Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33364 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33364 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FROSINONE il 05/08/1967
avverso l’ordinanza del 24/02/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 24/02/2025, con la quale la Corte di appello di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME per il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., tra i delitti oggetto delle due sentenze meglio descritte nell’originaria istanza;
Ritenuto che, con unico articolato motivo ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., relativo ad erronea applicazione dell’art. 671 cod. proc. pen. e a vizio di motivazione, si lamenta che il giudice di merito non ha accertato gli indici rivelatori dell’unico disegno;
che in realtà il ricorrente lamenta un’insussistente carenza di motivazione a fronte del fatto della valutazione da parte del giudice dell’esecuzione degli elementi emergenti dalla ricostruzione dei fatti contenuti nelle sentenze di cognizione, apprezzati con adeguata motivazione, immune da fratture logiche e rispettosa delle risultanze;
che il giudice a quo ha specificamente motivato su tutti gli indicatori dell’unicità del disegno criminoso e ha evidenziato l’assenza di elementi specifici dotati di significativo valore probatorio e idonei a dimostrare il prospettato unico disegno criminoso, visto che la prima condotta era consistita in uno spaccio di 40 grammi di cocaina in concorso con alcuni soggetti, mentre la seconda, avvenuta in tempi diversi con altre 18 persone (diverse da quelle con i quali aveva commesso il primo reato), aveva comportato l’adesione ad un’organizzazione ex art. 74 d.P.R. n. 309/90; ha infine concluso che unico elemento comune era costituito dalla prossimità temporale, insufficiente ad individuare il preordinato disegno necessario ai fini dell’applicazione dell’art. 81 cod. pen.;
che doveva, quindi, ritenersi indimostrata l’originaria progettazione dei comportamenti criminosi oggetto di vaglio, in base ai principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01) e osservarsi che non è sufficiente la mera omogeneità dei beni giuridici tutelati e la sequenza delle condotte in un determinato arco temporale, né l’accertamento dell’identità del disegno criminoso può essere suffragato dal dubbio sulla sua esistenza, in ossequio al principio del “favor rei”, in quanto il riconoscimento della continuazione tra reati incide sulla certezza del giudicato in relazione al profilo della irrogazione della pena (Sez. 1, n. 30977 del 26/06/2019);
che per queste ragioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 settembre 2025 Il Consigliere estensore COGNOME
Il P sidente