Continuazione tra reati: quando il legame tra i crimini non sussiste
L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del nostro sistema penale, offrendo un trattamento sanzionatorio più mite a chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, non tutti i reati commessi dalla stessa persona possono essere unificati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questo istituto, specialmente quando alcuni delitti appaiono slegati dal contesto criminale principale. Analizziamo la decisione per comprendere meglio quando il vincolo della continuazione viene meno.
I Fatti del Caso
Un soggetto, già condannato con diverse sentenze per reati gravi quali la partecipazione a un’associazione di stampo mafioso, spaccio di stupefacenti e altri reati fine, presentava un’istanza al Tribunale per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati anche per due ulteriori condanne: una per evasione e una per violenza privata.
Il Tribunale accoglieva solo parzialmente la richiesta, escludendo proprio l’evasione e la violenza privata. La motivazione era chiara: l’evasione era stata ritenuta un atto occasionale ed estemporaneo, mentre la violenza privata era scaturita da una questione puramente personale, estranea al contesto del crimine organizzato. Mancava, secondo i giudici di merito, una programmazione unitaria che legasse questi due episodi al più ampio disegno associativo.
Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che l’evasione fosse stata commessa proprio per “perseverare nel fine di organizzazione mafiosa” e che la violenza privata fosse stata perpetrata sfruttando la forza intimidatrice del vincolo associativo.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione del Tribunale. I giudici di legittimità hanno ritenuto il ricorso viziato da due difetti fondamentali: la genericità e la manifesta infondatezza.
Il ricorso è stato considerato generico perché l’imputato non ha fornito elementi concreti per dimostrare l’erroneità della decisione impugnata. Si è limitato a riaffermare la propria tesi senza spiegare, ad esempio, come il recarsi ad acquistare generi alimentari durante l’evasione potesse essere funzionale a perpetuare l’attività mafiosa, o perché una reazione minacciosa per un debito personale dovesse essere considerata parte del programma criminale dell’associazione.
Le Motivazioni: la mancanza di un disegno criminoso unitario
La Corte ha ritenuto le motivazioni del Tribunale complete, logiche e prive di contraddizioni. Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione tra i reati che sono espressione di un programma criminale unitario e quelli che, al contrario, nascono da circostanze occasionali o da impulsi personali.
Secondo la Cassazione, le concrete modalità e le motivazioni dei reati di evasione e violenza privata erano elementi sufficienti a dimostrare l’insussistenza di un unico disegno criminoso. Questi episodi, infatti, non erano riconducibili a una strategia pianificata e unitaria legata all’associazione, ma apparivano piuttosto come manifestazioni di una generale propensione a delinquere del soggetto, slegate dal contesto associativo per il quale era stata richiesta la continuazione tra reati.
In sostanza, per ottenere il beneficio della continuazione non basta che i reati siano commessi dalla stessa persona, anche se appartenente a un’organizzazione criminale. È indispensabile provare che ogni singolo reato sia una tessera di un mosaico preventivamente ideato e voluto.
Conclusioni: Implicazioni pratiche sulla continuazione tra reati
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la continuazione tra reati non è un automatismo. La sua applicazione richiede una rigorosa verifica del cosiddetto “medesimo disegno criminoso”. La decisione sottolinea che i reati nati da contingenze estemporanee, personali e non programmate non possono essere “assorbiti” nel trattamento sanzionatorio più favorevole previsto per il reato continuato.
Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente affermare l’esistenza di un legame tra i crimini, ma è necessario fornire prove e argomentazioni concrete che dimostrino come ogni condotta sia stata parte di un piano originario e unitario. Per i giudici, implica il dovere di analizzare nel dettaglio le motivazioni e le modalità di ogni singolo reato, per distinguere ciò che è programmato da ciò che è semplicemente occasionale.
Perché la Corte ha negato la continuazione tra i reati di associazione mafiosa e quelli di evasione e violenza privata?
Perché i reati di evasione e violenza privata sono stati ritenuti occasionali ed estemporanei, legati a motivazioni personali del condannato e non inseriti in un programma criminale unitario e originario connesso all’attività dell’associazione mafiosa.
Cosa si intende per ‘disegno criminoso unitario’ ai fini della continuazione?
Si intende un programma deliberato e pianificato in anticipo che lega psicologicamente e finalisticamente più reati. Non è sufficiente una generica propensione a delinquere, ma è necessaria una programmazione specifica che unisca le diverse condotte criminali.
Per quale motivo il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile per due ragioni: era generico, in quanto non forniva elementi concreti per contestare la decisione del tribunale, ed era manifestamente infondato, poiché la motivazione dell’ordinanza impugnata era considerata logica, completa e non contraddittoria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20724 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20724 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CASSANO DELLE MURGE il 14/05/1977
avverso l’ordinanza del 15/01/2025 del TRIBUNALE di LUCCA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro l’ordinanza con cui il Tribunale di Lucca, in data 15 gennaio 2025, ha solo parzialmente accolto la sua richiesta di applicare l’istituto della continuazione tra i reati giudicati con quattro diverse sentenze, relativi a delitti di partecipazione ad associazione di stampo mafioso e ad alcuni reati fine, di evasione, di violenza privata e di spaccio di sostanze stupefacenti, in particolare respingendola quanto al delitto di evasione, ritenuto occasionale ed estemporaneo, e a quello di violenza privata, perché ritenuto commesso per una questione inerente solo la sfera personale del condannato ed estranea al contesto di crimine organizzato, e perciò ritenendo assente, in relazione a tali due reati, una programmazione unitaria originaria;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e il travisamento delle due condanne per le quali è stata esclusa la continuazione, quanto alla condanna per la condotta di evasione perché questa è stata commessa in quanto soggetto associato e «al solo fine di perseverare nel proprio fine di organizzazione mafiosa», e quanto alla condanna per violenza privata, perché commessa utilizzando la forza di intimidazione propria del vincolo associativo; inoltre sono stati disattesi gli indicatori sintomatici dell’unicità di disegno criminoso, particolare quello della contiguità spazio-temporale;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per genericità, in quanto il ricorrente non fornisce alcun elemento concreto a sostegno della valutazione che prospetta, idonea a dimostrare l’erroneità di quella contenuta nell’ordinanza impugnata, in particolare omettendo di spiegare perché l’essere evaso per recarsi ad acquistare generi alimentari costituirebbe un comportamento diretto a perpetuare il delitto di partecipazione all’associazione mafiosa, e perché l’avere reagito con minaccia contro la richiesta di pagare un proprio debito personale costituirebbe una condotta inerente il delitto associativo e programmata unitariamente alla decisione di commettere quest’ultimo delitto;
ritenuto il ricorso manifestamente infondato, in particolare, quanto alla deduzione di un travisamento delle due sentenze di condanna in questione, risultando la motivazione dell’ordinanza completa, logica, non apparente né contraddittoria, attéso che le concrete modalità e le motivazioni delle predette condotte sono elementi logicamente ritenuti dimostrativi della insussistenza di una unicità di disegno criminoso, e sintomatici, piuttosto, di una propensione
dell’istante alla devianza che si concretizza di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, e al versamento
di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in data 08 maggio 2025
Il Consigliere estensore
Il Pre !dente