in sede di valutazione di richiesta presentata ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., non può trascurare, ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione, una precedente unificazione già operata in fase di esecuzione relativamente ad alcuni reati, potendo da essa prescindere solo previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative ragioni per cui i fatti oggetto di detta richiesta non possono essere ricondotti al delineato disegno (Sez. 1, n. 4716 dell’08/11/2013, dep. 2014, COGNOME Rv. 258227-01; Sez. 1, n. 54106 del 24/03/2017, Rv. 271903 – 01).
Ciò posto si rileva che, nel caso in esame, il giudice dell’esecuzione – nel rigettare la istanza del condannato – non ha però chiarito perché l’avvenuto riconoscimento della continuazione, da parte della Corte di appello di Reggio Calabria con l’ordinanza sopra citata, fra alcuni dei reati in valutazione, non poteva essere esteso ai reati oggetto della sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro pronunciata il 23 settembre 2019, nonostante anche gli omicidi oggetto di tale decisione siano stati commessi nel periodo nel quale l’odierno ricorrente faceva parte del sodalizio mafioso oggetto del procedimento c.d. ‘Garden’ .
La motivazione dell’ordinanza non risulta, quindi, esauriente in assenza di argomentazioni rispetto a tale profilo. Inoltre, il Tribunale non si è nemmeno confrontato con gli elementi offerti dalla difesa a sostegno dell’unicità del disegno criminoso, quali l’omogeneità delle violazioni, la contiguità dei luoghi di realizzazione degli illeciti e la loro riconducibilità all’attività della associazione ex art. 416-bis cod. pen., dando rilievo unicamente alla distanza temporale intercorsa tra i delitti che, di per sé sola, non è elemento che esclude la continuazione.
3.1. Non è stata, pertanto, effettuata una valutazione in concreto sulla sussistenza degli indici rilevatori della pregressa generica ideazione comune degli illeciti quali reati fine rispetto all’associazione di stampo mafioso, così giungendo ad escludere l’applicazione dell’istituto della continuazione sulla scorta di principi generali.
3.2. L’ordinanza impugnata, inoltre, ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta di applicazione del criterio moderatore ex art. 78 cod. pen. contenuta nella originaria istanza del condannato e nemmeno è possibile ritenere che essa sia stata implicitamente respinta, mancando qualsiasi accenno – anche indiretto ad essa nel provvedimento.
Pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione ed in diversa composizione (Corte costituzionale 9 maggio 2013, n.183), per nuovo giudizio affinché – in piena autonomia decisionale – tenga conto dei principi sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro – Ufficio G.I.P.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2025.