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Continuazione tra reati: il tempo conta più della natura

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo che chiedeva l’applicazione della continuazione tra reati per due condanne per spaccio di stupefacenti, commesse a distanza di oltre due anni e mezzo. Secondo la Corte, il notevole lasso di tempo intercorso tra i due episodi criminosi è un indice sufficiente a dimostrare l’esistenza di due distinte volizioni criminali, escludendo così l’unicità del disegno criminoso necessaria per l’applicazione del beneficio.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: La Cassazione Sottolinea l’Importanza del Fattore Tempo

L’istituto della continuazione tra reati, disciplinato dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta una colonna portante del nostro sistema sanzionatorio, permettendo di mitigare la pena per chi commette più illeciti in esecuzione di un unico piano. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 14993/2024) torna a fare chiarezza su uno degli elementi più dibattuti per la sua applicazione: il fattore temporale. La decisione sottolinea come un notevole intervallo di tempo tra i crimini possa essere un indice decisivo per escludere l’unicità del disegno criminoso.

I Fatti del Caso: Due Condanne Distinte

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato in due procedimenti separati per reati legati agli stupefacenti.

1. Una prima sentenza, divenuta irrevocabile nel luglio 2018, lo condannava a un anno e sei mesi di reclusione per un fatto commesso nel gennaio 2018.
2. Una seconda sentenza, passata in giudicato nell’ottobre 2021, lo condannava a due anni di reclusione per un episodio analogo, avvenuto però nell’ottobre 2020.

Di fronte a queste due condanne, la difesa aveva richiesto al Giudice dell’esecuzione di unificarle sotto il vincolo della continuazione, sostenendo che entrambi i reati fossero espressione di un medesimo disegno criminoso.

La Valutazione del Giudice dell’Esecuzione e il ricorso per la continuazione tra reati

Il Tribunale, in funzione di Giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta. La motivazione si basava principalmente sul “notevole lasso temporale” intercorso tra i due fatti, quasi tre anni, ritenuto un elemento tale da far apparire i reati come frutto di “separate volizioni” piuttosto che di un’unica programmazione iniziale.

Insoddisfatta, la difesa ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge. Secondo il ricorrente, il giudice si sarebbe soffermato unicamente sulla distanza temporale, trascurando altri indici importanti come l’omogeneità della natura dei reati commessi, che avrebbero invece dovuto far propendere per il riconoscimento della continuazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Giudice dell’esecuzione. I giudici di legittimità hanno chiarito che le argomentazioni del ricorrente non costituivano una critica di diritto, ma una mera contestazione di fatto, volta a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, compito che non spetta alla Cassazione.

Nel merito, la Corte ha definito la motivazione del provvedimento impugnato come “logica e coerente”. L’analisi del Giudice dell’esecuzione è stata ritenuta corretta: l’ampio intervallo temporale tra i due episodi delittuosi è un elemento di prova forte e sufficiente per concludere che non vi fosse un unico disegno criminoso. Questo fattore, secondo la Corte, spezza il nesso psicologico che deve unire i vari reati e indica che la decisione di delinquere è stata presa in momenti distinti e non in base a un piano unitario iniziale. La motivazione del giudice di merito, essendo priva di vizi logici o contraddizioni, non può essere censurata in sede di legittimità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di continuazione tra reati: sebbene la distanza temporale non sia l’unico criterio di valutazione, essa assume un peso preponderante. Un lungo periodo tra un crimine e l’altro crea una forte presunzione di separatezza delle volontà criminali. Per ottenere il beneficio, la difesa ha l’onere di fornire elementi concreti e specifici in grado di superare questa presunzione, dimostrando che, nonostante il tempo trascorso, i reati erano effettivamente parte di un programma delinquenziale concepito fin dall’inizio. In assenza di tali prove, il solo richiamo all’omogeneità dei reati non è sufficiente a giustificare l’applicazione della continuazione.

Cosa si intende per continuazione tra reati?
È un istituto giuridico che permette di considerare più reati, commessi in esecuzione di un unico piano criminale, come un solo reato, con un conseguente trattamento sanzionatorio più favorevole per il condannato.

Un notevole lasso di tempo tra due reati esclude sempre la continuazione?
Secondo questa ordinanza, un “notevole lasso temporale” è un elemento forte che fa presumere l’esistenza di decisioni criminali separate e non di un unico piano. Sebbene non sia un ostacolo insormontabile, rende molto più difficile per la difesa dimostrare l’unicità del disegno criminoso.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche mosse dal ricorrente erano di fatto e non di diritto. In pratica, si chiedeva alla Cassazione di rivalutare gli elementi già esaminati dal giudice precedente (come la distanza temporale), un’operazione che esula dai poteri della Corte, la quale può solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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