Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33159 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33159 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
NOME CASA
– Presidente –
Sent. n. sez. 2421/2025
NOME
R.G.N. 17439/2025
ALESSANDRO CENTONZE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il 13/06/1965 avverso l’ordinanza del 12/02/2025 della Corte d’assise d’appello di Bari Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento parziale dell’ordinanza limitatamente al mancato riconoscimento del vincolo tra i fatti sub c), d) ed e) e il fatto sub f).
RITENUTO IN FATTO
La Corte di assise di appello di Bari, in qualità di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 12 febbraio 2025, rigettava l’istanza proposta da NOME COGNOME al fine di ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione fra reati oggetto di alcune sentenze irrevocabili.
Si tratta, in particolare, delle sentenze emesse rispettivamente: dalla Corte di appello di Bari il 21 luglio 2022, indicata sub a); dalla Corte di assise di appello di Bari il 7 luglio 2023, indicata sub b); dal Tribunale di Bari il 7 maggio 1992, confermata dalla Corte di appello di Bari il 13 aprile 1995, indicata sub c) ; dalla Corte di appello di Bari il 21 novembre 1996, indicata sub d) ; dalla Corte di assise di Bari il 19 luglio 1995, confermata dalla Corte di assise di appello di Bari, indicata sub e) ed infine dalla Corte di assise di appello di Bari il 13 dicembre 2005, indicata sub f).
Esaminati i reati per i quali l’istante aveva riportato condanna e la loro collocazione temporale, la Corte escludeva che sussistessero elementi idonei a ritenerli riconducibili al medesimo disegno criminoso.
Il vincolo della continuazione, peraltro, già riconosciuto sussistente fra i reati di cui alle sentenze sub c), d) ed e), non veniva ritenuto analogamente sussistente fra i medesimi e i reati giudicati con la sentenza indicata sub f).
Questi ultimi, porto e detenzione illegale di armi, unificati fra loro sotto il vincolo della
continuazione e contestati come commessi in Bari il 15 settembre 1992, venivano ritenuti frutto di contingenze occasionali e collocati all’interno di una vicenda circoscritta, quale la faida insorta fra il clan COGNOME e il clan COGNOME.
La Corte non riteneva provata la circostanza che il condannato avesse già progettato, al momento della costituzione del sodalizio criminale, i reati che avrebbe compiuto successivamente in un arco di tempo di vent’anni.
I reati cui alle sentenze sub a) e b) si collocavano a notevolissima distanza temporale dagli altri e, comunque, erano anch’essi ricollegabili a circostanze contingenti e sopravvenute.
I fatti sub a) si collocavano dopo la carcerazione dell’istante, nel 2015, infatti, mentre i fatti sub b) erano il frutto di una faida insorta fra due consorterie e risultavano contestati come commessi nel 2018.
Avverso detto provvedimento propone ricorso il condannato, tramite il difensore di fiducia, lamentando la violazione degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen.
Ritiene il ricorrente che il provvedimento impugnato abbia errato nel non riconoscere l’appartenenza di tutti i reati di cui alle sentenze in esame alla logica associativa del condannato.
Ribadisce la vicinanza temporale dei fatti sub f) a quelli sub c), d) ed e) e contesta il mancato riconoscimento della circostanza che i reati ulteriori siano estrinsecazione dell’oggetto dell’associazione criminosa.
L’evento sub b), poi, si inserisce in una faida trentennale; tutti i reati costituiscono estrinsecazione del medesimo programma criminoso; nemmeno la detenzione potrebbe, in tesi difensiva, fungere da elemento che recide il legame unificante fra i reati espressione del medesimo disegno criminoso.
Secondo il ricorrente il provvedimento impugnato avrebbe omesso di valutare adeguatamente il ruolo verticistico dell’istante, la zona territoriale circoscritta di operatività della consorteria criminale, il protrarsi ininterrotto della militanza criminale fino alla decisione di collaborare con la giustizia e la molteplicità dei settori di intervento del clan.
Il sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento parziale dell’ordinanza limitatamente al mancato riconoscimento del vincolo tra i fatti sub c), d) ed e) e il fatto sub f).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato nei termini che seguono.
In linea generale, secondo il principio che nel caso concreto deve essere richiamato e ribadito, come fatto dalla Corte territoriale, Ł ipotizzabile la continuazione tra il delitto di partecipazione ad associazione per delinquere e i reati fine, a condizione che il giudice verifichi puntualmente che questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si determina a fare ingresso nel sodalizio (Sez. 1, n. 1534 del 09/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271984 – 01: in motivazione la Corte ha aggiunto che, ragionando diversamente, si finirebbe per riconoscere una sorta di automatismo, con il conseguente beneficio sanzionatorio, per cui tutti i reati commessi in ambito associativo dovrebbero ritenersi in continuazione con la fattispecie di cui all’art. 416bis cod. pen.).
La Corte di merito, con l’eccezione di cui si dirà, ha fatto corretta applicazione di tale principio, evitando di estendere l’ombrello della unicità del medesimo disegno criminoso a reati commessi anche vent’anni dopo l’affiliazione dell’istante al sodalizio criminoso.
Innanzitutto, la Corte suddetta ha evidenziato la notevole distanza cronologica fra i reati considerati: i fatti di cui alle condanne sub C), D) ed E) sono contestati come commessi agli inizi degli anni ’90, laddove i fatti di cui alle sentenze sub A) e B) sono stati commessi il primo dopo il 2015 e i secondi nel 2018.
Non solo.
La Corte territoriale ha individuato la genesi del primo dei due fatti, sub A), nella collaborazione fra l’istante ed altro soggetto all’indomani della scarcerazione del primo, avvenuta nel 2015: dunque, Ł logicamente corretto affermare essersi trattato di una risoluzione estemporanea, non prevedibile al momento dell’ingresso del condannato nel sodalizio.
Il secondo episodio, di cui alla condanna sub B), risulta determinato dal passaggio di un consociato ad altro clan, quindi Ł altrettanto corretto ritenere, come fa il giudice dell’esecuzione, che esso sia legato ad eventi parimenti estemporanei ed occasionali, scaturiti dal contesto di una faida scoppiata fa le due consorterie rivali molto tempo dopo l’ingresso dell’istante nel sodalizio.
La medesima, negativa, conclusione non Ł, viceversa, corretta con riferimento al diniego della continuazione fra i fatti già unificati, sub C), D) ed E) e il fatto di cui alla condanna sub F).
L’associazione sub E) viene contestata come costituita nel 1993 e rispetto a tale reato sono riconosciuti come commessi in continuazione (interna) fatti di armi, uno dei quali commesso l’11 settembre 1992, cioŁ quattro giorni prima del fatto di cui alla sentenza sub F), altri reati commessi del 1993, nonchØ omicidi e tentati omicidi commessi nel settembre e aprile 1992.
Con la sentenza sub D), rispetto alla quale vi Ł già stato riconoscimento della continuazione, il ricorrente Ł stato condannato per traffico di sostanze stupefacenti commesso fino al giugno 1993, mentre la condanna sub C) Ł relativa ad un reato in materia di armi commesso nel giugno 1991.
Il reato sub F) Ł contestato come commesso il 15 settembre 1992, in un arco di tempo cioŁ, che si colloca nel periodo giugno 1991- giugno 1993, periodo in cui si situano i reati rispetto ai quali vi Ł un pregresso riconoscimento di unicità di disegno criminoso.
Pertanto, la Corte di assise di appello avrebbe dovuto dare applicazione al principio, secondo cui, in tema di continuazione in sede esecutiva, deve formare oggetto di valutazione il riconoscimento del vincolo, avvenuto in sede di cognizione, tra reati commessi in un arco temporale al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli costituenti oggetto della domanda, sicchØ il giudice che ritenga di non accoglierla, anche solo con riguardo a taluni illeciti commessi in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, Ł tenuto a motivare la decisione di disattendere la pregressa valutazione effettuata dal giudice di merito (Sez. 1, n. 2867 del 08/11/2023, dep. 2024, Palermo, Rv. 285809 – 01).
L’applicazione di tale principio Ł stata estesa dalla giurisprudenza della Cassazione anche alla fase esecutiva (Sez. 1, n. 6224 del 13/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285790 01).
Per i motivi testŁ evidenziati l’ordinanza impugnata deve essere, quindi, annullata limitatamente al dinego della continuazione fra i reati giudicati con le sentenze indicate in ordinanza sub c), d) ed e) e i fatti giudicati con la sentenza sub f) con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di assise di appello di Bari.
Nel resto, il ricorso va rigettato.
PQM
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al diniego della continuazione fra i già unificati reati giudicati con le sentenze indicate, nella suddetta ordinanza, sub c), d) ed e) e i reati giudicati con la sentenza indicata sub f), e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di assise di appello di Bari.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso, 15/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME Casa