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Continuazione tra reati: il tempo esclude il disegno

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione della continuazione tra reati. La Corte ha stabilito che un notevole lasso di tempo tra la commissione dei diversi reati rende improbabile l’esistenza di un unico disegno criminoso, requisito fondamentale per l’applicazione di tale istituto. La valutazione del giudice di merito è stata considerata adeguatamente motivata e non illogica.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: Quando il Tempo Annulla il Disegno Criminoso

L’istituto della continuazione tra reati, disciplinato dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un cardine del nostro sistema sanzionatorio, offrendo un trattamento più mite a chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede un’attenta valutazione dei presupposti. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il fattore tempo è decisivo per escludere l’unicità del disegno criminoso.

Il Caso in Analisi

Un soggetto, condannato in appello per reati previsti dalla legge sulle manifestazioni sportive, ha presentato ricorso in Cassazione. La sua principale doglianza riguardava la mancata applicazione della continuazione tra reati rispetto a condanne precedenti, risalenti a diversi anni prima. L’imputato sosteneva che tutti i reati commessi, sebbene distanziati nel tempo, facessero parte di un unico programma criminale. La Corte di Appello aveva già respinto tale richiesta, motivando la decisione sulla base della notevole distanza temporale tra i fatti, che rendeva impossibile riconoscere un’unica determinazione criminosa.

La Continuazione tra Reati e il Requisito del Disegno Criminoso

Perché si possa parlare di continuazione tra reati, è indispensabile la presenza di un “medesimo disegno criminoso”. Questo significa che l’autore, prima di commettere la prima violazione, deve aver programmato, almeno nelle sue linee essenziali, una serie di reati futuri, tutti legati da un fine comune. L’accertamento di questo requisito soggettivo è una questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione fornita dal giudice di grado inferiore è manifestamente illogica, contraddittoria o assente.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte territoriale. Gli Ermellini hanno sottolineato come l’apprezzamento del giudice di merito fosse immune da vizi, in quanto basato su un criterio logico e conforme all’orientamento giurisprudenziale consolidato.

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio chiaro: il decorso di un ampio lasso di tempo tra le violazioni costituisce un elemento decisivo per escludere la continuazione tra reati. In assenza di altri elementi concreti che dimostrino una programmazione unitaria, più tempo passa tra un reato e l’altro, più diventa improbabile che essi siano frutto di una decisione iniziale unica e predeterminata. La Corte ha ritenuto che la risalenza nel tempo delle precedenti condanne fosse un ostacolo insormontabile per riconoscere l’identità del disegno criminoso richiesta dalla norma. La motivazione della Corte d’Appello, che aveva escluso la continuazione proprio per questo motivo, è stata quindi giudicata corretta e non sindacabile in sede di legittimità.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. Per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati, non è sufficiente affermare genericamente l’esistenza di un piano. È necessario fornire elementi concreti da cui il giudice possa desumere una programmazione unitaria. Il fattore temporale agisce come una sorta di presunzione contraria: una notevole distanza tra i fatti indebolisce fortemente la tesi del disegno criminoso unico, ponendo a carico dell’imputato un onere probatorio più gravoso per dimostrare il contrario. La decisione, quindi, serve da monito sulla necessità di valutare con rigore tutti gli indici fattuali, tra cui la contiguità temporale, per la corretta applicazione di questo importante istituto giuridico.

Quando si può applicare la continuazione tra reati?
L’istituto della continuazione si applica quando più reati sono commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando sono stati programmati in modo unitario prima della commissione della prima violazione.

Il tempo trascorso tra un reato e l’altro è rilevante per il riconoscimento della continuazione?
Sì, secondo la sentenza è un elemento decisivo. Un ampio lasso di tempo tra le violazioni rende improbabile l’esistenza di una programmazione unitaria e predeterminata, e quindi ostacola il riconoscimento della continuazione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per cassazione?
In base a quanto stabilito nel provvedimento, la declaratoria di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, equitativamente fissata, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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