Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1589 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1589 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TARANTO il 08/05/1972
avverso la sentenza del 10/03/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME:COGNOME
RITENUTO IN FATTO e IN DIRITTO
Rilevato che, con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Lecce, decidendo in sede di rinvio, disposto con pronuncia di questa Corte, sezione Quinta penale, resa all’esito dell’udienza del 22 gennaio 2020, ha riformato la condanna resa dal Tribunale di Taranto, nei confronti di NOME COGNOME per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 216, comma 1, 219, 223 r.d. n. 267 del 1942, ritenuta la continuazione tra i fatti sub iudice e quelli oggetto di sentenza definitiva, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara, rideterminando la pena irrogata all’imputato in quella di anni quattro di reclusione, rideterminando anche la durata delle pene accessorie fallimentari.
Reputato, preliminarmente, che non si può accedere alla richiesta formulata con la memoria difensiva, tempestivamente depositata dall’avv. R. COGNOME in data 2 novembre 2023, di discussione orale, tenuto conto che il ricorso è stato fissato per la trattazione con udienza camera non partecipata, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 610, comma 1, 611, comma 1, cod. proc. pen., procedura per la quale non è prevista la richiesta di discussione orale introdotta per il rito emergenziale Covid-19, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in legge 18 dicembre 2020, n. 176 e successive modifiche.
Ritenuto che i vizi dedotti con il motivo unico proposto (inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 81 cod. pen. e difetto di motivazione in ordine al riconoscimento della continuazione), pur alla luce delle ulteriori argomentazioni sviluppate con la memoria difensiva, da ultimo pervenuta, in data 2 novembre 2023, rappresentano doglianze non consentite in sede di legittimità perché manifestamente infondate, comunque, inammissibili.
Considerato, infatti, che nel caso chi continuazione tra reati, in parte, decisi con sentenza definitiva e, in parte, sub iudice, la valutazione circa la maggiore gravità delle violazioni deve essere compiuta confrontando la pena irrogata per i fatti già giudicati con quella irroganda per i reati al vaglio decidente, attesa la necessità di rispettare le valutazioni in punto di determinazione della pena già coperte da giudicato e, nello stesso tempo, di rapportare grandezze omogenee (tra le altre, Sez. 6, n. 29404 del 06/06/2018, Rv. 273447; Sez. 2, n. 935 del 23/09/2015, dep. 2016, Rv. 265733 – 01).
Rilevato che, con la sentenza relativa al reato di bancarotta sub iudice è stata irrogata dalla Corte di appello, con statuizione coperta da giudicato cd. progressivo per il tenore della sentenza rescindente, all’esito del primo procedimento di secondo grado, la pena di anni tre e mesi sei di reclusione e che, invece, con quella del Giudice per le indagini preliminari divenuta definitiva, è stata irrogata la pena di anni due di reclusione, sicché senz’altro, come ritenuto in modo ineccepibile nel provvedimento impugnato, quello sub iudice
deve considerarsi reato più grave ex art. 81 cod. pen., da porre a base del calcolo della pena unificata dal ritenuto vincolo della continuazione.
Rilevato, GLYPH quindi, GLYPH che la GLYPH censura GLYPH prospettata è, comunque, manifestamente infondata in quanto intende formulare il giudizio di maggiore gravità ex art. 81 cod. pen., alla qualità del reato in contestazione (cfr. p. 3 del ricorso) e non in base al raffronto tra l’entità della irrogata con sentenza definitiva e quella irroganda.
Ritenuto, pertanto, che al di là dell’interesse alla pronuncia, ben illustrato secondo quanto prospettato e chiarito dalla difesa, anche c:on la memoria di replica rispetto all’avviso di fissazione della presente udienza, ex art. 610, comma 1, cod. proc. pen. il motivo dedotto è manifestamente infondato e che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente