Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3838 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3838 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 12/09/1990
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore avverso la sentenza del 18/12/2023 della CORTE di APPELLO di FIRENZE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza resa in data 18 dicembre 2023 la Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza emessa il 21 luglio 2022 dal Tribunale di Firenze, concesse le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alla contestata recidiva, riduceva la pena inflitta all’imputato NOME COGNOME in relazione ai reati di detenzione illecita di sostanza stupefacente e di ricettazione ascrittigli.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando due motivi di doglianza.
Con il primo motivo deduceva mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’omessa qualificazione del reato di ricettazione ai sensi dell’art. 648, comma k, cod. pen.
Assumeva in proposito che nella specie il fatto doveva essere considerato di particolare tenuità, avuto riguardo alla circosanza che oggetto della ricettazione era un IPAD usato del valore di euro 100,00, e che la Corte territoriale aveva ritenuto il bene di valore superiore utilizzando incongruamente elementi di prova non acquisiti agli atti nel contraddittorio delle parti, quale il ricorso al “web” per conoscere il valore di mercato dell’IPAD in discorso.
Con il secondo motivo deduceva ancora una volta mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’omesso riconoscimento del vincolo della continuazione fra i due reati contestati, assumendo in particolare che risultava illogica l’argomentazione della Corte d’Appello, la quale aveva ritenuto risalente nel tempo rispetto al momento dell’accertamento la condotta di detenzione illecita di sostanza stupefacente, circostanza che aveva valutato come incompatibile con una programmazione unitaria avente ad oggetto anche il reato di ricettazione, dovendosi considerare che in realtà l’imputato si era determinato ad acquistare un IPAD provento di furto verosimilmente al fine di rivenderlo e ricavare del denaro da destinare all’acquisto di altra sostanza stupefacente.
Il primo motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Ed invero, anche a non voler considerare il richiamo al “web” effettuato dalla Corte territoriale in relazione alla valutazione del bene oggetto del reato di cui all’art. 648 cod. pen., deve ritenersi che la medesima Corte abbia reso al riguardo una motivazione immune dai vizi denunciati, avendo la stessa congruamente richiamato le dichiarazioni rese dalla persona offesa, che aveva quantificato il valore dell’IPAD in euro 2.000,00 circa, valore in considerazione del quale ha escluso in maniera del tutto ragionevole che il fatto potesse essere qualificato come di particolare tenuità.
Parimenti inammissibile, in quanto manifestamente infondato, è il secondo motivo, dovendosi ancora una volta ritenere immune da vizi la motivazione resa dalla Corte d’Appello in relazione all’esclusione del vincolo della continuazione fra i due reati contestati, se si considera che la stessa Corte ha motivato la ritenuta assenza di una programmazione unitaria fra due reati con un richiamo, che appare de tutto congruo, alle risultanze delle indagini, che avevano accertato che l’IPAD era stato sottratto circa un’ora prima del suo
rinvenimento nella disponibilità del Ndaw, ciò a dimostrazione dell’assoluta estemporaneità della condotta di ricettazione rispetto a quella di detenzione illecita di sostanze stupefacenti.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile; il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 05/11/2024