LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Continuazione tra reati: i limiti del giudice d’Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti. L’imputato contestava il calcolo degli aumenti di pena per la continuazione tra reati effettuato dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ritenuto il motivo infondato, confermando che gli aumenti di pena non erano superiori a quelli del primo grado e che la motivazione era congrua, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: i poteri del giudice d’appello nel calcolo della pena

L’istituto della continuazione tra reati, disciplinato dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un pilastro del sistema sanzionatorio italiano, volto a mitigare la pena per chi commette più reati in esecuzione di un unico disegno criminoso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Sez. 7 Penale, n. 30500/2024) offre importanti chiarimenti sui poteri del giudice d’appello nel determinare gli aumenti di pena in questo contesto, soprattutto quando si confronta con la decisione del giudice di primo grado. Analizziamo il caso e la decisione dei giudici di legittimità.

I Fatti del Caso

Il ricorrente era stato condannato dalla Corte d’Appello per il reato associativo previsto dall’art. 74 del DPR 309/1990 (Testo Unico Stupefacenti) e altri reati satellite. La sua posizione era complessa, in quanto era già stato condannato con una sentenza divenuta irrevocabile per un altro reato in materia di stupefacenti (art. 73 DPR 309/1990). La Corte d’Appello aveva riconosciuto il vincolo della continuazione tra tutti questi episodi delittuosi.

Tuttavia, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge. A suo dire, la Corte territoriale, pur avendo comminato una pena complessiva inferiore rispetto al primo grado, avrebbe illegittimamente determinato gli aumenti per la continuazione tra reati in misura superiore a quelli stabiliti dal Tribunale. Inoltre, contestava una carenza di motivazione riguardo all’aumento applicato per il reato già coperto da sentenza irrevocabile.

La Valutazione della Corte sulla Continuazione tra Reati

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici supremi hanno smontato la tesi difensiva attraverso un’analisi puntuale dei calcoli effettuati nei diversi gradi di giudizio.

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte di Appello non aveva affatto applicato aumenti di pena superiori. La Cassazione ha chiarito che gli aumenti per il reato già giudicato con sentenza precedente e per gli altri reati contestati nel procedimento erano stati quantificati in misura inferiore o, al più, uguale a quella decisa dal Tribunale in primo grado. Pertanto, la doglianza su questo punto era palesemente priva di fondamento.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha inoltre ritenuto adeguata (“congrua”) la motivazione fornita dalla Corte d’Appello per l’aumento di pena di tre anni, relativo al reato già giudicato con la sentenza irrevocabile del 2018. I giudici di merito avevano correttamente giustificato tale aumento sulla base di due elementi chiave: la “notevole gravità dei reati satellite” e la “allarmante personalità dell’imputato”. Questa motivazione, seppur sintetica, è stata considerata sufficiente a dar conto delle ragioni della decisione sanzionatoria, rispettando i criteri di legge.

Infine, in applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, l’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende. La Corte ha infatti escluso la presenza di una “assenza di colpa” nella determinazione della causa di inammissibilità, come specificato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel giudizio d’appello, la valutazione sulla congruità della pena e dei relativi aumenti per la continuazione tra reati gode di un’ampia discrezionalità del giudice di merito, purché la decisione sia logicamente e adeguatamente motivata. Il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della quantificazione della pena, ma deve limitarsi a censurare eventuali violazioni di legge o vizi manifesti della motivazione. La decisione sottolinea l’importanza per la difesa di articolare doglianze precise e fondate, pena l’inammissibilità del ricorso e le conseguenti sanzioni economiche.

Può la Corte d’Appello, pur diminuendo la pena complessiva, aumentare gli incrementi di pena per la continuazione stabiliti in primo grado?
No, in questo caso specifico la Corte di Cassazione ha verificato che la Corte d’Appello non aveva aumentato gli incrementi di pena, ma li aveva anzi quantificati in misura inferiore o uguale a quella del primo grado. La doglianza del ricorrente è stata ritenuta infondata.

Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso è dichiarato inammissibile e non vi è assenza di colpa da parte del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

Come deve essere motivato un aumento di pena per un reato in continuazione con una precedente condanna irrevocabile?
La motivazione può essere considerata congrua se fa riferimento a elementi concreti come la notevole gravità dei reati satellite e l’allarmante personalità dell’imputato. La Corte di Cassazione ha ritenuto sufficiente tale motivazione per giustificare l’aumento di pena applicato dalla Corte d’Appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati